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Malattie epatiche: test del microbiota potrebbe facilitare la diagnosi precoce

Uno studio su Cell Metabolism ha identificato una firma microbica intestinale in grado di individuare precocemente la cirrosi epatica.
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Malattie epatiche: test del microbiota potrebbe facilitare la diagnosi precoce

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Stato dell’arte
Alterazioni del microbiota intestinale sono state associate alla progressione della steatosi epatica non alcolica (NAFLD) a fibrosi e cirrosi, causate dalla cicatrizzazione irreversibile del fegato che può portare allo sviluppo di tumore epatico (epatocarcinoma) e insufficienza epatica. Rimane da chiarire se la firma microbica possa essere utilizzata per diagnosticare la cirrosi.

Cosa aggiunge questo studio
Confrontando il microbiota intestinale di 163 persone affetti da patologie epatiche, i ricercatori hanno individuato una firma microbica specifica, che potrebbe agevolare la diagnosi di NAFLD. Inoltre, questa firma microbica è risultata altrettanto accurata nel diagnosticare la cirrosi in pazienti cinesi e italiani, nei quali l’eziopatogenesi è in genere differente.

Conclusioni
I risultati suggeriscono che il microbiota intestinale potrebbero essere utilizzato come marker diagnostico per rilevare la presenza di NAFLD, fibrosi epatica e cirrosi.


La cirrosi è un’epatopatia cronica, può portare allo sviluppo di cancro al fegato (epatocarcinoma) e insufficienza epatica: attualmente non abbiamo a disposizione strumenti diagnostici economici e non invasivi per individuarla e riconoscerla. Di recente, un gruppo di ricercatori ha scoperto che i microbi intestinali potrebbero aiutare a diagnosticare questa condizione. Lo studio, pubblicato su Cell Metabolism, ha identificato una firma microbica in grado di individuare la cirrosi in persone con background genetico e provenienza geografica differente.

Microbiota intestinale nella diagnosi precoce di patologie al fegato

«I risultati ottenuti indicano la possibilità di sviluppare un accurato test non invasivo basato sul microbioma delle feci per identificare i pazienti a maggior rischio di cirrosi», afferma l’autore senior dello studio, Rohit Loomba, della University of California a San Diego. «Mettere a punto uno strumento diagnostico diagnostico di questo tipo è necessario e urgente».

Le alterazioni del microbiota intestinale sono state associate alla progressione della steatosi epatica non alcolica (NAFLD) alla fibrosi epatica e alla cirrosi.

Per valutare se le firme microbiche possono essere utili per diagnosticare la cirrosi, Rohit Loomba e i suoi colleghi hanno analizzato il microbiota intestinale di 163 persone, inclusi individui con cirrosi e NAFLD, loro parenti stretti e individui sani.

Firma microbica di NAFLD e cirrosi

I ricercatori hanno rilevato importanti differenze nella comunità microbica intestinale tra individui con cirrosi/NAFLD e persone sane. Per esempio, i primi hanno mostrato un aumento dei batteri Negativicutes e una riduzione dei Clostridia.

Il team di ricercatori ha quindi sviluppato un algoritmo di apprendimento automatico per scoprire una firma microbica specifica per questa patologia basata su 19 specie batteriche presenti nei campioni di feci di pazienti con cirrosi/NAFLD.

La firma microbica è risultata caratterizzata da una maggiore abbondanza di Veillonella parvula, Veillonella atypica, Ruminococcus gnavus, Clostridium bolteae e Acidaminococcus sp. D21 e da una riduzione dei livelli di Eubacterium eligens, Eubacterium rectale e Faecalibacterium prausnitzii.

Diagnosi di cirrosi epatica

Se combinata con l’età, la firma microbica individuata consente di diagnosticare con precisione la cirrosi, determinandone anche lo stadio.

Inoltre, questa firma microbica è risultata altrettanto accurata nel diagnosticare la cirrosi in individui sia cinesi sia italiani, nei quali le cause di questa patologia, tra cui danni al fegato indotti da virus e alcol, sono diverse.

«Anche se i risultati dovranno essere confermati su un maggior numero di pazienti, lo studio mostra che il test del microbiota intestinale potrebbe essere universalmente utilizzato come strumento diagnostico non invasivo per la cirrosi» concludono gli autori dello studio.

Traduzione dall’inglese a cura della redazione

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