A differenza degli adulti, i bambini con disturbi infiammatori intestinali (IBD) non sembrerebbero trarre benefici da un trapianto di microbiota fecale per il trattamento dell’infezione da C. difficile ricorrente.
Le cause probabilmente sono da collegare a una patologia intestinale (IBD) clinicamente attiva al momento del trapianto.
È quanto conclude Maribeth R. Nicholson e colleghi della Vanderbilt University Medical Center di Nashville (USA) in uno studio pubblicato su Journal of Crohn’s and Colitis.
Clostridium difficile e bambini
La diffusione dell’infezione da Clostridioides difficile (CDI) nel corso degli ultimi 20 anni è aumentata sia negli adulti sia nei bambini.
A esserne colpiti (12 volte maggiore incidenza e spesso maggiore gravità) soprattutto pazienti pediatrici con disturbi infiammatori intestinali (IBD).
Il trapianto di microbiota fecale (FMT) ha tuttavia dimostrato un buon tasso di efficacia risolvendo situazioni di CDI nell’81% dei casi. Tali dati sono tuttavia basati su soggetti senza IBD mentre risultati contrastanti sono disponibili in presenza della patologia.
Lo studio su pazienti pediatrici con IBD
Per approfondire questo punto, concentrandosi prevalentemente su pazienti pediatrici, i ricercatori americani hanno condotto una ricerca retrospettiva (2012-2020) coinvolgendo 20 centri clinici e 396 soggetti con (n=148; 45% con morbo di Crohn; 49% colite ulcerosa; 6% non classificata) o senza (n=248) IBD e confrontando i tassi di ricorrenza di CDI ed efficacia del trapianto. Il trapianto fecale (FMT) è stato considerato efficace se non si è registrata ricorrenza di infezione entro i tre mesi. Ecco quanto emerso.
Partendo dal confronto della situazione di CDI tra bambini con e senza IBD sottoposti a FMT:
- i bambini con IBD hanno generalmente un’età superiore della controparte senza IBD (14 vs 5 anni di media);
- il successo del primo FMT non è minore per pazienti con IBD rispetto alla controparte sana. In soggetti con ripetuti FMT, 7/13 sono risultati di successo;
- di contro, nei casi di fallimento terapeutico, non si è mostrata una differenza significativa in base al tipo di IBD, stato di malattia, tempo trascorso dalla diagnosi di infezione da C. difficile o in base a precedenti trattamenti, nonostante sia stata registrata soprattutto in soggetti con stato di malattia attiva nel mese prima o dopo del FMT;
- la maggior parte dei casi di IBD (84%) ha registrato una situazione clinicamente attiva nel mese precedente il trapianto con una ridotta percentuale di ospedalizzazioni per altre cause;
- il numero medio di CDI precedenti a FMT si è mostrato essere di 3-4;
- i riceventi di feci fresche hanno mostrato un livello di successo del trattamento superiore ai riceventi di materiale congelato;
- in termini di tollerabilità, gli eventi avversi non hanno mostrato differenze tra bambini con IBD e/o senza un FMT di successo;
- nei tre mesi dal FMT, nel 20% lo stato di IBD è peggiorato, nel 42% è rimasto tale, nel 38% è migliorato. Nessuna differenza significativa nella situazione clinica al baseline tra coloro che sono peggiorati e i rimanenti. Nello stesso periodo di tempo, ne 62% si è registrata una malattia attiva, nel 38% in remissione.
Conclusioni
In conclusione, questo studio retrospettivo multicentrico ha evidenziato come pazienti pediatrici con IBD riceventi materiale fresco hanno più probabilità di avere un’efficacia di trattamento.
Di contro, uno stato attivo di malattia (con diarrea per esempio) al momento o subito dopo il trapianto sembrerebbe incidere negativamente sulla sua efficacia.
La mancata analisi del microbiota e la natura stessa dello studio (descrittivo retrospettivo) rappresentano tuttavia due importanti limitazioni, rendendo quindi necessari ulteriori approfondimenti questo argomento.