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Sindrome metabolica: microbiota intestinale possibile target per terapie

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Sindrome metabolica: microbiota intestinale possibile target per terapie

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Il ruolo del microbiota intestinale nello sviluppo e nella progressione della sindrome metabolica è via via sempre più confermato. Ciò lo rende quindi un candidato tra i nuovi target terapeutici.

Lo sostiene una revisione delle evidenze disponibili condotta da due ricercatori cinesi della Xi’an Jiaotong University, Mingqian He e Bingyin Shi, pubblicata in Cell & Bioscience, che ha avuto lo scopo di delineare al meglio il ruolo che probiotici e prebiotici andrebbero a rivestire nella sindrome metabolica.

Sono stati quindi analizzati e contestualizzati i loro effetti anti-infiammatori, di riduzione del peso corporeo e di miglioramento del controllo glicemico e lipidico, già confermati in altre situazioni cliniche.

La somministrazione combinata di probiotici, in particolar modo Bifidobacteria e/o Lactobacilli, e prebiotici sembrerebbe inoltre avere effetti sinergici, come dimostrato in vivo da Ishizuka et al.

Lo status di sindrome metabolica è caratterizzato dalla presenza di obesità addominale e da almeno uno di specifici fattori quali il rapido aumento dei livelli di glucosio plasmatico o di trigliceridi, la diminuzione delle HDL e l’insorgenza di ipertensione.

Negli ultimi anni, soprattutto a causa dei cambiamenti degli stili di vita e delle diete non equilibrate, questo quadro patologico ha fatto registrare un rapido incremento, non privo di ulteriori complicazioni.

Microbiota intestinale e sindrome metabolica: quali sono le correlazioni

È ormai ben noto come la popolazione batterica intestinale abbia svariate funzionalità tra le quali la metabolizzazione di farmaci e fibre che altrimenti sarebbero indigeribili, il mantenimento dell’omeostasi epiteliale e dell’integrità della barriera intestinale, lo sviluppo del sistema immunitario, la protezione da patogeni, la riduzione del grado di infiammazione e del peso.

Tutte queste caratteristiche possono quindi rientrare nello sviluppo e nel decorso di patologie basate su disordini dei parametri ematici e vitali oltre che dell’assorbimento di nutrienti. Tra questo tipo di condizioni cliniche troviamo, appunto, la sindrome metabolica.

Dall’analisi condotta da Ferrer et al. su campioni fecali di adolescenti obesi è stato evidenziato, dopo il confronto con controlli sani, un forte sbilanciamento tra Bacteroidetes e Firmicutes. Nei soggetti obesi infatti il phylum Firmicutes si è dimostrato molto più abbondante (94.6%) mentre, al contrario, quello Bacteroidetes ha registrato scarsa concentrazione (3.2%). Questa notevole differenza non si è invece riscontrata negli adolescenti normo-peso.

La revisione condotta dai due ricercatori analizza nel dettaglio, oltre al meccanismo d’azione che ne giustifica l’interazione, anche l’apporto che la combinazione di probiotici e prebiotici risulta avere nel miglioramento della sindrome metabolica a livello delle singole componenti che la caratterizzano cioè obesità, glicemia, profilo lipidico, infiammazione.

Il microbioma intestinale è in grado di influenzare la SM attraverso la produzione di acidi grassi a catena corta (SCFA), l’idrolisi degli acidi biliari e il fisiologico rapporto con il sistema endocannabinoide (eCB).

Cosa dicono le evidenze

Gli SCFA, in particolare acetato, propionato e butirrato, promuovono la rigenerazione e la protezione delle cellule intestinali, la produzione di mucina, la riduzione dei livelli di ipercolesterolemia oltre che il rilascio di ormoni e/o neurotrasmettitori importanti per la regolazione della motilità intestinale e della resistenza insulinica.

Particolari specie batteriche, attraverso la produzione dell’enzima di idrolisi per gli acidi biliari, ne facilitano la conversione nella forma salificata la quale, a sua volta, permette la decomposizione dei grassi riducendo quindi anche i livelli di colesterolo sierico.

Questa caratteristica la si riscontra nel lavoro di Jones et al., il quale ha testato e confermato gli effetti di riduzione del colesterolo di Lactobacillus plantarum 80 e Lactobacillus reuteri.

