Donne con ovaio policistico, o PCOS, mostrano una significativa riduzione in termini di biodiversità a livello del microbiota intestinale se confrontate con soggetti sani. Questa marcato decremento è da correlare all’iperandrogenismo caratteristico di questa patologia.
È quanto risulta da uno studio condotto da un gruppo di ricercatori americani e polacchi pubblicato in nei giorni scorsi sulla rivista Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism.
La sindrome dell’ovaio policistico è uno dei disordini endocrini più comuni e colpisce le donne soprattutto in età riproduttiva.
L’iperandrogenismo è una condizione chiave di questo disturbo e spesso associato a un aumento del rischio di infertilità e allo sviluppo di patologie metaboliche quali diabete di tipo 2, obesità e/o alterazioni dei parametri cardiovascolari.
Studi condotti sia su modelli murini sia nell’uomo, evidenziano come il microbioma intestinale dei soggetti affetti da ovaio policistico sia modificato rispetto ai controlli sani.
Sulla base di queste evidenze, Pedro J. Torres, Martyna Siakowska e colleghi della San Diego State University e della Poznan University of Medical Sciences, hanno voluto approfondire i cambiamenti a livello batterico non soltanto confrontando donne con PCOS (n=73) vs donne sane (n=48), ma considerando anche una situazione clinica intermedia detta PCOM (n=42), ovvero pazienti con morfologia dell’ovaio policistico, sebbene prive degli altri criteri determinanti una diagnosi di PCOS.
È stato inoltre indagato il ruolo dello squilibrio ormonale, base per lo status di iperandrogenismo, nell’alterazione del microbiota intestinale. Per fare ciò sono stati prelevati campioni fecali da tutti i soggetti dello studio e analizzati attraverso 16S rRNA, PCR e le classificazioni OTUs e Random Forest. Ecco i risultati ottenuti.
Ovaio policistico e biodiversità del microbiota intestinale
Donne con ovaio policistico hanno mostrato un indice di alpha diversity, parametro attraverso il quale si esprime la biodiversità, notevolmente inferiore rispetto ai controlli sani sia in termini di abbondanza che di variabilità filogenetica.
Situazione intermedia è stata invece riscontrata nel gruppo con PCOM per il quale la biodiversità è risultata minore delle donne sane ma in maniera non statisticamente significativa.
Mentre alti livelli di testosterone e irsutismo, ossia una crescita anomala di peli nella donna, non sono risultati strettamente implicati nei cambiamenti batterici, nonostante siano conseguenze di uno squilibrio ormonale, l’iperandrogenismo di base è risultato positivamente e significativamente correlato non soltanto alla biodiversità, ma anche alla promozione e/o inibizione di specifici ceppi (beta diversity).
L’abbondanza relativa di Porphyromonas spp., Bacteroides coprophilus, Blautia spp. e Faecalibacterium prausnitzii è difatti risultata maggiore nelle donne con PCOS mentre, sempre nello stesso gruppo, sono state dimostrate carenze di Anaerococcus spp., Odoribacter spp., Roseburia spp. e Ruminococcus bromii.
Questi ultimi taxa sono stati più volte associati alla sintesi di acidi grassi a catena corta, attivamente coinvolti in molteplici processi vantaggiosi e protettivi per l’uomo. Una loro diminuzione potrebbe dunque aggravare ulteriormente il quadro clinico.
I risultati ottenuti in questo studio si sono dimostrati perfettamente in linea con i precedenti confermando quindi ulteriormente il coinvolgimento del microbioma intestinale nella sindrome dell’ovaio policistico.
I ricercatori, in attesa di ulteriori analisi, lasciano aperte alcune questioni tra le quali la possibilità di mettere a punto una terapia probiotica mirata al fine di sopperire alle carenze batteriche determinate dalla patologia e, di contro, andare a verificare in che modo un approccio basato sulla somministrazione di antagonisti degli androgeni o contraccettivi orali possa indurre cambiamenti nel microbiota intestinale.