Nonostante i presupposti incoraggianti, il supplemento con prodotti della fermentazione di Saccharomyces cerevisiae (SCFP) non porta alcun beneficio in termini di riduzione dell’incidenza e/o gravità dell’ascesso epatico in bovini da allevamento. Nemmeno il microbioma fecale né il resistoma hanno mostrato differenze significative rispetto al gruppo di controllo.
È quanto conclude lo studio randomizzato condotto da Katherine L. Huebner e colleghi della Colorado State University, negli Stati Uniti e apparso sulle pagine di Scientific Reports.
L’ascesso epatico è una condizione abbastanza frequente nel bestiame da allevamento a causa soprattutto di una dieta ad alto contenuto di carboidrati fermentabili. Sebbene la terapia standard con antibiotici sia efficace, considerando l’elevato tasso di antibiotico resistenza, si rende necessario trovare un’alternativa. Tra le varie opzioni, anche i prodotti di fermentazione di Saccharomyces cerevisiae (SCFP) sembrerebbero candidati promettenti avendo dimostrato vari effetti positivi come l’aumento della produzione di latte o di acidi grassi volatili. Per quanto riguarda invece la condizione di ascesso epatico i dati sono più scarsi. Per approfondire questo aspetto, i ricercatori hanno randomizzato un totale di 4.689 manzi, non precedentemente sottoposti a terapia antibiotica, a una dieta di controllo (n=2.345) o a un supplemento giornaliero con SCFP (17.8g/die per tre mesi; n=2.344) valutando i rispettivi effetti sull’incidenza e gravità dell’ascesso epatico, sul microbioma fecale e sul resistoma, ossia il profilo dei geni legati allo sviluppo di resistenza antibiotica. Di seguito i risultati.
Salute degli animali
Come parametri generali legati alla salute degli animali sono stati considerati la produzione, la mortalità, la morbilità e l’incidenza, nello specifico, di ascessi epatici. Nel complesso non sono emerse differenze tra i gruppi. Infatti:
- l’aumento di peso medio e quello del volume di alimentazione è risultato comparabile come del resto i tassi di mortalità e morbilità
- il 38.9% degli animali appartenenti al gruppo di controllo ha sviluppato ascesso epatico vs il 38.1% del gruppo in trattamento
- nessuna differenza nemmeno in termini di rischio di sviluppare l’ascesso epatico
Microbioma fecale
L’analisi del microbioma è stata condotta su un totale di 56 campioni, 28 per gruppo.
- complessivamente Firmicutes, Bacteroidetes, Proteobacteria, Spirochaetes, e Tenericutes sono risultati i phyla più abbondanti, Ruminococcaceae, Lachnospiraceae, Bacteroidaceae e Paraprevotellaceae invece le famiglie
- Quarantasei phyla sono stati classificati “rari” in quanto presenti al di sotto dell’1% ossia Actinobacteria, Acidobacter, Fibrobacteres, Verrucomicrobia, Cyanobacteria, Nitrospirae, Chloroflexi, Gemmatimonadetes, Planctomycetes, Euryarchaeota (Archaea), WS3, Elusimicrobia, Fusobacteria, TM7, WPS-2, Armatimonadetes, Chlamydiae, Chlorobi, AD3, OP3, TM6, Lentisphaerae, Synergistes, FCPU426, GN04, WWE1, Deferribacteres, BRC1, NC10, FBP, Caldithrix, Termi, OD1, Crenarchaeota (Archaea), GOUTA4, NKB19, GN02, SC4, OP8, BHI80-139, SBR1093, LCP-89 e OC31
- il phylum Elusimicrobia ha mostrato un’abbondanza significativamente più alta nel gruppo dei trattati, mentre è risultata non significativa la superiorità di Fusobacteria
- la diversità batterica è risultata comparabile nei due gruppi
Resistoma
Dall’analisi metagenomica dei campioni fecali raccolti sono stati individuati 35 meccanismi implicati nella resistenza ad antibiotici, metalli o sostanze tossiche.
Focalizzandosi sui primi, indipendentemente dal gruppo di appartenenza, l’espressione maggiore è stata registrata dalle proteine ribosomiali di resistenza alle tetracicline (62.%, geni tetQ, tetO, tetW, tet32, tet44, tet40, tetW per esempio) e da quelle contro i macrolidi (25.6%). A questi seguono i geni per la resistenza ai beta-lattamici e amminoglicosidi.
Anche la composizione e la ricchezza tassonomica dei determinanti batterici di resistenza antibiotica sono emerse complessivamente come comparabili.
In conclusione, dunque, il supplemento con i prodotti della fermentazione di Saccharomyces cerevisiae non ha comportato differenze significative nell’incidenza o gravità degli ascessi epatici né a livello di microbioma fecale o resistoma. Ulteriori ricerche sono perciò necessarie al fine di individuare i possibili effetti confondenti e, in caso, indirizzare al meglio le ricerche per la messa a punto di terapie alternative nella prevenzione e/o cura degli ascessi epatici nel bestiame da allevamento.