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Anche la cottura del cibo può influenzare il microbiota intestinale

La cottura dei cibi sembrerebbe impattare sul microbiota intestinale. Lo afferma uno studio di recente pubblicazione su Nature Microbiology.
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Stato dell'arte
La dieta influenza significativamente la componente batterica intestinale. Rimane però ancora da scoprire l’impatto della modalità di cottura degli alimenti.
Cosa aggiunge questa ricerca
Scopo dello studio è stato valutare l’impatto della cottura, in particolare di carne o tuberi, nella struttura e funzionalità del microbiota intestinale, oltre che nel dispendio energetico dell’ospite.
Conclusioni
Le alterazioni batteriche dieta-correlate dipendono non solo dal cibo in sé, ma anche dalla modalità di cottura. Manipolazioni mirate del microbiota dovrebbero quindi considerare anche questo aspetto.

In questo articolo

Non solo la scelta del cibo influenza il microbiota intestinale. Anche le alte temperature applicate ad alimenti ricchi di amido e/o amidi poco digeribili sembrerebbero avere effetti sulla componente batterica, diminuendo per esempio la capacità fermentativa di batteri amilolitici. È quanto afferma lo studio coordinato da Rachel N. Carmody della University of California (USA), di recente pubblicazione su Nature Microbiology.

Durante la cottura, oltre al sapore e alla consistenza, si modificano anche le proprietà fisico-chimiche degli alimenti. Come questo processo influenzi il microbiota intestinale e il dispendio di energia derivante dal metabolismo dei nutrienti è tuttavia poco chiaro.

A tal proposito, è stato valutato in vivo l’impatto di carne o patate rosse sul microbiota intestinale e sul dispendio energetico dell’ospite. I ricercatori hanno nutrito per 5 giorni due gruppi di topi con questi due alimenti rispettivamente cotti o crudi. Per entrambi i gruppi sono stati poi creati dei sottogruppi in base alla disponibilità di cibo, che è stata razionata o illimitata. Di seguito i risultati.

Confrontando i relativi sottogruppi (ad libitum vs razionati) si è visto come la cottura incrementi l’energia ricavabile dal cibo. La differente alimentazione (carne vs patate) ha inoltre impattato sulla struttura e funzionalità del microbiota. Nel dettaglio:

  • nei topi alimentati con carne cotta è stata osservata una composizione batterica nel complesso simile alla controparte. Di contro, il microbiota del gruppo alimentato con patate crude ha presentato marcate differenze rispetto a quello in dieta con patate cotte
  • il consumo di tuberi crudi ha ridotto l’alpha-diversity e, in parte, l’abbondanza batterica, seppur aumentando l’espressione del phylum Bacteroidetes, implicato nella degradazione dei glicani
  • i gruppi alimentati con cibi crudi hanno perso più peso rispetto alla controparte, suggerendo un’influenza della cottura nel dispendio energetico
  • il consumo di cibi crudi ha incrementato l’espressione di geni implicati nel metabolismo di amido, zuccheri e xenobioti
  • è stata registrata una netta differenza di espressione della classe enzimatica beta-amilasi tra i gruppi con tuberi cotti e crudi.

Al fine di valutarne l’impatto sul microbiota delle diverse zone intestinali, 28 topi sono stati poi alimentati con amidi a diversa digeribilità: alta (HSD) vs bassa (LDS). Dai dati ottenuti è emerso che:

  • massa corporea e livelli di grasso sono comparabili tra i due gruppi
  • la dieta LDS ha ridotto l’abbondanza batterica, di Firmicutes in particolare, oltre che l’alpha-diversity. Risultati simili sono stati ottenuti anche in modelli germ-free.

Sulla base di questi risultati, quindi, i ricercatori hanno ipotizzato che la cottura di cibi ricchi di amido impatti sulla componente batterica più di quella di cibi che ne contengono poco. Sono stati dunque testati cibi ricchi (patate dolci, patate comuni, mais e piselli) o poveri (carote, barbabietole) di amidi e cibi ad alta (mais, piselli) o bassa (patate dolci e comuni) digeribilità se consumati crudi. I ricercatori hanno osservato che:

  • sia l’alpha- sia la beta-diversity sono risultate alterate nel gruppo alimentato con alto contenuto di amido e con amidi poco digeribili
  • il microbiota non viene modificato in seguito alla cottura di cibi scarsi di amido o con amido ben digeribile a livello intestinale.

L’alta temperatura influenza il microbiota agendo anche sulla carica antimicrobica degli alimenti. Nel gruppo in dieta con tuberi crudi è stato riscontrato un incremento di danno delle cellule intestinali e, di contro, un decremento di attività e carica batterica complessiva.

Dal punto di vista metabolomico sono stati invece identificati 246 composti, 51 dei quali significativamente differenti tra i gruppi alimentati con patate cotte e crude. In particolare, è stato registrato un notevole incremento del metabolismo degli xenobioti nel gruppo in dieta con patate crude.

Volendo poi valutare l’eventuale correlazione tra cottura e dispendio energetico, modelli germ-free sono stati trapiantati con microbiota di donatori alimentati a tuberi crudi o cotti.

I riceventi da donatori in dieta con tuberi crudi hanno mostrato un incremento di massa corporea e adiposità sostenuta da un più elevato introito calorico.

Da ultimo, i ricercatori hanno testato l’effetto della cottura sul microbiota di volontari sani. I risultati si sono dimostrati in linea con quelli ottenuti in vivo. Differenze significative sono infatti emerse in termini di alpha- e beta-diversity. Inoltre:

  • nel gruppo alimentato con tuberi cotti è stato possibile apprezzare cambiamenti del microbiota già entro le 48 ore dall’inizio della dieta e fino ai 5 giorni successivi
  • nel gruppo alimentato con tuberi crudi è stato registrato invece un ritardo nella risposta batterica, con alterazioni a partire dalle 72 ore e tracciabili solo fino a 24 ore dalla fine dell’intervento.

In conclusione, dunque, la cottura dei cibi, in particolare quella di vegetali ricchi di amidi poco digeribili, sembrerebbe impattare significativamente nel microbiota intestinale. Questi dati, seppur in attesa di ulteriori approfondimenti, suggeriscono quindi come nell’impostazione di un piano alimentare sia importante non solo la scelta dei cibi, ma anche la modalità di cottura, al fine di evitare alterazioni svantaggiose del microbiota.

Silvia Radrezza
Laureata in Farmacia presso l’Univ. degli Studi di Ferrara, consegue un Master di 1° livello in Ricerca Clinica all’ Univ. degli Studi di Milano. Borsista all’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS dal 2017 al 2018, è ora post-doc presso Max Planck Institute of Molecular Cell Biology and Genetics a Dresda (Germania).

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