Un gruppo di ricercatori ha sviluppato una nuova strategia terapeutica che potrebbe migliorare la somministrazione di trattamenti per contrastare le malattie infiammatorie intestinali (IBD).
L’approccio, illustrato in un articolo pubblicato sulla rivista Science Advances, fornisce una piattaforma universale per la progettazione di nanofarmaci da assumere per via orale.
Diversi studi hanno suggerito che lo stress ossidativo e le alterazioni del microbiota intestinale possono scatenare le IBD.
Uno degli approcci terapeutici prevede la somministrazione di piccoli frammenti di RNA chiamati small interfering RNA, o siRNA, che inibiscono l’espressione di alcuni geni che codificano per proteine infiammatorie come il TNF-α.
Ma l’attuale metodo di somministrazione degli siRNA non garantisce che raggiungano il colon.
«La somministrazione orale è una via comoda, sicura e allettante per il trattamento delle IBD», affermano i ricercatori. «Tuttavia, la diarrea indotta da IBD può portare a una rapida eliminazione del farmaco».
Huan He della Southwest Jiaotong University di Chengdu, in Cina, e i suoi colleghi hanno quindi deciso di sviluppare un approccio che renda la somministrazione orale di TNF-α-siRNA un’opzione più efficace contro le IBD.
TNF-α-siRNA e polifenolo
In primo luogo, i ricercatori hanno combinato il TNF-α-siRNA con il polifenolo, un metabolita vegetale con proprietà prebiotiche, antiossidanti e antinfiammatorie.
Quindi, hanno incapsulato gli siRNA in un guscio multistrato costituito da chitosano e acido tannico, che possono resistere all’ambiente ostile del tratto gastrointestinale.
Dai dati ottenuti è emerso che le cellule cresciute in vitro sono state in grado di assorbire il nanofarmaco, che ha ridotto l’infiammazione inibendo le cellule immunitarie infiammatorie e attivando quelle antinfiammatorie.
In ambienti che simulano il colon, la spessa “armatura” di chitosano e acido tannico ha impedito la degradazione del nanofarmaco e ne ha prolungato il retention time.
Conclusioni
Quando è stato testato su topi con IBD, il nanofarmaco ha favorito la riparazione dei tessuti e ha ridotto l’infiammazione, oltre a promuovere la crescita di batteri intestinali benefici e a diminuire l’espressione del neurotrasmettitore GABA, suggerendo che il nanofarmaco potrebbe influenzare l’asse intestino-cervello.
In effetti, i topi trattati hanno anche mostrato meno sintomi di ansia e depressione, nonché un miglioramento dell’apprendimento e della memoria nei test comportamentali.
«Il nanofarmaco ha dunque alleviato la colite e migliorato i disturbi dell’umore e i disturbi cognitivi indotti da IBD», concludono gli autori dello studio.