Nell’enteropatia epizootica del coniglio la disbiosi intestinale sembrerebbe essere una conseguenza, non una causa. Una nuova specie di Clostridium, C. cuniculi, ha però dimostrato un ruolo importante nelle prime fase di sviluppo attraverso la produzione di tossine batteriche.
È quanto dimostra lo studio di Ana Djukovic e colleghi del Centro di Ricerca in Salute Pubblica FISABIO di Valencia, pubblicato su Veterinary Research.
Considerati i tassi di mortalità, l’enteropatia epizootica del coniglio (ERE) è una delle patologie più pericolose per i conigli da allevamento. La sua insorgenza, caratterizzata da un rapido decorso, è facilmente riconoscibile da comportamenti e sintomi quali il calo drastico del consumo di cibo, la perdita di peso, la diarrea, l’aumento di secrezioni a livello del colon e la dilatazione dello stomaco. Nonostante la gravità di questa patologia, l’esatta eziologia non è ancora nota.
Con lo scopo di fornire indicazioni più chiare a riguardo, i ricercatori spagnoli hanno condotto uno studio longitudinale nel quale hanno analizzato, in tre esperimenti separati per tempistica ma sovrapponibili per procedure e obiettivi, il microbioma intestinale di un totale di 33 conigli appena svezzati.
Per fare ciò, sono stati raccolti campioni di feci per tutti i 20 giorni di osservazione e aquesti è stata abbinata un’attenta valutazione dei sintomi classici della patologia e le biopsie post-mortem per confermare la diagnosi. Di seguito i risultati ottenuti dall’analisi del materiale raccolto da 32 dei 33 esemplari inclusi, poiché uno è deceduto nelle fasi iniziali per una patologia diversa da quella in oggetto.
Incidenza della patologia
Dei 32 conigli in studio, 21 (66%) hanno incrementato il consumo di cibo dopo lo svezzamento senza sviluppare sintomatologia riconducibile a ERE.
I restanti 11 hanno invece ridotto pesantemente l’assunzione di cibo (>50%) tra il settimo e dodicesimo giorno per poi presentare i sintomi classici della patologia. La diagnosi è stata confermata mediante biopsia post-mortem.
Il ruolo del microbioma
Precedenti studi hanno ipotizzato un ruolo della disbiosi batterica nello sviluppo di questa malattia. Ma a che livello?
Per approfondire questo aspetto sono state condotte analisi e confronti della popolazione batterica del colon degli esemplari rimasti sani (n=21) e di quelli malati (n=11).
- il gruppo con ERE ha presentato una minore biodiversità rispetto ai controlli
- anche la composizione ha mostrato alcune differenze in base alla presenza o meno della malattia
- 19 dei 50 generi batterici analizzati hanno registrato valori di abbondanza relativa differenti. Rispetto ai controlli sani, il gruppo con ERE ha presentato, infatti, livelli più alti di Akkermansia, Escherichia/Shigella, Lysinibacillus, Campylobacter, Bacteroides, Robinsoniela, Sporacetigenium, Anaerovorax, Turicibacter and Clostridium; minori, invece, sono risultati i valori di Coprococcus, Olsenella, Slackia, Adlercreutzia, Moryella, Persicirhabdus, Subdoligranulu, Blautia e Acetivibrio
- differenze di abbondanza relativa sono state registrate anche da 5 phyla, 9 ordini, 13 famiglie e 106 OTUs
Dopo aver confermato la presenza di disbiosi una volta sviluppata la malattia, si è cercato di capire se questo stato di alterazione possa in qualche modo precederla e quindi essere considerata tra le sue cause.
Per farlo, sono stati analizzati i campioni raccolti prima dell’insorgenza degli eventuali sintomi e si è dimostrato che:
- nonostante si osservi un leggero cambiamento di microbiota durante i primi giorni dopo lo svezzamento, questo è comparabile nei due gruppi
- i generi pesantemente alterati dopo lo sviluppo conclamato di ERE, nella fase precedente seguono un andamento complessivamente simile
- in termini di OTUs, taxa o biodiversità, non è stata notata alcuna differenza sostanziale tra i gruppi
La disbiosi è quindi da annoverare tra le conseguenze dell’enteropatia e non tra le cause.
C. cuniculi, una nuova specie di Clostridium
Il decorso della ERE è rapido e pertanto i cambiamenti del microbiota potrebbero manifestarsi insieme alla comparsa dei primi sintomi.
Su queste basi, i ricercatori hanno analizzato anche i campioni corrispondenti al giorno del presunto sviluppo di patologia, ma raccolti qualche ora prima della comparsa dei sintomi.
- il microbiota dei campioni raccolti in fase attiva di malattia è risultato differente da quello del giorno di insorgenza e dei controlli sani
- non sono emerse differenze nella struttura complessiva del microbiota intestinale
- solo l’abbondanza relativa del genere Clostridium ha presentato differenze, registrando valori maggiori nel gruppo che ha poi sviluppato la patologia. La disparità è da ricondurre essenzialmente a Clostridium OTU172, totalmente assente nei controlli
L’attenzione dei ricercatori si è quindi spostata su Clostridium spp. e in particolare sull’OTU172.
Dopo averlo isolato, si è tentato, senza successo, di riprodurre la malattia inoculandolo in esemplari sani. Ciò suggerisce un suo ruolo solo in una fase successiva allo sviluppo vero e proprio della malattia. Inoltre, dall’analisi del suo genoma, non è stato possibile risalire ad alcuna specie già nota, sebbene sia emersa una certa analogia con quello dei patogeni C. perfringens e C. botulinum. Si tratta quindi di una nuova specie di Clostridium, etichettata ex novo come C. cuniculi.
Come riesce C. cuniculi a influenzare il decorso della ERE? Molto probabilmente attraverso la produzione di tossine, quali neurotossina A o exoU, un meccanismo in linea con quello dei patogeni sopra indicati.
In conclusione, dunque, la disbiosi intestinale batterica rientra tra le immediate conseguenze dell’enteropatia epizootica del coniglio e non tra le cause. Tuttavia, una nuova specie di Costridium, denominata dai ricercatori C. cuniculi, riveste un ruolo importante nel decorso della patologia, influenzandola già dalle prime fasi probabilmente attraverso la produzione di tossine.