Sono ormai migliaia gli studi che hanno dimostrato come la dieta possa influenzare la composizione e la funzione del microbiota intestinale, ma non è ancora chiaro se e come i cambiamenti nella dieta possano modificare, attraverso una seria di mutazioni genetiche, l’evoluzione dei batteri.
Per cercare di dare una risposta a questa domanda, un gruppo di ricercatori ha condotto uno studio innovativo grazie al quale ha scoperto che i microbi intestinali si evolvono e si adattano in risposta alla dieta, con potenziali effetti sulla salute dell’ospite.
I risultati, pubblicati su Cell Host & Microbe, suggeriscono in particolare che la diversità genetica di membri specifici del microbiota intestinale potrebbe essere utilizzata come biomarcatore per monitorare le differenze dietetiche tra gli individui.
Diete squilibrate, non solo disbiosi…
«Una dieta squilibrata può causare effetti a lungo termine in quanto non influisce solo sulla composizione del microbiota, ma porta anche ad alterazioni genetiche permanenti nei microbi intestinali», afferma l’autrice senior dello studio Karina Xavier dell’Instituto Gulbenkian de Ciencia di Oeiras, in Portogallo .
Per studiare gli effetti dei cambiamenti nella dieta sull’evoluzione dei batteri intestinali, Karina Xavier e i suoi colleghi hanno seguito l’evoluzione genetica di un microbo intestinale, molto comune in topi, sottoposti a regimi dietetici diversi.
Mutazioni indotte dalla dieta
I topi, suddivisi in due gruppi, sono stati nutriti con una dieta ricca di fibre vegetali e povera di grassi e zuccheri, oppure con una dieta in stile occidentale ricca di grassi e zuccheri ma povera di fibre.
I ricercatori hanno quindi osservato lo sviluppo di eventuali mutazioni nel genoma di Bacteroides thetaiotaomicron, o B. theta, un microbo intestinale comune che ha bisogno delle fibre vegetali per svolgere le sue funzioni.
Il team ha scoperto che B. theta accumula mutazioni indotte dalla dieta in appena due settimane. E mentre i batteri presenti nei topi nutriti con una dieta standard acquisiscono mutazioni che promuovono la degradazione delle fibre, nei roditori alimentati con una dieta tipicamente occidentale i batteri sviluppano mutazioni che favoriscono la degradazione dello strato di muco.
Questi risultati indicano che i microbi si evolvono e si adattano ad ambienti intestinali distinti generati dai cambiamenti nella dieta.
«I nostri dati supportano l’ipotesi che la dieta possa indurre firme genetiche specifiche in B. theta e che la diversità mutazionale intraspecie possa essere un potente biomarcatore delle differenze dietetiche tra gli individui» affermano i ricercatori.
Bacteroides thetaiotaomicron e diete alternate
Successivamente, i ricercatori hanno modificato settimanalmente la dieta dei topi, alternando quella standard e quella occidentale.
Sono state così osservate fluttuazioni nel profilo genetico e metabolico del batterio, con conseguente maggiore diversità genetica rispetto ai microbi sottoposti a regimi dietetici costanti.
Questi risultati suggeriscono che variazioni periodiche nella dieta possono essere importanti per evitare la presenza di mutazioni specifiche che diventano permanenti e per mantenere un’elevata diversità genetica nel microbiota.
«In linea di principio, si potrebbero utilizzare integratori alimentari per manipolare la diversità genetica all’interno delle specie», aggiungono i ricercatori.
Conclusioni
Nel complesso, i risultati evidenziano l’importanza di considerare il ruolo dell’evoluzione del microbiota nel plasmare le sue funzioni.
Tali informazioni potrebbero aiutare a comprendere i cambiamenti del microbiota in risposta alla dieta e ad altri fattori, come per esempio l’uso di antibiotici.