Negli ultimi dieci anni i ricercatori hanno condotto migliaia di studi per cercare di capire in che modo potrebbe essere possibile “sfruttare” il microbiota intestinale per sviluppare nuove terapie in molteplici patologie, tra cui il morbo di Parkinson, il cancro e l’autismo. E se da un lato con il trapianto di microbiota fecale è già possibile trattare gravi infezioni intestinali causate dal batterio Clostridioides difficile, i ricercatori devono ancora identificare i microbi specifici necessari perché il trattamento sia davvero efficace.
In un commento pubblicato su Cell, cinque esperti discutono delle sfide e delle opportunità delle terapie basate sul microbiota.
Microbiota e patologie: correlazione o causalità?
Secondo Emily Balskus della Università di Harvard a Cambridge, nel Massachusetts, una domanda importante che rimane senza risposta è se i cambiamenti associati alla malattia sono causati dal microbiota o da altri fattori, come per esempio gli effetti delle terapie stesse impiegate per curare quelle specifiche patologie.
I modelli animali si sono spesso dimostrati non sovrapponibili all’uomo e sono quindi necessari ulteriori sforzi, in termini di ricerca, per determinare se esiste un rapporto di causalità del microbiota intestinale nei confronti delle patologie. Oltre al trapianto di microbiota fecale, aggiunge Balskus, i ricercatori dovrebbero considerare lo sviluppo di altre strategie terapeutiche come quelle basate sui prebiotici, piccole molecole che possono alterare le attività microbiche.
Batteri vivi e vitali
Paul Carlson Jr. della Food and Drug Administration degli Stati Uniti aggiunge che in molti casi la carta d’identità dei microbi necessari per il successo di un trattamento di patologie correlate a disbiosi non è sempre nota. Data questa incertezza, aggiunge Carlson, è fondamentale mantenere tutti i microbi vitali durante la preparazione dei trapianti di microbiota fecale.
«Anche le condizioni di conservazione e i “tempi di scadenza” sono importanti», afferma. «La mancata protezione di organismi potenzialmente importanti potrebbe portare alla mancanza di efficacia negli studi clinici e potrebbe di conseguenza non far avanzare il trapianti di microbiota fecale».
Cocktail Batterici
Per Kenya Honda della Keio University di Tokyo, in Giappone, i cocktail di batteri vivi sono una delle strategie terapeutiche più promettenti, in quanto associate a pochi effetti collaterali, bassi costi e risposte cliniche durature.
Ma sviluppare efficaci cocktail di batteri vivi è difficile: i ricercatori dovrebbero prima identificare quali microbi influenzano la salute umana e quindi progettare cocktail efficaci, che contengano batteri in grado di sopravvivere al microbiota residente in diversi contesti clinici.
Honda sottolinea inoltre che il monitoraggio dell’efficacia e della sicurezza delle terapie basate sul microbiota negli studi clinici presenta molte sfide e la comprensione dei meccanismi molecolari attraverso i quali i cocktail batterici possono trattare le malattie è al momento, in molti casi, “irrealistica”.
Alternative al trapianto di microbiota
Un’alternativa sicura al trapianto di microbiota fecale potrebbe essere l’uso di ceppi attivi di probiotici, afferma Fredrik Bäckhed all’Università di Göteborg in Svezia. Ma una delle maggiori sfide di questo approccio è la produzione e la conservazione di batteri anaerobici all’aria aperta, nonché la rimozione di ceppi patogeni dal microbiota usando antibiotici, senza danneggiare la flora residente.
Bäckhed avverte inoltre che è improbabile che tutti gli individui trarranno beneficio dalle stesse terapie basate sul microbiota. «Un’efficace strategia terapeutica mirata al microbiota dovrebbe concentrarsi su trattamenti personalizzati, utilizzando quindi comunità batteriche personalizzate, che tengano anche in considerazione le interazioni con la dieta e con i farmaci» afferma.
Servono studi di ampie dimensioni
Christine Moissl-Eichinger dell’Università medica di Graz in Austria concorda sul fatto che, poiché la composizione del microbiota intestinale varia da persona a persona, i trattamenti a base di microbiota dovrebbero essere personalizzati. Ma aggiunge che sono necessari sforzi per ridurre i costi per la diagnosi e per la realizzazione di trattamenti personalizzati.
Moissl-Eichinger sottolinea inoltre che mancano le procedure operative standard per le applicazioni cliniche della ricerca sul microbiota e che le terapie microbiome based spesso non hanno un chiaro effetto positivo o comportano un rischio per le persone con un sistema immunitario debole.
In prospettiva, studi di grandi dimensioni servirebbero certamente a creare database di batteri utili dal punto di vista clinico e definire biomarcatori per la diagnostica, afferma Moissl-Eichinger. E aggiunge che informazioni coerenti e complete sui pazienti aiuteranno a distinguere le correlazioni dai collegamenti causali.
La creazione di terapie mirate al microbiota è irta di ostacoli, ma i risultati potrebbero trasformare la pratica clinica dei prossimi anni. Per questo motivo, gli sforzi per comprendere il microbiota umano e il suo legame con le patologie dovrebbero essere una priorità della ricerca biomedica, afferma Balskus.
Traduzione dall’inglese a cura della redazione