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Anemia: scoperto possibile ruolo del microbiota nella modulazione dei livelli di ferro

Secondo i risultati di un recente studio la disponibilità di ferro al livello enterico può rimodellare la composizione del microbiota intestinale in modo irreversibile.
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Anemia: scoperto possibile ruolo del microbiota nella modulazione dei livelli di ferro

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Stato dell'arte
Il ferro è essenziale per molti processi cellulari, incluso il trasporto dell’ossigeno e la protezione contro le specie reattive dell’ossigeno. Tuttavia, questo metallo può essere tossico se presente a livelli elevati, motivo per il quale la regolazione della sua concentrazione all’interno delle cellule è importante. Alcuni patogeni sono in grado di produrre molecole che catturano il ferro quando è presente a basse concentrazioni, mentre sono in grado di esportarlo se i livelli di ferro sono elevati. Non è però ancora stato dimostrato se questi fenomeni avvengono anche nei batteri commensali.
Cosa aggiunge questa ricerca
I ricercatori hanno esaminato gli effetti dell’integrazione di ferro in soggetti sani e hanno scoperto che questo metallo è in grado di causare piccoli cambiamenti nella composizione del microbiota, per esempio nei livelli di Lachnospiraceae, che sono risultati i batteri più sensibili alla supplementazione di ferro. Al contrario, la mancanza di ferro inibisce la crescita di molte specie commensali, determinando cambiamenti irreversibili nella diversità e nella composizione microbica. L’integrazione con eme ha impedito la riduzione dei livelli di alcune specie batteriche.
Conclusioni
I risultati fanno luce su come i livelli di ferro influenzano le comunità microbiche nell’intestino. Inoltre, i dati raccolti possono favorire futuri studi sui potenziali trattamenti per le persone con anemia.

In questo articolo

Il ferro è essenziale per molti processi cellulari, compreso il trasporto dell’ossigeno e la protezione contro le specie reattive dell’ossigeno, ma, se presente a livelli elevati, questo metallo può essere tossico. 

Di recente, un gruppo di ricercatori ha scoperto che la disponibilità di ferro al livello enterico può rimodellare la composizione del microbiota intestinale in modo irreversibile.

I risultati, pubblicati su Cell Chemical Biology, fanno luce su come i livelli di ferro influenzano le comunità microbiche nell’intestino. Inoltre, i dati raccolti possono favorire futuri studi sui potenziali trattamenti per le persone con anemia.

Livelli di ferro e batteri commensali

La regolazione della concentrazione di ferro all’interno delle cellule è importante per il normale funzionamento del corpo. 

Precedenti studi hanno dimostrato che gli agenti patogeni sono in grado di produrre molecole che catturano il ferro quando il metallo è presente a basse concentrazioni, mentre sono in grado di esportarlo se i livelli di ferro sono elevati. 

Non è però stato ancora dimostrato se questi fenomeni avvengono anche nei batteri commensali.

Per rispondere a questa domanda, Arianna Celis, David Relman e Kerwyn Casey Huang della Stanford University hanno esaminato gli effetti dell’integrazione di ferro in 20 persone sane

I partecipanti allo studio hanno fornito campioni di feci ogni giorno per una settimana prima, durante e dopo aver assunto un integratore di ferro per sette giorni.

Effetti del ferro sul microbiota intestinale

Dai dati raccolti è emerso che l’integrazione di ferro causa piccoli cambiamenti nella composizione del microbiota intestinale. Tuttavia, i cambiamenti variano tra i partecipanti,  alcuni dei quali sono più reattivi di altri alla supplementazione di ferro.

Per identificare i batteri più colpiti dall’integrazione di ferro, il team ha confrontato l’abbondanza di specifici microbi nei quattro partecipanti più reattivi. 

I batteri Lachnospiraceae sono risultati quelli che hanno subito le maggiori variazioni dopo l’integrazione di ferro. 

Durante la supplementazione, i batteri Escherichia/Shigella sono risultati meno abbondanti, mentre i livelli di Coprococcus e Bacteroides erano i più elevati. Risultati simili sono stati osservati nei microbi cresciuti in vitro.

«Questi dati indicano che la supplementazione di ferro ha effetti lievi, ma misurabili, sulla struttura della comunità microbica. 

Inoltre, i risultati suggeriscono la possibilità di utilizzare esperimenti in vitro per studiare la risposta dei microbi ai cambiamenti nei livelli di ferro», affermano gli autori.

Una carenza di ferro riduce Lachnospiraceae e Ruminococcaceae 

Successivamente, il team ha caratterizzato gli effetti della privazione di ferro sulle comunità microbiche cresciute in vitro. La mancanza di ferro ha inibito la crescita di molte specie commensali, determinando cambiamenti irreversibili nella diversità e nella composizione microbica. 

Ad esempio, in carenza di ferro l’abbondanza di Lachnospiraceae e Ruminococcaceae è diminuita di 10 volte, mentre quando la sua concentrazione è stata ripristinata, la loro abbondanza è tornata al 50%-60% dei livelli iniziali.

Dopo Lachnospiraceae e Ruminococcaceae, i batteri più sensibili alla privazione di ferro sono risultati Escherichia e Shigella

Tuttavia, l’abbondanza di queste specie microbiche è tornata ai livelli iniziali quando la concentrazione di ferro è stata ripristinata

La privazione di ferro ha avuto effetti anche sul genere Bacteroides, con le specie B. caccae, B. thetaiotamicron, B. nordii, B. salyersiae e B. fragilis/ovatus che sono risultate non rilevabili quando le concentrazioni di ferro sono state ridotte. 

Al contrario, i livelli di B. dorei/fragilis sono aumentati in assenza di ferro.

Infine, è stato osservato che l’integrazione con eme ha impedito la riduzione di alcune di queste specie batteriche.

Conclusioni

«Il nostro approccio, che combina esperimenti in vivo e in vitro, potrà essere applicato in futuro anche a studi sull’integrazione di ferro in soggetti anemici», concludono gli autori della ricerca.

Giorgia Guglielmi
Giorgia Guglielmi è una science writer freelance residente a Basilea, in Svizzera. Ha conseguito il dottorato in Biologia all’European Molecular Biology Laboratory e il Master in Science Writing al MIT.

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