La dieta determina un riassetto del corredo enzimatico espresso dal microbiota intestinale per il metabolismo dei carboidrati, con possibili implicazioni per la nostra salute.
È quanto emerge da uno studio, primo nel suo genere, condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università di Bologna e pubblicato recentemente in Frontiers in Microbiology.
Il microbiota intestinale è stato più volte associato a numerose ed essenziali funzioni tra le quali il metabolismo dei carboidrati quali i polisaccaridi complessi, altrimenti indigeribili e definiti come “carboidrati microbiota-accessibili” o MACs, e, in generale, di carboidrati introdotti con la dieta.
Mentre il nostro genoma è carente nella trascrizione di enzimi attivi e specifici per i carboidrati, il microbiota intestinale ne è ricco permettendo dunque la produzione di acidi grassi a catena corta, estremamente importanti per l’intestino stesso e per l’intero organismo.
La disponibilità dei MAC introdotti con la dieta si è via via ridotta parallelamente alle trasformazioni delle abitudini alimentari, soprattutto dei Paesi occidentali, basate invece su una crescente introduzione di cibi sempre più raffinati. Questo ha comportato una generale diminuzione del corredo enzimatico atto alla digestione di carboidrati complessi con una conseguente alterazione dell’equilibrio e della plasticità funzionale della flora batterica intestinale.
Attraverso questo studio, Matteo Soverini e colleghi hanno cercato di determinare l’entità della variazione del patrimonio di questi enzimi in 56 italiani, già inseriti in altri due studi precedenti e indipendenti tra loro, in relazione a una dieta mediterranea (n=16, sani) vs un regime alimentare ad alto contenuto di grassi, ma scarso in MACs (n=40, diabetici).
Nel dettaglio, è stata analizzata la composizione generale e caratteristica del microbiota intestinale di soggetti sani per andare a delineare il “pan-microbiota italiano” oltre che l’abbondanza e la tipologia degli enzimi specifici per il metabolismo dei carboidrati in risposta ai diversi regimi alimentari.
Così la dieta modifica i batteri coinvolti nel metabolismo dei carboidrati
L’analisi 16S rRNA condotta sul materiale fecale dei 16 soggetti sani con dieta mediterranea ha permesso di identificare 98 specie batteriche comuni tra le quali quelle più rappresentate sono Faecalibaterium prausnitzii, Eubacterium rectale, Butyriciccocus pullicaecorum, Roseburia intestinalis e Ruminococcus spp.
Dal confronto con la composizione batterica riscontrata nei 40 soggetti diabetici a dieta alterata, non sono emerse differenze relative alla biodiversità.
Visto l’ampio numero di specie identificate, il corredo batterico complessivo è stato suddiviso in 4 cluster principali in base al grado di espressione di geni codificanti per enzimi specifici coinvolti nel metabolismo dei carboidrati e rinominati a seconda della specie più abbondante inclusa.
Abbiamo dunque CCG1 o Subdoligranulum variabile, CCG2 o Eubacterium rectale, CCG3 o Ruminococcus bromii e CCG4 o Faecalibacterium prausnitzii. Tra questi, F. prausnitzii e R. bromii rappresentano i gruppi più ricchi dal punto di vista della rappresentatività enzimatica generale mentre F. prausnitzii ed E. rectale esprimono il maggior numero di enzimi coinvolti nella degradazione di carboidrati complessi e di quelli “non-amidi” come pectine, mannani o xylani.
Questo alterato e peculiare grado di espressione delle diverse specie, ha suggerito ai ricercatori una possibile diversificazione funzionale anche a livello degli stessi enzimi deputati al metabolismo dei carboidrati, oltre che rispetto ai batteri che li producono.
Per ogni soggetto è stato quindi valutato il profilo di degradazione dei carboidrati in base al tipo di enzimi presenti e ciò ha permesso un’ulteriore raggruppamento in 4 sottogruppi o CT1-4 (CAZyTypes).
Sono stati infine incrociati i dati provenienti dalla determinazione dei CCG ottenuti, come precedentemente descritto in base alla quantificazione degli enzimi carboidrato-specifici presenti nelle diverse specie batteriche, e quelli provenienti dalla differenziazione dei soggetti in CT in base alla tipologia di enzimi espressi.
La maggior parte degli individui sani e che seguivano una dieta mediterranea appartenevano al CT2 o CT4 e, parallelamente, erano caratterizzati principalmente dalla presenza di CCG4 e CCG2 (F. prausnitzii ed E. rectale) mentre i soggetti diabetici e con dieta non equilibrata rientravano maggiormente in CT1 e CT3.
In questi inoltre, CCG2 è stato sostituito da CCG3 e/o CCG1. CCG2 infatti, se confrontato con CCG1 e CCG3, mostra più alti livelli di enzimi coinvolti nella degradazione di carboidrati complessi e polisaccaridi non-amidi, prevalenti nell’alimentazione meditteranea.
Questi risultati quindi, seppur preliminari, dimostrano non soltanto l’esistenza di robusti clusters batterici che condividono un profilo di metabolismo dei carboidrati, ma anche come la dieta possa influenzare l’adattamento del microbiota intestinale favorendo l’espressione di determinate specie oltre che di particolari tipi di enzimi digestivi.