La resistenza antimicrobica – cioè la capacità di un microbo di resistere agli effetti di un farmaco che una volta poteva sconfiggerlo con successo – è una delle più grandi sfide del nostro tempo per la salute pubblica. Per gestirla e migliorare le risposte immunitarie protettive contro i patogeni, una coppia di scienziati propone di rivolgersi al microbiota intestinale.
David Relman della Stanford University School of Medicine, in California, e Marc Lipsitch della Harvard TH Chan School of Public Health a Boston, Massachusetts, hanno pubblicato un articolo su PNAS, dove fanno il punto su come il microbiota intestinale influenza l’immunità dell’ospite e descrivono le strategie per controllare la resistenza antimicrobica.
Il ruolo del microbiota intestinale nella funzione immunitaria
I microbi intestinali, in particolare alcune famiglie batteriche specifiche come le specie di Clostridium, sono fondamentali per la funzione immunitaria. Diversi studi hanno dimostrato che lo sviluppo e la differenziazione del sistema immunitario di animali nati in assenza di microbi è incompleto. Lo sviluppo e la differenziazione del sistema immunitario si completa solo quando gli animali sono colonizzati con un microbiota intestinale della loro stessa specie.
Probabilmente l’influenza dei microbi intestinali sul sistema immunitario inizia prima della nascita. Alcuni esperimenti condotti sui topi suggeriscono che nei cuccioli la presenza di specifiche cellule immunitarie, che prevengono l’infiammazione intestinale, è influenzata dai microbi colonizzano l’intestino della madre.
Dopo la nascita, il trasferimento al neonato di anticorpi come IgA e IgG attraverso il latte materno fornisce protezione contro gli agenti patogeni. Più tardi nella vita, quando il neonato sviluppa le proprie risposte immunitarie, i metaboliti batterici come gli acidi grassi a catena corta possono influenzare la produzione di IgA e promuovere la differenziazione delle cellule immunitarie nell’intestino.
Oltre ai metaboliti, i componenti della parete cellulare dei microbi e altre molecole microbiche hanno dimostrato di regolare la funzione del sistema immunitario e della barriera intestinale.
Gli effetti degli antimicrobici sul microbiota e sul sistema immunitario
L’uso di antibiotici nei bambini e negli adulti potrebbe ridurre gli effetti protettivi dei microbi commensali contro i patogeni e alterare la composizione del microbiota intestinale. Per esempio, si è osservato che la struttura del microbiota fecale di persone che avevano assunto l’antibiotico ciprofloxacina per 5 giorni era cambiata rapidamente, con una drastica diminuzione nell’abbondanza del 25% -50% delle specie batteriche, tra cui Ruminococcaceae e Bacteroides.
Nei bambini nati da donne che assumono antibiotici durante il parto, non solo la composizione del microbiota intestinale, ma anche la produzione di metaboliti batterici come gli acidi grassi a catena corta risultano alterati durante i primi 3 mesi di vita.
Inoltre, gli antibiotici possono favorire lo sviluppo e la diffusione della resistenza antimicrobica. Uno studio che ha analizzato campioni di feci provenienti da oltre 200 individui residenti negli Stati Uniti, in Danimarca e in Spagna ha messo in evidenza che i geni di resistenza agli antibiotici usati nel bestiame erano più abbondanti di quelli per gli antibiotici non utilizzati negli animali.
Una serie di studi suggerisce che gli antimicrobici potrebbero anche influenzare l’efficacia dei vaccini. Per esempio, alcuni esperimenti condotti su topi hanno dimostrato che le risposte immunitarie al vaccino influenzale dipendono dalla presenza di batteri intestinali commensali e della proteina batterica flagellina, suggerendo così che il microbiota intestinale serve come coadiuvante per l’immunizzazione.
Per via dell’interazione tra il microbiota e il sistema immunitario dell’ospite, gli autori evidenziano due strategie emergenti che potrebbero essere utilizzate per gestire la resistenza antimicrobica. Il primo approccio consiste nel manipolare direttamente il microbiota intestinale somministrando singoli ceppi o comunità batteriche che migliorano o ripristinano gli effetti protettivi contro i patogeni.
Il secondo approccio è di focalizzarsi su specifici patogeni e microbi resistenti agli antibiotici attraverso lo sviluppo di vaccini o farmaci antimicrobici a spettro ridotto.
Entrambe le strategie, secondo gli autori, potrebbero ridurre l’uso di antibiotici ad ampio spettro e il numero di batteri resistenti agli antibiotici.
Traduzione dall’inglese a cura della redazione