Approfondire la diversità del microbioma intestinale potrebbe essere un notevole vantaggio per avere una previsione prognostica di pazienti traumatici gravi. Non solo infatti l’esperienza di trauma impatta sulla componente batterica; anche il microbioma stesso sembrerebbe avere un ruolo nel suo decorso.
A concluderlo è lo studio di David M. Burmeister e colleghi dell’UT Health San Antonio (San Antonio, Texas), di recente pubblicazione su Journal of Trauma and Acute Care Surgery.
Lesioni traumatiche e intestino
Una lesione traumatica può compromettere l’intestino sia direttamente danneggiando ad esempio l’integrità della barriera intestinale sia per via sistemica diminuendone la perfusione e inducendo quindi infiammazione.
Di conseguenza, anche il microbioma intestinale si altera, con un rapido sviluppo di disbiosi che ha dimostrato di peggiorare con il prolungarsi dell’ospedalizzazione ed eventuali infezioni ospedaliere.
Nonostante la riduzione di diversità batterica sia notoriamente correlata a una peggiore prognosi in diverse situazioni patologiche, poco si conosce dell’eventuale suo contributo in pazienti traumatizzati gravi.
A tal proposito, i ricercatori hanno qui analizzato le differenze nella comunità batterica intestinale di 67 pazienti (88% contusivi, 22% con lesioni da taglio) al momento dell’ammissione correlandola poi con i principali outcome clinici (durata dell’ospedalizzazione, complicazioni infettive, permanenza in terapia intensiva, mortalità).
Microbiota intestinale e prognosi
Dalla caratterizzazione dei campioni fecali dei pazienti vs controlli sani (n=13) e dalla loro correlazione con il decorso clinico è emerso che:
- l’α-diversity ha mostrato valori simili indipendentemente dalle caratteristiche demografiche del paziente e della prognosi. Pazienti più anziani, sani o traumatici, hanno tuttavia registrato un numero di OTUs maggiore probabilmente da correlare ai cambiamenti di microbioma legati all’età più che al trauma. Un incremento di OTUs è stato dimostrato tuttavia anche dai pazienti sopravvissuti (n=59) rispetto ai deceduti (n=8)
- l’ISS (Injury Severity Score) ha dimostrato di influenzare significativamente la β-diversity, non la modalità del trauma (contusione o taglio). Impatto moderato anche della componente di massa corporea e del genere
- sulla base di analisi PCoA, la β-diversity dei traumatici gravi con prolungata permanenza in terapia intensiva o deceduti ha mostrato maggiori analogie con quella dei controlli sani rispetto ai traumi lievi. Altra differenza significativa rispettivamente tra i soggetti con crisi respiratoria e quelli senza questa complicazione e tra i sopravvissuti e i deceduti
- il microbioma intestinale dei sopravvissuti ha registrato un’espressione significativamente inferiore del phylum Firmicutes (p = 0.0049), ordine Clostridiales (p = 0.0024) e famiglia Ruminococcaceae (p = 0.0017) in particolare. Di contro, una sovra-espressione è stata dimostrata da Prevotella (p = 0.024), Corynebacterium (p = 0.055) e, in minor misura da Proteobacteria (p = 0.24)
- Eubacteriumbiforme, Ruminococcus flavefaciens, Akkermansia muciniphila, e Oxalobacter formigenes (p = 0.037, 0.010, 0.0004, e <0.0001, rispettivamente) hanno invece mostrato una maggiore abbondanza all’ammissione nei deceduti
Conclusioni
Stando alla β-diversity quindi, sembrerebbe possibile prevedere con una certa sicurezza il decorso post-traumatico, aprendo la strada all’ipotesi che il microbioma intestinale possa diventare un target diagnostico e/o terapeutico anche nei casi di trauma grave. Ulteriori conferme sono tuttavia necessarie.