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Farmaci antireflusso: alterazioni del microbiota intestinale causano malassorbimento di magnesio

Alterazioni batteri intestinali dovute a farmaci antireflusso o carenza di magnesio sono un rischio per il malassorbimento di quest'ultimo.
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Farmaci antireflusso: alterazioni del microbiota intestinale causano malassorbimento di magnesio

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Stato dell’arte
Gli inibitori di pompa protonica (IPP) sono la terapia d’elezione per il reflusso gastro-esofageo. Il loro uso prolungato causa però alcuni disturbi, tra cui l’ipomagnesemia con scompensi elettrolitici e ossei. In che modo questo avvenga è ancora poco chiaro.

Cosa aggiunge questo studio
Scopo dello studio è stato quello di determinare l’eventuale coinvolgimento del microbioma intestinale nell’ipomagnesemia indotta da omeprazolo in vivo.

Conclusioni
Sia il trattamento con omeprazolo sia un ridotto apporto di magnesio con la dieta alterano il microbioma intestinale, favorendo la condizione di ipomagnesemia. Ciò conferma dunque il ruolo della componente batterica nell’assorbimento di Mg2+ nel colon.


Alterazioni del microbioma intestinale indotte da inibitori di pompa protonica (IPP) e/o da una dieta povera di magnesio possono rappresentare un rischio per il malassorbimento intestinale di magnesio.

Lo dimostra lo studio di Lisanne M.M. Gommers e colleghi della Radboud University (Olanda), recentemente pubblicato su The FASEB Journal.

Le problematiche gastrointestinali sono in aumento e, con esse, l’utilizzo di farmaci per la loro cura e/o gestione. Tra questi troviamo gli inibitori di pompa protonica, in prima linea per i casi di reflusso. Il loro uso prolungato comporta però altri disturbi, come ad esempio l’ipomagnesemia (Mg2+ sierico ≤ 0,7mM) con conseguente comparsa di crampi o aritmie per squilibrio elettrolitico. Come questo avvenga è però ancora poco chiaro, nonostante sia stato ipotizzato un malassorbimento a livello intestinale.

A tal proposito, relativamente recente è la scoperta di come questa tipologia di farmaci influenzi la componente batterica intestinale. Il microbioma potrebbe quindi essere implicato anche nell’ipomagnesemia. Confermare questa ipotesi è stato dunque lo scopo di questo studio, condotto su quattro gruppi di modelli murini (n=12 per gruppo) trattati quotidianamente per 4 settimane con omeprazolo (20 mg/kg) o placebo e alimentati con dieta a normale (0,22% p/p) o ridotto (0,05% p/p) contenuto di magnesio. All’analisi del microbioma fecale è seguita la valutazione degli acidi organici, indici del metabolismo batterico e quindi della buona salute del microbioma, e dell’istologia del tessuto intestinale.

Di seguito i risultati.

I ricercatori non hanno riscontrato differenze significative nel peso e nell’introito di cibo, mentre il trattamento con omeprazolo, oltre a diminuire efficacemente l’acidità dello stomaco, ha dimostrato di ridurre anche i livelli sierici di Mg2+ nel gruppo alimentato con dieta scarsa di magnesio. Infatti:

  • in caso di dieta a basso contenuto di magnesio il gruppo trattato con omeprazolo ha mostrato valori di Mg2+ pari a 1,05±0,05, quello con placebo pari a 1,20±0,05 (p=0,03)
  • a 24 ore,  i livelli di escrezione fecale e urinaria di Mg2+ non hanno mostrato alterazioni correlate all’omeprazolo nei gruppi alimentati con valori normali di Mg2+. Sono invece risultati diminuiti nei gruppi con dieta povera di magnesio indipendentemente dall’approccio terapeutico (omeprazolo o placebo).

Di contro, omeprazolo ha dimostrato di non alterare i livelli sierici e di escrezione fecale e urinaria di calcio, potassio e sodio, né l’introito di acqua.

La riduzione del Mg2+ sierico indotta dal farmaco non è però da ricondurre a una modulazione negativa dei geni coinvolti nel suo trasporto cellulare a livello di colon e reni. L’espressione dei trasportatori di Mg2+ (Trpm6, Trpm7) è infatti risultata comparabile tra i gruppi trattati con omeprazolo o placebo. L’espressione renale di Trpm6 è invece incrementata nel gruppo placebo e dieta a scarso contenuto di magnesio rispetto al gruppo placebo alimentato con una dieta normale (1,0 ± 0,1 vs 1,4 ± 0,01, p=0,007).

L’attenzione dei ricercatori si è quindi spostata sulla componente batterica: Allobaculum (54,9%), Bifidobacterium (6,8%), Adlercreutzia (3,6%), Akkermansia (1,7%), Oscillospira (1,2%), Desulfovibrio (1,1%) e Lactobacillus (1,1%) sono risultati i generi più abbondanti all’inizio dello studio su un totale medio di 1893±611 OTUs per campione.

Il trattamento con omeprazolo ha dimostrato di alterare la composizione del microbioma, riducendone la biodiversità, anche se in maniera indipendente dall’introito dietetico di magnesio. In particolare:

  • in caso di dieta con  scarso apporto di Mg2+, il gruppo trattato con omeprazolo ha dimostrato un incremento significativo (pari a 10 volte) di Bifidobacterium rispetto al gruppo placebo
  • è stato osservato un aumento apprezzabile, seppur minore, anche di Lactobacillus, indipendentemente dall’apporto di Mg2+.

È stato inoltre valutato il profilo metabolico associato alla struttura del microbioma, considerando in particolare le concentrazioni locali di acidi organici (acetato, propionato, butirrato, formiato e succinato) prodotti dall’attività batterica fisiologica. I ricercatori hanno osservato che:

  • l’omeprazolo non altera i livelli di acetato, propionato, butirrato, formiato e succinato nel colon
  • di contro, le concentrazioni di formiato sono risultate significativamente aumentate nei gruppi a scarso apporto di magnesio indipendentemente dall’approccio terapeutico
  • formiato e succinato sono risultati tra gli acidi organici i fattori discriminanti tra i gruppi sperimentali, nonostante il succinato abbia dimostrato una concentrazione relativa più bassa rispetto agi altri metaboliti.

Modifiche nella composizione batterica e nei livelli di acidi organici indotte da omeprazolo e/o da un ridotto introito di magnesio non hanno tuttavia prodotto alterazioni istologiche intestinali.

In conclusione, dunque, il trattamento con omeprazolo ha indotto un’alterazione nella composizione del microbioma diminuendone la biodiversità. Impatto batterico, seppur minore e più spostato verso la funzionalità metabolica, è stato dimostrato anche da uno scarso apporto dietetico di magnesio. Ulteriori studi metagenomici e metabolomici sono tuttavia necessari al fine di comprendere meglio i meccanismi che stanno alla base dell’ipomagnesemia batterio-mediata.

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