Indipendentemente dal contenuto alcolico, il consumo di birra potrebbe modulare il microbiota intestinale arricchendone la biodiversità, probabilmente attraverso i polifenoli che contiene.
Sono queste le conclusioni dello studio di Claudia Marques e colleghi dell’Università NOVA di Lisbona (Portogallo) in uno studio di recente pubblicato su Journal of Agricultural and Food Chemistry.
I polifenoli della birra
La birra è di fatto l’alcolico più consumato al mondo. Basse dosi (un bicchiere/die per le donne, due per gli uomini) hanno dimostrato effetti protettivi contro il rischio cardiovascolare. Attenzione invece, come per tutti gli altri alcolici, a un suo abuso.
Sempre più comune sta poi diventando anche la versione analcolica (fino allo 0,5% di alcol) dove l’etanolo viene rimosso dopo la fermentazione.
La birra rappresenta inoltre la maggiore (e forse unica) fonte di polifenoli del luppolo oltre a prenilflavonoidi e xantoumolo, protettivo contro patologie associate a stress ossidativo.
Analogamente ad altri fenoli, anche i polifenoli possono modulare il microbiota intestinale, la sua proliferazione soprattutto. Considerando quindi l’importanza del microbiota in svariati quadri clinici, incluse patologie da stress ossidativo, è importante sapere come il consumo di birra vada a incidere sulla popolazione batterica in modo da, eventualmente, poter intervenire.
Gli effetti sul microbiota intestinale
I ricercatori statunitensi hanno quindi monitorato il microbiota intestinale e la salute in generale di 22 volontari sani ai quali è stata somministrata birra alcolica (5,2%) o meno (0%) (330 ml) per 4 settimane ogni giorno. Ecco quanto emerso dall’analisi obiettiva, fecale ed ematica e dai questionari compilati dai partecipanti.
Dal punto di vista generale:
- nessun incremento di peso o massa grassa è stato osservato
- inalterati in entrambi i gruppi metaboliti cardiovascolari come glucosio, emoglobina glicata, insulina, trigliceridi o omocisteina come del resto transaminasi epatiche (ASAT, ALAT, GGT) nonostante l’alcol per un gruppo
- aumentato nel gruppo “non-alcol” invece il colesterolo totale sebbene sia rimasto al di sotto di 200 mg/dl
- diminuito invece il contenuto di fosfatasi alcalina (ALP) in entrambi i gruppi come i livelli del sodio, un aumento invece per quelli del potassio nonostante in tutti i casi si siano mantenuti entro i limiti di norma.
Passando poi all’osservazione del microbiota:
- Firmicutes (52%, 46%), Bacteroidetes (32%, 36%) e Actinobacteria (12%, 14%) sono risultati essere i phyla predominanti al baseline nel gruppo no-alcol e alcol rispettivamente
- passando a livello di genere troviamo invece Faecalibacterium (30% e 28%) seguiti da Prevotella (16%, 16%), Bacteroides (11%, 15%), e Collinsella (7% e 10%) ancora una volta nel gruppo no-alcol e alcol rispettivamente
- nessuna variazione di specifici phyla e generi in relazione alla presenza di alcol con, tuttavia, un aumento generale della biodiversità, positiva per l’ecosistema intestinale.
Conclusioni
Per riassumere quindi, la birra, sia con sia senza alcol, sembrerebbe modulare il microbiota intestinale aumentando la biodiversità senza tuttavia causare cambiamenti nel metabolismo dell’ospite, risultando quindi un interessante strategia per incrementare la diversità batterica del microbiota.