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Antibiotico resistenza: il ruolo del microbiota intestinale delle persone ospedalizzate

L'antibiotico resistenza è un fenomeno diffuso nei pazienti ospedalizzati. Interventi di decontaminazione mirati risultano quindi necessari.
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Antibiotico resistenza: il ruolo del microbiota intestinale delle persone ospedalizzate

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Stato dell’arte
I batteri resistenti al gruppo di antibiotici carbapenemici, noti anche come enterobatteri produttori di carbapenemasi (CPE), si trovano sempre più spesso in ambito clinico. I CPE trasportano tipicamente molecole circolari di DNA chiamate plasmidi che contengono geni che conferiscono resistenza agli antibiotici carbapenemici. I CPE possono diffondersi da paziente a paziente negli ospedali, oppure, nello stesso paziente, possono trasferire i loro plasmidi di resistenza ai batteri fisiologicamente presenti nel microbiota intestinale. Tuttavia, deve essere ancora chiarito qual è il contributo di ciascuno di questi processi alla diffusione complessiva della resistenza ai carbapenemi negli ospedali.

Cosa aggiunge questo studio
In due anni, i ricercatori hanno analizzato i dati epidemiologici di oltre 9.000 pazienti e li hanno combinati con le informazioni sul genoma di 250 enterobatteri. I batteri portatori di plasmidi resistenti ai carbapenemi, come Klebsiella pneumoniae ed Escherichia coli, sono risultati spesso diffusi tra individui in specifici reparti ospedalieri. I ricercatori hanno anche trovato prove del trasferimento di plasmidi resistenti ai carbapenemi tra batteri all’interno dello stesso soggetto.

Conclusioni
I risultati potrebbero aiutare a sviluppare nuove strategie per controllare la diffusione di batteri resistenti ai carbapenemi all’interno degli ospedali.

I batteri resistenti agli antibiotici, che sono in grado di sopravvivere e persino di proliferare in presenza di un antibiotico, sono una delle maggiori minacce alla salute globale spesso definita antibiotico resistenza.

Una nuova ricerca mostra che la resistenza agli antibiotici è spesso diffusa tra i batteri presenti nell’intestino delle persone ospedalizzate.

I risultati, pubblicati su Nature Microbiology, potrebbero aiutare a sviluppare nuove strategie per controllare la diffusione della resistenza agli antibiotici all’interno degli ospedali.

Come si trasmette l’antibiotico resistenza

Gli enterobatteri produttori di carbapenemasi (CPE), batteri resistenti al gruppo di antibiotici carbapenemici, si trovano sempre più spesso in ambito clinico.

I CPE trasportano tipicamente molecole circolari di DNA chiamate plasmidi che contengono geni che conferiscono resistenza agli antibiotici carbapenemici.

A differenza del DNA cromosomico, che viene trasmesso solo alle cellule figlie, i plasmidi possono essere trasmessi tra batteri non correlati, conferendo ai microbi resistenza a uno o più antibiotici.

È già stato dimostrato che i CPE possono diffondersi da paziente a paziente negli ospedali, oppure possono trasferire i loro plasmidi di resistenza ai batteri fisiologicamente presenti nel microbiota intestinale dei pazienti. Tuttavia, deve essere ancora chiarito qual è il contributo di ciascuno di questi processi alla diffusione complessiva della resistenza ai carbapenemi negli ospedali.

Per identificare le vie di diffusione di un plasmide resistente ai carbapenemi in ambiente ospedaliero, Álvaro San Millán dell’Hospital Universitario Ramón y Cajal di Madrid e i suoi colleghi hanno analizzato i dati epidemiologici di oltre 9.000 pazienti per un periodo di due anni. Quindi, il team di studiosi ha combinato questi dati con le informazioni sulla sequenza del genoma di 250 enterobatteri.

Klebsiella pneumoniae ed Escherichia coli

Da marzo 2014 a marzo 2016 i ricercatori hanno raccolto più di 28.000 tamponi rettali da 9.275 pazienti e hanno isolato 171 ceppi di enterobatteri portatori di plasmidi resistenti ai carbapenemi da 105 pazienti.

Klebsiella pneumoniae è risultato il microbo che trasporta più frequentemente i plasmidi di resistenza. Tuttavia, il team di ricercatori ha rilevato plasmidi di resistenza in altre specie di enterobatteri, tra cui Escherichia coli.

In diversi individui che presentavano batteri con plasmidi resistenti ai carbapenemi, i ricercatori hanno osservato una co-colonizzazione del microbiota intestinale con più di una specie batterica che trasportava il plasmide. Ciò suggerisce che i plasmidi resistenti ai carbapenemi vengono trasferiti tra batteri all’interno dello stesso soggetto.

Le analisi genetiche dei plasmidi hanno confermato un intenso trasferimento tra batteri diversi all’interno dello stesso paziente.

Punti deboli del trasferimento delle resistenze

Successivamente, il team di ricercatori ha analizzato la diffusione dei ceppi portatori di resistenza di K. pneumoniae ed E. coli più frequenti in quattro reparti ospedalieri.

I ceppi di K. pneumoniae portatori di plasmidi resistenti ai carbapenemi sono stati trasmessi all’interno di ogni reparto e anche tra reparti diversi; in particolare, la neurochirurgia è risultata il reparto con la più alta frequenza di trasmissione dei ceppi resistenti.

Il reparto di neurochirurgia comprendeva 11 stanze con 20 posti letto e dei 16 pazienti colonizzati da ceppi resistenti ai carbapenemi di K. pneumoniae, 6 erano stati nella stessa stanza. Ciò suggerisce che la stanza ha agito come un punto debole per la colonizzazione e la trasmissione di K. pneumoniae.

Eventi di trasmissione di altri ceppi resistenti ai carbapenemi di K. pneumoniae sono stati riscontrati nei reparti di pneumologia e gastroenterologia, e tra i reparti di gastroenterologia e urologia. Allo stesso modo, sono stati identificati trasferimenti di un ceppo di E. coli resistente ai carbapenemi tra pazienti del reparto di gastroenterologia e tra i reparti di gastroenterologia e urologia.

Conclusioni

I risultati di questo studio potrebbero aiutare a progettare interventi per controllare la diffusione dei plasmidi resistenti ai carbapenemi sia tra i pazienti, rilevando i “punti deboli” di trasferimento, sia all’interno dei pazienti, eliminando i plasmidi dal microbiota intestinale dei pazienti attraverso una decontaminazione mirata.

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