Per quanto riguarda l’interazione tra microbioma e sistema eCB, è stato dimostrato da più studi come l’attività di quest’ultimo sia direttamente dipendente dai livelli di lipo-polisaccaridi (LPS) circolanti.

I LPS sono alcuni dei metaboliti pro-infiammatori prodotti da determinate specie batteriche i quali, entrando in circolo a causa di alterata permeabilità intestinale, vanno a stimolare i recettori endocannabinoidi aggravando lo stato di obesità.

Come dimostrano i risultati di Cani et al., Bermundez et al. e Rousseaux et al., modulando a monte il microbioma si potrebbe controllare anche lo stato di attività del sistema eCB con riscontri positivi sull’adipogenesi.

Effetti anti-obesità derivanti dalla somministrazione combinata di probiotici e prebiotici sono stati ottenuti sia da studi in vivo sia da studi clinici, nonostante questi ultimi siano ad oggi meno numerosi.

Fra i lavori condotti su modelli animali citiamo Myoshi et al. e Chen et al., i quali hanno rispettivamente testato Lactobacillus gasseri BNR17, L. gasseri SBT2055 il primo e Escherichia coli Nissle il secondo.

L. gasseri SBT2055 è stato inoltre studiato in un trail clinico randomizzato e condotto su 87 pazienti obesi. A 43 di loro è stato infatti somministrato latte fermentato contenente il probiotico, ai restanti 44 solo il latte. A prova dell’effettivo beneficio di L. gasseri SBT2055, il gruppo di intervento ha registrato una perdita di peso più consistente, un aumento del senso di sazietà oltre che un miglioramento dei parametri metabolici.

Naito et al. e Yadav et al. hanno invece approfondito e, anche in questo caso, confermato, gli effetti che probiotici e/o prebiotici hanno nel migliorare il controllo glicemico considerando in particolar modo la somministrazione orale di Lactobacillus acidophilus e L. casei. Il loro lavoro è stato ampliato da Asemi et al. il quale ha studiato, oltre che L. acidophilus e L. casei, anche L. rhamnosus, L. bulgaricus, Bifidobacterium breve, B. longum, Streptococcus thermophilus e FOS, ottenendo risultati in linea a quelli precedenti.

Per quanto riguarda invece il profilo lipidico, tra gli studi in vivo troviamo quelli condotti da Mohania et al. e Nguyen et al.

Entrambi, analizzando gli effetti di L. plantarum 91, hanno riscontrato un miglioramento dell’ipercolesterolemia. Tra gli altri, Rault-Nania et al. inoltre sottolinea, in base a dati ottenuti da modelli di suino, una possibile prevenzione di patologie cardiovascolari da parte del prebiotico inulina vista la riduzione della formazione di placche aterosclerotiche negli animali che la assumevano regolarmente.

I prebiotici migliorano il metabolismo lipidico anche in volontari sani. Questo lo si può affermare in base ai lavori condotti ad esempio da Brighenti et al. o Russo et al. Nella fattispecie, Brighenti ha infatti studiato il singolo supplemento di inulina mentre Russo ha testato la combinazione inulina- L. gasseri.

In conclusione, in base a questo lavoro di revisione di letteratura possiamo quindi affermare come i probiotici e/o prebiotici e, di conseguenza, il microbioma, siano in grado di modulare la sindrome metabolica specialmente attraverso la produzione di acidi grassi a catena corta, l’attività di idrolisi degli acidi biliari, il controllo del sistema endocannabinoide e la produzione di alcuni metaboliti.

Nonostante siano necessari ulteriori studi, soprattutto in clinica, è in costante crescita l’interesse per il microbioma intestinale come possibile target terapeutico per la prevenzione e il trattamento anche della sindrome metabolica.

Silvia Radrezza
Laureata in Farmacia presso l’Univ. degli Studi di Ferrara, consegue un Master di 1° livello in Ricerca Clinica all’ Univ. degli Studi di Milano. Borsista all’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS dal 2017 al 2018, è ora post-doc presso Max Planck Institute of Molecular Cell Biology and Genetics a Dresda (Germania).

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