Manipolare il microbiota umano è un’opportunità per il trattamento delle malattie allergiche, ma è necessario prima di tutto conoscere a fondo il ruolo dei batteri.
Ad affermarlo nel PRACTALL consensus report 2017 sono l’American Academy of Allergy, Asthma & Immunology e l’European Academy of Allergy and Clinical Immunology.
Nel report, coordinato da T. A. Fleisher, sono analizzate le attuali possibilità di alterare il microbioma ad uso terapeutico. Dal documento, pubblicato su Journal of Allergy and Clinical Immunology, emerge inoltre che la biologia dei sistemi è l’approccio da adottare per comprendere pienamente le funzioni del microbioma nell’asma, nella dermatite atopica e nelle allergie alimentari.
I batteri presenti nel tratto gastrointestinale, nelle vie aeree e sulla pelle contribuiscono alla salute dell’essere umano. Giocano un ruolo fondamentale nello sviluppo del sistema immunitario, contribuendo all’evoluzione e alla manifestazione delle patologie allergiche.
Studi recenti indicano che asma, dermatite atopica e allergie alimentari colpiscono sempre più individui e che vi sia un legame con il microbioma. È quindi ipotizzabile intervenire sulle popolazioni batteriche, con probiotici o prebiotici, per prevenire e/o trattare le patologie allergiche.
L’applicazione di recenti tool molecolari e bioinformatici ha permesso di individuare un legame tra disbiosi (sia gastrointestinale sia delle vie respiratorie) e asma. Diversi studi hanno mostrato che il microbioma avrebbe un ruolo protettivo nei confronti dell’infiammazione allergica.
Sembrerebbe inoltre esistere un preciso periodo dopo la nascita in cui la colonizzazione batterica ha il potere di “educare” il sistema immunitario e influenzare la suscettibilità alla patologia allergica.
La dermatite atopica è probabilmente dovuta all’eccessiva igiene che riduce l’esposizione a microrganismi fondamentali per la salute della cute, nonché all’uso degli antibiotici che uccidono alcuni batteri commensali di grande importanza per la protezione dai patogeni. L’uso di next-generation DNA sequencing ha rivelato una minore diversità batterica associata alla proliferazione di Staphylococcus aureus nella pelle affetta da questa patologia.
Gli studi futuri utilizzeranno la metagenomica e il sequenziamento di tutto il genoma microbico per permettere la comprensione dei meccanismi attraverso i quali i batteri influenzano la barriera cutanea e stimolano la risposta immunitaria.
Per quanto riguarda le allergie alimentari, studi su modelli murini hanno mostrato che il fenotipo allergico può essere trasmesso trapiantando il microbiota intestinale da un topo suscettibile all’allergia a un topo germ-free.
Altre ricerche hanno mostrato che diversi ceppi di Clostridia modulano la risposta allergica, attenuando colite e diarrea. Il fatto che esistano taxa batterici in grado di avere un effetto diretto sull’allergia suggerisce la possibilità di manipolare il microbiota a scopi terapeutici attraverso probiotici, soprattutto nell’età infantile.
Considerando l’eterogeneità delle malattie analizzate, è improbabile che da tale manipolazione si possano controllare tutte le dinamiche molecolari che intervengono nella patogenesi.
Per questo motivo, secondo quanto riportato nel consensus report, la sfida del futuro è approcciare la materia mediante la disciplina della biologia dei sistemi, analizzando i dati tramite tecniche computazionali al fine di arrivare a una comprensione sistemica e riuscire a dedurre rapporti di causalità tra microbioma e patologia allergica.
Nonostante non si sia arrivati ancora a quel punto, le tecniche oggi a disposizione hanno dato risultati promettenti: il trapianto del microbiota fecale ha avuto successo nel trattamento della colite ulcerosa e il principio potrebbe essere applicato anche al microbiota cutaneo.
Recentemente, uno studio pilota ha parzialmente trasferito il microbioma vaginale materno ai bambini nati tramite parto cesareo utilizzando tamponi.
Diverse ricerche stanno studiando la possibilità di formulare un “cocktail microbico” che possa proliferare nell’intestino umano, rimpiazzando i batteri potenzialmente dannosi.
I maggiori limiti sono dovuti al fatto che gli studi riguardano quasi esclusivamente il microbioma. In futuro è auspicabile che vengano studiati anche miceti e virus.