Fibre alimentari e acidi grassi a catena corta potrebbero avere effetti non soltanto sulla salute intestinale, ma anche a livello della pelle. I vantaggi della somministrazione di prebiotici e postbiotici si sono infatti osservati in casi di dermatite atopica in termini di riduzione della gravità della patologia e, in generale, della sensitizzazione allergica.
Lo rivela uno studio condotto da Aurelien Trompette e colleghi dell’Università di Losanna (Svizzera) da poco pubblicato su Mucosal Immunology.
Allergie, una pandemia silenziosa
L’incidenza dei disordini cronici infiammatori autoimmuni e/o allergici sta progressivamente crescendo negli ultimi anni.
Le allergie in particolare colpiscono circa un terzo della popolazione mondiale con pesanti ripercussioni anche sul sistema sanitario ed economico.
Lo stile di vita e l’ambiente in cui viviamo oggi ha dimostrato di esserne in gran parte il responsabile. Tra tutte, la dermatite atopica, un’infiammazione cronica e ciclica della pelle, colpisce circa il 20% dei bambini entro un anno dalla nascita ed è spesso correlata all’insorgenza di altri disturbi allergici.
La pelle, l’epidermide in particolare, è la prima barriera che ci protegge da fattori esterni quali contaminanti, allergeni, microrganismi ecc.
I cheratinociti sono di fatto la componente cellulare maggiormente presente a livello dell’epidermide. Una loro alterata proliferazione e/o maturazione può quindi impattare sulla funzionalità della barriera stessa.
Gli acidi grassi a catena corta (SCFAs), metaboliti batterici derivati dalla fermentazione delle fibre alimentari, hanno invece dimostrato di modulare la risposta immunitaria e infiammatoria sia a livello locale sia a livello sistemico.
Bambini affetti da dermatite atopica o soggetti a fenomeni allergici hanno fatto registrare, d’altro canto, una scarsa produzione di SCFAs da parte del microbiota, di butirrato in particolare.
Da qui l’ipotesi di una correlazione tra la loro carenza e lo sviluppo della patologia a livello epiteliale.
Il ruolo degli acidi grassi a corta catena
Per verificarla, i ricercatori hanno messo a punto un modello animale che è andato a mimare le condizioni di dermatite atopica somministrando o meno supplemento di SCFAs e fibre (inulina, gruppo HFD) in seguito ad esposizione topica ad allergeni della polvere. Ecco quanto emerso.
Fibre prebiotiche e postbiotici sembrerebbero proteggere contro gli allergeni implicati nello sviluppo di dermatite atopica e, in generale, da una sensitizzazione generale. Infatti, il gruppo ad alto apporto di fibre (HFD) ha presentato:
- una malattia meno grave della controparte con, di contro, una maggiore integrità della barriera epiteliale provata da una minore perdita di acqua intra-dermica
- uno spessore epiteliale migliore
- una ridotta infiltrazione delle cellule immunitarie
Simili risultati in seguito al supplemento orale di SCFAs, con butirrato in particolare. Approfondendo quindi il ruolo del butirrato si è visto come possa influenzare positivamente il trascrittoma epiteliale in seguito a esposizione di allergeni moderando la cascata infiammatoria e di alterazione funzionale. Infatti, nel gruppo trattato con butirrato:
- immunità e funzionalità della barriera (cheratinizzazione ad esempio) hanno mostrato un arricchimento
- i mediatori pro-TH2, Il-33 e Il-4rα, i geni associati a TH17/TH22 S100a8 e Cxcl1, Il-20 (inducente iperplasia), e la citochina dell’immunità innata Il-1β, tutti geni implicati in AD pediatrica e adulta, hanno registrato una riduzione di espressione. Significativamente ridotta anche l’attività di anfiregulina (Areg), favorente il prurito
- di contro, semaforina 3D (Sema3d) ha mostrato un arricchimento come i geni coinvolti nella differenziazione dei cheratinociti quali involcrina (Ivl), loricrina (Lor), filaggrina (Flg), calmodulina (Clsp) e la sintesi di lipidi, esteri del colesterolo e ceramidi in particolare (ceramide sintasi 3 (Cers3), sfingomielinasi (Smpd1), β-1,3-galattosiltransferasi 2 (β3Galt2)).
Effetti del butirrato
Effetti nel breve termine del butirrato anche nella risposta immunitaria, seppur in maniera parziale e potenzialmente indiretta. Analizzando la composizione di cellule cutanee presentanti antigene (APC) a una settimana dall’esposizione agli allergeni infatti:
- PD-L2 (programmed death-ligand 2) ha registrato una diminuzione di espressione con, di conseguenza, una minore differenziazione di linfociti Th2 (precedentemente correlati a un’alterata funzionalità epiteliale). Tale influenza è venuta però a mancare con una somministrazione sistemica (non topica) di butirrato
- inalterati invece cellule dendritiche CD11b+ e derivati monociti Ly6cneg, il complesso maggiore di istocompatibilità 2 (MHCII)+ macrofagico, citochine IL-5
Più marcati sembrano invece essere i benefici nei confronti della funzionalità della barriera epiteliale. Una sua applicazione ha implicato infatti:
- un aumento nell’espressione di locrina, proteina che ricopre l’80% del proteoma dello strato corneo e positivamente associata al benessere della barriera, oltre che del suo stesso spessore
- un ripristino del contenuto lipidico, ceramidi soprattutto, altrimenti alterato in presenza di antigeni e/o patologia cutanea
- la promozione della differenziazione terminale dei cheratinociti
Volendo poi approfondire l’impatto del butirrato proprio sui cheratinociti, i ricercatori hanno condotto in vitro un trattamento con butirrato valutando gli eventuali cambiamenti morfologici e funzionali di cheratinociti (HEK) osservando:
- una minore confluenza e dimensione del rapporto nucleo/citoplasma, ridotto spazio intercellulare e la perdita della forma esagonale
- una riduzione nella produzione di RNA e proteine rispetto ai controlli senza butirrato
- di contro, tonofibrille, lisosomi o simil-lisosomi, mitocondri, tutti associati a differenziazione, sono risultati aumentati. Incrementata in parallelo infatti l’espressione di geni di differenziazione “precoce” quali Desmoglein-1 (DSG1), Keratin-1 (KRT1), KRT10, o “ritardata” come IVL, FLG,o CLSP.
La differenziazione può tuttavia essere il risultato di svariati processi. Nel caso del butirrato sembrerebbe essere la beta-ossidazione degli acidi grassi a livello mitocondriale. Ad essere coinvolti in particolare gli acidi grassi a catena lunga e molto lunga.
Conclusioni
Per riassumere quindi, il consumo di fibre alimentari sembrerebbe favorire la funzionalità della barriera epiteliale riducendo l’entrata di allergeni e la conseguente sensibilizzazione e sviluppo di vere e proprie patologie, dermatite atopica inclusa.
Ulteriori studi nell’uomo sono tuttavia necessari per confermare queste ipotesi oltre che per validarne i dosaggi.