Il glifosato altera il microbiota: metà dei batteri intestinali sensibili al diserbante

Il glifosato, nonostante sia stato dichiarato sicuro per l'uomo, sembrerebbe alterare la composizione del microbioma intestinale.
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Il glifosato altera il microbiota: metà dei batteri intestinali sensibili al diserbante

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Stato dell’arte
Il glifosato è l’erbicida ad ampio raggio più comune. Nonostante sia considerato sicuro per l’uomo, visto che manca del target d’azione del diserbante, può essere ugualmente innocuo per i microrganismi commensali?

Cosa aggiunge questo studio
In questo studio è stato introdotto per la prima volta un metodo bioinformatico basato sull’espressione dell’enzima target EPSPS per verificare la potenziale sensitività di un organismo al glifosato. Il modello è stato quindi validato su ceppi comunemente presenti nel nostro microbioma.

Conclusioni
Sulla base del modello qui testato, il 54% delle specie presenti nel microbiota intestinale umano sono sensibili al glifosato.


Glifosato, comune erbicida altamente efficace non solo contro le erbacce ma, a quanto sembra, anche contro i nostri microrganismi commensali. Il 54% del microbiota umano ne è risultato infatti sensibile.

Lo sottolinea lo studio di Lyydia Lein e colleghi dell’Università di Turku (Finlandia), di recente pubblicazione su Journal of Hazardous Materials.

Glifosato, erbicida al centro di forti discussioni

Il glifosato, dopo un’accesa battaglia anche mediatica, è stato dichiarato sicuro per l’uomo e, in generale per i vertebrati, data la mancanza in questi organismi del suo target d’azione ossia l’enzima 5-enolpyruvylshikimate-3-phosphate sintetasi (EPSPS).

Ancora preliminari sono invece i dati riguardo un suo possibile impatto sui microrganismi commensali. Secondo Motta et al. (2018), il glifosato sembrerebbe infatti alterare la composizione del microbiota intestinale. Inoltre, altri studi hanno evidenziato una possibile correlazione tra questo erbicida e l’antibiotico resistenza.

Per approfondire meglio il rapporto glifosato-microbiota, i ricercatori hanno quindi sviluppato un metodo bioinformatico per predire la sensibilità/resistenza dei microrganismi sulla base del tipo di enzima EPSPS espresso, dopo averne fatto una completa classificazione delle varianti (centinaia di specie batteriche testate) e possibili target d’azione. Vediamo dunque i passaggi e risultati principali.

Effetti sui batteri intestinali

Le varianti enzimatiche di EPSPS sono state classificate in quattro gruppi sulla base della loro sensitività all’erbicida per un totale di 50mila.

Al primo gruppo appartengono quindi le forme più soggette all’azione del glifosato, al secondo quelle con media resistenza, al terzo e quarto quelli resistenti (<5% delle sequenze).

Un’abbondante quota di varianti EPSPS, nei procarioti soprattutto, rimane però da classificare non rispondendo alle caratteristiche dei quattro gruppi principali individuati.

Associando poi questi gruppi ai microorganismi:

  • nei procarioti, la maggior parte ha presentato enzimi di classe 1, quindi sensibili al glifosato (82% archea, 57% batteri) con solo una minima parte di classe 3 (il 2% e 32% in archea e batteri rispettivamente)
  • anche negli eucarioti la maggior parte dei target appartiene al primo gruppo. Nonostante molte specie rimangano ancora non classificate quelle potenzialmente resistenti sembrerebbero essere molto poche
  • analisi filogenetiche dimostrano come il dominio EPSPS non forma alcun gruppo monofiletico (discendenti da un antenato comune) in batteri, archeae e la maggior parte degli eucarioti (funghi, viridiplantae, stramenopili e rodofiti)
  • il 92% degli archeae e l’88% dei batteri hanno mostrato almeno una copia di EPSPS. Tra i batteri, la sua espressione è però meno frequente tra i Mollicutes (solo nel 10%) e Thermotoga (nel 57%)

Andando poi a studiare meglio la conformazione di EPSPS:

  • un dominio è formato da circa 450 amminoacidi andando a formare 62 strutture diverse
  • alcune specie, funghi per esempio, contengono più di un dominio per EPSPS. Altre, esprimono inoltre domini-associati coinvolti nelle modificazioni di DNA, espressione genica e altre attività enzimatiche

Le sequenze EPSPS di 890 ceppi appartenenti a 101 specie batteriche comuni del microbioma intestinale umano sono quindi state valutate in termini di resistenza al glifosato.

  • il 54,46% delle specie hanno EPSPS di gruppo 1 quindi potenzialmente sensibili
  • considerando come il core microbico umano contenga 75 specie, il 12-26% di queste è soggetto all’azione dell’erbicida. Il 28,71% del core è però rientrato nel gruppo 2 o 3, il 15,48% in quello non classificato
  • tra i ceppi del core in particolare, Dorea formicigenerans, Clostridium sp. SS2–1, Eubacterium hallii, Coprococcus hanno mostrato buona resistenza; Faecalibacterium prausnitzii SL3–3, Bacteroides vulgatus ATCC 8482, Bacteroides uniformis e Bacteroides sp.9 1 42FAA invece sensibilità
  • a livello di genere, tra i sensibili troviamo Actinomyces, Anaerofustis, Anaerotruncus, Catenibacterium, Citrobacter, Collinsella, Desulfovibrio, Enterobacter, Escherichia, Faecalibacterium, Holdemania, Methanobrevibacter, Mollicutes, Parabacteroides, Prevotella, Subdoligranulum, Bacteroides, Bifidobacterium, Clostridium, Eubacterium, Fusobacterium, Providencia, e Ruminococcus
  • elevata variabilità in termini di resistenza però tra ceppi dello stesso genere. Mentre Ruminococcus bromii è risultato sensibile, R. gnavus si è invece dimostrato mediamente resistente

Conclusioni

Una buona percentuale di batteri, ma anche altri microrganismi, ha dimostrato di essere sensibili al glifosato.

Ciò si traduce in una potenziale e dannosa alterazione del microbioma con le relative problematiche di salute per l’ospite.

Ridotta sembra essere infatti la diversità batterica e variata la composizione. Un peggioramento del quadro in seguito a un’esposizione nel lungo termine non è però da escludere con, ad esempio, una proliferazione incontrollata di specie resistenti e aumento di disbiosi.

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