Contrariamente a quanto osservato nell’uomo e nei modelli murini, benché i gatti obesi abbiano un microbioma alterato nell’espressione di taxa coinvolti nel metabolismo energetico rispetto a quelli magri, la dieta dimagrante (10 settimane) non sembrerebbe impattare significativamente sulla loro abbondanza e biodiversità batterica. La perdita di peso è invece risultata positivamente associata al miglioramento della salute intestinale come suggerisce l’incremento dei valori di cobalamina e folato.
È quanto dimostra lo studio di Moran Tal e colleghi della University of Guelph (Guelph, Canada), recentemente pubblicato su BMC Veterinary Research.
Obesità e disbiosi intestinale
Numerosi sono gli studi che dimostrano come l’obesità sia correlata a disbiosi del microbiota gastrointestinale con conseguenti alterazioni dell’integrità della barriera intestinale, del metabolismo e di svariati parametri immunitari. Questo scenario nei gatti è tuttavia poco conosciuto.
A tal proposito, i ricercatori canadesi hanno analizzato il microbioma fecale di 17 gatti obesi prima e dopo 10 settimane di dieta dimagrante (iniziata dopo 4 settimane di adattamento) per valutare sia le differenze in relazione al cambiamento di alimentazione sia alla componente batterica di 14 gatti magri (controlli).
A ciò è stato inoltre aggiunto il monitoraggio dei valori sierici di cobalamina e folato, metaboliti che hanno mostrato una riduzione in pazienti obesi e coinvolti nell’integrità della barriera intestinale. Di seguito i principali risultati.
Il microbiota intestinale dei gatti obesi
Considerando i parametri fisici all’inizio e al termine dello studio si visto che:
- il peso è rimasto stabile nelle 4 settimane di adattamento
- dopo le 10 settimane di dieta dimagrante, si è verificato un significativo calo ponderale (0.94 ± 0.28% di calo di peso settimanale)
- nonostante la perdita di peso, l’indice di massa corporea (BMI), il BCS (body condition score), il peso finale e la circonferenza hanno comunque registrato valori più elevati rispetto al gruppo di gatti magri (P < 0.0001 per il peso totale, BCS e circonferenza; P <0.0002 for BMI)
Comparando invece le concentrazioni di cobalamina e folato:
- i gatti magri hanno registrato valori di cobalamina significativamente maggiori al gruppo obeso sia prima sia dopo la dieta dimagrante
- nessuna differenza in termini di cobalamina nel gruppo obeso prima e dopo il trattamento
- di contro, dopo la dieta si è registrato un aumento di folato (p=0.003) rispetto alle condizioni iniziali. Nessuna differenza invece con i controlli
Passando poi all’analisi del microbioma:
- 142 sono gli OTUs identificati
- Firmicutes, Proteobacteria, Actinobacteria e Bacteroidetes sono, in ordine decrescente, i taxa in generale con l’abbondanza batterica relativa maggiore indipendetemente dal gruppo, Clostridium_XI, Megasphaera, Erysipelotrichaceae_incertae_sedis, Lachnospiraceae e Blautia invece i generi
- nessuna differenza significativa in termini di alpha diversity e struttura batterica tra i gruppi durante lo studio, come del resto per la struttura batterica
- l’abbondanza batterica nel gruppo obeso prima e dopo il trattamento non ha registrato alterazioni significative
- di contro, 13 OTUs hanno mostrato differente abbondanza tra i gatti magri e gli obesi post-dieta, sei dei quali appartenenti al phylum Firmicutes, due a Proteobacteria e due ad Actinobacteria. Solo il taxa Pseudomonas (phylum Proteobacteria) ha invece mostrato differenze di espressione tra gatti magri e obesi pre-dieta
- il gruppo magro ha in generale dimostrato maggiore espressione di phylum Tenericutes rispetto alla controparte
Conclusioni
In conclusione, nonostante i gatti obesi abbiano mostrato alcune differenze di espressione legate a determinati taxa, il cambio di dieta per 10 settimane sembrerebbe non impattare significativamente sulla loro componente batterica pur registrando un effettivo calo ponderale.
Di contro, l’avvicinamento di cobalamina e folato a condizioni fisiologiche suggerisce un positivo impatto del regime alimentare dimagrante sulla salute intestinale dei gatti.
Ulteriori studi longitudinali e condotti su un campione maggiore sono tuttavia necessari per confermare questi risultati.