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Allergie infantili e intestino: antiacidi e antibiotici pericolosi nei primi mesi di vita

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Allergie infantili e intestino: antiacidi e antibiotici pericolosi nei primi mesi di vita

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Bambini che ricevono farmaci antiacido o antibiotici entro i primi sei mesi di vita hanno maggior probabilità di sviluppare allergie in età più avanzata.

È quanto emerge da un ampio studio di coorte retrospettivo condotto da Edward Mitre e colleghi, pubblicato in questi giorni su JAMA Pediatrics.

Le manifestazioni allergiche, sia cibo correlate che a causa ambientale, sono da alcuni decenni in largo aumento e, tra le varie ragioni identificate, troviamo un parallelo incremento di farmaci, spesso non strettamente necessari, che vanno a incidere sul microbiota intestinale.

Antiacido e antibiotici sembrerebbero essere tra i medicinali a più alto impatto batterico e fra i maggiori responsabili di insorgenza di allergie.

Per confermare questa ipotesi, i ricercatori americani dell’Uniformed Services University of the Health Sciences hanno esaminato i dati di 792.130 bambini entro i sei mesi di vita e collezionati nel database TRICARE tra il 2001 e 2013.

Analizzando le caratteristiche dei bambini inclusi si è visto come la quota maggiore (16.6%) fosse stata esposta ad antibiotici, amoxicillina in particolare, seguiti da antistaminici (7.6%) e inibitori di pompa protonica (1.7%) e di come molti siano stati trattati con entrambe le categorie di farmaci.

Del campione totale, il 3% (58.7/10.000) ha sviluppato allergie alimentari soprattutto correlate ad arachidi, latte vaccino e uova.

Più numerose sono invece risultate le forme di allergia ambientale, rinite allergica e dermatite da contatto in primis con rispettivamente 771.5/10.000 e 703.2/10.000 casi, seguite da dermatite atopica, asma e orticaria. Interessante notare inoltre come i maschi siano stati più colpiti da manifestazioni allergiche rispetto alle femmine (59.5% vs 56.6%), trend confermato dai nati prematuri attraverso parto cesareo rispetto ai nati a termine per via vaginale.

Farmaci antiacido e allergie infantili

Ad eccezione dei frutti di mare, tutte le altre allergie alimentari hanno riscontrato un significativo aumento tra i bambini che hanno ricevuto antistaminici H2RA o inibitori di pompa protonica (PPIs), rispettivamente di 2.18 e 2.59 volte, rispetto ai non trattati. Inoltre, il rischio di allergie alimentari in seguito a PPIs si è dimostrato dose e tempo dipendente. La somministrazione prolungata per più di 60 giorni di PPIs ha presentato infatti un 52% di probabilità in più di sviluppare allergie rispetto a un trattamento più ridotto nel tempo.

Tra quelle non alimentari invece, hanno tutte dimostrato associazione positiva con entrambe le classi di anti-acido.

Antibiotici e allergie infantili

Il rischio di incorrere in allergie alimentari tra i bambini che hanno ricevuto antibiotici entro i primi sei mesi è pari a 1.14 volte in più rispetto ai non trattati, soprattutto per quanto riguarda latte vaccino e uova.

Contrariamente ai PPIs, gli antibiotici non presentano tuttavia una correlazione dose o tempo dipendente così marcata. Tra le allergie non alimentari, l’asma ha riscontrato doppia probabilità di incorrere dopo antibiotici seguita da shock anafilattico, congiuntivite e allergie ai farmaci stessi.

Lo studio, presenta tuttavia alcune limitazioni, spiegate dagli stessi autori. Trattandosi di un’indagine retrospettiva infatti, non è stato possibile determinare un’eventuale causalità inversa determinata da una diagnosi scorretta di reflusso gastroesofageo o infezioni scambiate per allergie.

L’incremento di reazioni classificate come allergiche inoltre potrebbero esser da ricondurre ad altri disturbi di salute.

In conclusione, considerando anche la considerevole numerosità del campione, è possibile affermare come farmaci anti-acido e antibiotici somministrati entro i primi sei mesi di vita aumentino il rischio di sviluppare allergie alimentari e non in età più avanzata.

L’uso di tali trattamenti è quindi da ridurre ai casi strettamente necessari ovvero quando i benefici superano i possibili svantaggi. Ulteriori studi sono comunque necessari per determinarne il nesso di causalità nonché il meccanismo d’azione.

Silvia Radrezza

Silvia Radrezza
Laureata in Farmacia presso l’Univ. degli Studi di Ferrara, consegue un Master di 1° livello in Ricerca Clinica all’ Univ. degli Studi di Milano. Borsista all’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS dal 2017 al 2018, è ora post-doc presso Max Planck Institute of Molecular Cell Biology and Genetics a Dresda (Germania).

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