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Immigrati: il loro microbiota intestinale cambia nel giro di pochi mesi

Migrare verso un paese occidentale altera il microbioma intestinale e offre una chiave di lettura delle malattie metaboliche come l'obesità.
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Immigrati: il loro microbiota intestinale cambia nel giro di pochi mesi

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Stato dell'arte
La dieta e la posizione geografica sono i principali determinanti del nostro microbiota intestinale e le popolazioni indigene rurali hanno dimostrato di avere una maggiore diversità di batteri nel loro intestino rispetto alle popolazioni industrializzate. Ma come la migrazione umana influenzi la struttura e la diversità del microbiota intestinale non è ancora chiaro.
Cosa aggiunge questa ricerca
Dopo l’arrivo negli Stati Uniti, il microbiota intestinale di immigrati provenienti da paesi non occidentali cambia rapidamente, e diminuisce la sua diversità. Una minore diversità batterica è associata a più alti tassi di obesità.
Conclusioni
Lo studio mostra come la migrazione da un paese non occidentale a un paese occidentale alteri il microbioma intestinale e offre una chiave di lettura delle malattie metaboliche come l’obesità che colpiscono gli immigrati trasferitisi negli Stati Uniti.

In questo articolo

Poco dopo l’arrivo negli Stati Uniti, il microbiota intestinale degli immigrati diventa più occidentalizzato e i ceppi batterici occidentali spostano i ceppi non occidentali, conclude uno studio condotto da Pajau Vangay dell’Università del Minnesota a Minneapolis e pubblicato sulla rivista Cell.

Studi precedenti hanno dimostrato che sono soprattutto la dieta e la geografia a determinare la composizione del microbiota intestinale, e che le popolazioni indigene rurali presentano una diversità batterica molto maggiore rispetto alle popolazioni industrializzate. Tuttavia, non è ancora chiaro in che modo la migrazione umana influenzi la composizione del microbiota intestinale.

Per rispondere a questa domanda, i ricercatori hanno condotto uno studio su rifugiati e immigrati trasferitisi negli Stati Uniti dal Sud-Est asiatico. Il team si è concentrato sui popoli Hmong e Karen, due gruppi etnici provenienti dalla Cina e dalla Birmania che hanno comunità in Tailandia.

L’immigrazione degli Stati Uniti cambia il microbiota intestinale

Il team ha reclutato 514 donne Hmong e Karen sane, di età compresa tra 18 e 78 anni, di cui 179 vivevano in Thailandia, 281 erano nate nel Sud-Est asiatico e si erano trasferite negli Stati Uniti (immigrati di prima generazione) e 54 erano nate negli Stati Uniti ma avevano genitori nati nel Sud-Est asiatico (immigrati di seconda generazione). Trentasei donne sane americane europee sono state utilizzate come controlli statunitensi.

L’analisi dei campioni di feci ha rivelato che le donne Hmong e Karen hanno due distinti microbioti intestinali, ma entrambi diventano più simili al microbiota americano europeo dopo l’arrivo di una persona negli Stati Uniti. In particolare, il genere Bacteroides, solitamente associato al microbiota intestinale occidentale, ha spostato il genere non occidentale Prevotella.

La diversità complessiva dei microbiomi inoltre è risultata diminuita in funzione del tempo di permanenza degli immigrati negli Stati Uniti: gli immigrati di prima e seconda generazione hanno mostrato una composizione del microbiota più simile a quella degli americani europei che a quella di coloro che vivono in Thailandia.

La dieta spiega in parte i cambiamenti nella composizione del microbiota intestinale

Confrontando le donne Hmong che vivono in Thailandia, le donne Hmong di prima generazione che vivono negli Stati Uniti e le donne americane europee, i ricercatori hanno anche osservato che le beta-glucano glicosidi idrolasi derivate dal microbiota, che contribuiscono al metabolismo delle fibre vegetali, erano abbondanti nel gruppo thailandese, ma quasi assenti nei gruppi statunitensi.

Queste idrolasi di glicosidi sono prodotte principalmente da un ceppo di Prevotella, il che suggerisce che la perdita di questi batteri dopo l’immigrazione negli Stati Uniti abbia comportato l’incapacità di degradare le fibre vegetali.

L’occidentalizzazione del microbiota inizia subito dopo l’immigrazione ed è duratura

I ricercatori sono stati anche in grado di tracciare il microbiota intestinale di 19 rifugiati Karen mentre si spostavano dalla Tailandia agli Stati Uniti. L’occidentalizzazione del loro microbiota intestinale, con lo spostamento di Prevotella da parte di Bacteroides, è iniziata nei primi 9 mesi dopo il loro trasferimento nel nuovo paese.

Inoltre, i ricercatori hanno scoperto che l’obesità era più diffusa negli immigrati che vivevano negli Stati Uniti da un decennio e che era associata a una minore diversità batterica in tutti i gruppi di studio.

In conclusione, questa ricerca mostra che l’immigrazione degli Stati Uniti è legata a una serie di cambiamenti nel microbiota intestinale, compresa la perdita di diversità microbica, di ceppi batterici non occidentali e della capacità di degradare le fibre vegetali.

Mostrando che una maggiore occidentalizzazione del microbiota è associata a una maggiore obesità, lo studio offre anche una chiave di lettura di alcune delle malattie metaboliche che hanno dimostrato di colpire in modo sproporzionato gli immigrati negli Stati Uniti.

Traduzione dall’inglese a cura della redazione.

Silvia Radrezza
Laureata in Farmacia presso l’Univ. degli Studi di Ferrara, consegue un Master di 1° livello in Ricerca Clinica all’ Univ. degli Studi di Milano. Borsista all’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS dal 2017 al 2018, è ora post-doc presso Max Planck Institute of Molecular Cell Biology and Genetics a Dresda (Germania).

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