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Encefalopatia epatica ricorrente e trapianto fecale nei pazienti con cirrosi

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Encefalopatia epatica ricorrente e trapianto fecale nei pazienti con cirrosi

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Il trapianto di microbiota fecale, se opportunamente selezionato, porta benefici nel ridurre l’ospedalizzazione oltre che nel migliorare i livelli cognitivi e la disbiosi intestinale di pazienti con cirrosi ed encefalopatia epatica ricorrente.

A dimostrarlo sono i risultati di uno studio pilota condotto da un gruppo di ricercatori americani e recentemente pubblicato in Hepatology.

L’encefalopatia epatica è una condizione clinica caratterizzata da una ridotta funzionalità cerebrale causata da un’incapacità del fegato nell’eliminare le sostanze tossiche in circolo.

Patologie che compromettono la corretta funzionalità del fegato, come ad esempio la cirrosi, sono dunque fattori determinanti per la sua comparsa iniziale e il suo ripresentarsi comportando, in alcuni casi, danni cerebrali irreversibili.

La pratica clinica corrente per il trattamento della encefalopatia epatica prevede la somministrazione combinata del prebiotico lattulosio e dell’antibiotico rifaximina.

Questo trattamento tuttavia, nonostante dia miglioramenti, non risulta del tutto efficace nell’evitare le ricadute e, a lungo andare, porta alla compromissione del corretto equilibrio del microbiota intestinale.

Jasmohan S. Bajaj e colleghi della Virginia Commonwealth University e del McGuire VA Medical Center hanno quindi verificato se e in che misura il trapianto di microbiota fecale potesse portare benefici più definitivi nel ripetersi di encefalopatia epatica in pazienti cirrotici.

Si è quindi comparato il profilo di sicurezza tra la pratica standard e il trapianto di microbiota andando a valutare gli eventuali eventi avversi approfondendo inoltre i cambiamenti cognitivi, metabolomici e di microbiota.

A questo proposito, sono stati arruolati un totale di 20 pazienti con cirrosi e dalle caratteristiche anagrafiche/sociali simili, 10 dei quali sono stati poi sottoposti a trapianto di microbiota (gruppo 1) mentre i restanti al trattamento standard (gruppo 2). I pazienti del primo gruppo hanno inoltre seguito un pre-trattamento antibiotico per facilitare la colonizzazione del nuovo microbiota, selezionato da un singolo donatore sano ed esprimente alti livelli di batteri produttori di SCFAs. Le analisi dei campioni fecali e di urina e i test, quali PHES (psychometric hepatic encephalopathy score) ed EncephalApp-Stroop, sono stati condotti al baseline e successivamente a 5, 6, 12, 20, 35 e 150 giorni dalla randomizzazione per entrambi i gruppi.

Encefalopatia epatica: trapianto fecale vs terapia standard

Tra i pazienti in trattamento standard si sono verificati 11 eventi avversi gravi, soprattutto legati a complicazioni epatiche, solo 2 nel gruppo sottoposto a trapianto fecale. Tra questi ultimi inoltre nessuno ha manifestato nuovamente encefalopatia epatica mentre 5 sono stati i casi nell’altro gruppo.

Per quanto riguarda le capacità cognitive, si è registrato un miglioramento solo negli individui sottoposti a trapianto fecale.

I parametri ematici quali la conta dei globuli bianchi, i livelli di ALT, AST, emoglobina e albumina sono invece rimasti stabili in entrambi i gruppi. A 35 giorni, l’indice MELD per la funzionalità epatica nei pazienti sottoposti a trapianto fecale, nonostante presentassero un quadro clinico iniziale peggiore dovuto al pre-trattamento con antibiotici, è ritornato ai valori di partenza dimostrando il potenziale ruolo di un buon microbiota nel determinare un miglioramento della funzionalità epatica.

Anche la biodiversità è risultata implementata in seguito a trapianto di microbiota, Lactobacillaceae e Bifidobacteriaceae in particolar modo, mentre nessun cambiamento significativo si è visto nell’altro gruppo.

Complessivamente si può dunque affermare come il trapianto di microbiota fecale si prospetti una valida alternativa terapeutica per pazienti soggetti a frequenti encefalopatie epatiche. Nonostante si tratti di uno studio preliminare ha infatti dimostrato come il trapianto abbia un buon profilo di sicurezza oltre che essere efficace nel ridurre le ricadute e nel migliorare le funzionalità cognitive.

Il ridotto numero di soggetti inclusi, il corto follow-up, l’uso di un gruppo di controllo in terapia standard e non ad esempio con trapianto fecale autologo, il pre-trattamento antibiotico solo per una parte dei pazienti sono tuttavia, a detta degli stessi ricercatori, fattori limitanti per lo studio.

Rimane dunque aperto il campo di studio per l’analisi più approfondita delle potenzialità che il trapianto di un appropriato microbiota fecale può riscontrare anche nel trattamento definitivo dell’encefalopatia epatica ricorrente in paziente cirrotici.

Silvia Radrezza
Laureata in Farmacia presso l’Univ. degli Studi di Ferrara, consegue un Master di 1° livello in Ricerca Clinica all’ Univ. degli Studi di Milano. Borsista all’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS dal 2017 al 2018, è ora post-doc presso Max Planck Institute of Molecular Cell Biology and Genetics a Dresda (Germania).

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