Nei galli della salvia (Centrocercus urophasianus) la composizione e la ricchezza batterica mostrano notevoli differenze in base sia al tratto di intestino analizzato sia alla stagione di campionamento. Risultati simili potrebbero, con ogni probabilità, essere riscontrati in altri volatili o sull’uomo, suggerendo quindi come la comune analisi del solo materiale fecale non sia sufficientemente completa e rappresentativa.
È quanto conclude lo studio coordinato da Sergei V. Drovetski della Smithsonian Institution, negli Stati Uniti, e i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Animal Microbiome.
I galli della salvia sono un particolare tipo di uccelli caratterizzato da una dieta molto ristretta in quanto basata essenzialmente sulla salvia, da cui il nome. Questa loro caratteristica li rende perciò i candidati ideali per uno studio sul microbiota intestinale considerando come il fattore confondente “dieta” sia ridotto al minimo rispetto all’uomo o ad altri animali. Alcuni aspetti finora poco conosciuti come la variazione batterica indotta dalla stagionalità e dalla diversa partizione e funzionalità dell’intestino degli uccelli, sono stati quindi analizzati prelevando campioni a vari livelli (gozzo, ventricolo, duodeno, cieco e colon) da 30 esemplari non in cattività e distribuiti in tutto il Nord America.
Diversità e abbondanza batterica
Dai 145 campioni di microbiota raccolti sono stati identificati 461 OTUs, quattro Archeae (Euryarchaeota; Thermoplasmata; Thermoplasmatales; [Thermoplasmatales]) e i restanti 457 batterici. Di questi ultimi:
- Firmicutes è risultato il phylum più abbondante (229 OTUs, 53.6%), seguito da Bacteroidetes (73 OTUs, 15.2%), Actinobacteria (42 OTUs, 10.7%) e Proteobacteria, (65 OTUs, 10.1%)
- delle 64 famiglie, Ruminococcaceae (Firmicutes) è la più abbondante (80 OTUs, 21.0%), seguita da Lachnospiraceae (Firmicutes; 42 OTUs, 9.8%), Bacteroidaceae (Bacteroidetes; 31 OTUs, 8.1%) e Lactobacillaceae (Firmicutes; 28 OTUs, 6.4%)
- a livello di generi invece, il più espresso e ricco è risultato essere Ruminococcaceae UCG-014 (34 OTUs, 9.4%), seguito da Bacteroides (31 OTUs, 8.1%) e Lactobacillus (28 OTUs, 6.4%)
Differenze in base al tratto intestinale
Confrontando la popolazione batterica dei vari tratti di intestino (gozzo, ventricolo, duodeno, cieco e colon) in relazione anche a variabili esterne come stagione di campionamento (estate vs inverno) e loro interazioni, localizzazione geografica dell’animale, sesso e massa corporea è emerso che:
- la maggior parte dei 461 OTUs ricorrono in più di una regione intestinale: 308 (66.8%) in tutte e cinque, 111 (24.1%) in quattro, 28 OTUs (6.1%) in tre, 10 OTUs (2.2%) in due, 4 OTUs (0.9%) in una sola
- nonostante la maggior parte degli OTUs sia stata riscontrata in tutte le regioni intestinali, l’abbondanza di 387 varia significativamente
- le analisi PERMANOVA hanno dimostrato come il tratto anatomico, la stagione di campionamento, le loro interazioni e la localizzazione geografica abbiano un impatto significativo sulla composizione del microbiota; al contrario, il genere, la massa corporea e le loro interazioni non hanno registrato particolari effetti
- tra tutte, la stagionalità ha mostrato la maggior influenza a seconda delle regioni intestinali: 21 volte maggiore della longitudine, unica altra variabile esterna a registrare un effetto significativo indipendente
- in generale, il microbiota di gozzo e cieco hanno rispettivamente presentato il maggior numero di taxa peculiari rispetto alle altre regioni
- l’abbondanza dei generi Lactobacillus, Mycoplasma, Leptotrichiaceae e uno, non classificato, di Pasteurellaceae è risultata il fattore discriminante tra gozzo e altre sezioni intestinali
- il cieco è risultato caratterizzato da una sovra-espressione di due famiglie Clostridiales (Ruminococcaceae e Lachnospiraceae), e dall’ordine Bacteroidales inclusi Alistipes, Synergistaceae, Oxalobacter, Flavobacteriaceae e un genere non classificato di Coriobacteriaceae
- il microbiota del ventricolo non ha riportato taxa peculiari in base all’analisi LefSe
- il tratto del colon ha riportato la sovra-espressione del phylum Actinobacteria, di un genere non classificato di Lacnhospiraceae e di Helicobacter
Oltre l’analisi compositiva si è osservato che:
- il cieco ha registrato i valori di ricchezza maggiori seguito da ventricolo, colon, duodeno e gozzo; di contro, la variabilità è risultata la più scarsa
- tra le variabili esaminate, solo regione intestinale e la stagionalità sono risultate correlate alla ricchezza batterica
- gli indici di alpha-diversity hanno registrato valori simili tra tutte le regioni intestinali e indipendenti dalla stagione
Impatto della stagionalità
I ricercatori hanno poi considerato le variazioni di microbiota intestinale a seconda del momento di campionamento (estate vs inverno) con i seguenti risultati:
- la ricchezza batterica di gozzo, duodeno e cieco ha mostrato valori notevolmente superiori in estate rispetto all’inverno
- l’impatto stagionale è più ridotto nel ventricolo, duodeno e colon rispetto alle restanti regioni
- 109 generi hanno mostrato abbondanza differente tra le stagioni in almeno una porzione intestinale. Di questi, 28 dei generi batterici ambientali (recuperati da cibo, acqua, suolo) hanno registrato valori leggermente maggiori in estate, nel gozzo soprattutto; tra i generi batterici associati all’ospite invece, 36 hanno presentato maggiore espressione in estate, 38 in inverno
- quattro dei 36 generi “estivi” (Methanogranum, un gruppo vadinBB60 Clostridiales non classificato, Turicibactere, un non classificato Synergistaceae) e due dei 38 generi invernali (Olsenella e un non classificato Pasteurellaceae) sono risultati sovra-espressi in tutte e cinque le regioni intestinali
Questo studio offre una prima visione sulla complessità e dinamicità, finora poco esplorate, del microbiota intestinale di animali selvatici, in questo caso i galli della salvia. Il tratto intestinale e la stagionalità hanno dimostrato di influenzare pesantemente le caratteristiche della popolazione batterica.
Sulla base dei dati qui ottenuti, quindi, un semplice campione fecale non può essere ritenuto un valido metodo di indagine per lo studio del microbioma intestinale di animali e, a maggior ragione, anche dell’uomo.