Alcuni batteri intestinali possono migrare attraverso la barriera intestinale e favorire lo sviluppo di condizioni infiammatorie croniche, ma non è ancora del tutto chiaro in che modo batteri potenzialmente dannosi possano popolare l’intestino umano senza apparenti conseguenze negative per la salute dell’ospite.
Un recente studio, pubblicato su Nature, mostra che i batteri intestinali possono diventare dannosi nel tempo acquisendo la capacità di traslocare dall’intestino e colonizzare altri organi, dove possono innescare uno stato di infiammazione cronica.
Capire come evolvono i batteri intestinali all’interno del loro ospite potrebbe quindi aiutare a sviluppare nuovi interventi terapeutici per ridurre il rischio di malattie correlate al microbiota.
Patobionti, i Giano bifronte dell’intestino
«Si ritiene che i commensali intestinali con potenziale patogeno, indicati con il termine di patobionti, abbiano un ruolo causale in una vasta gamma di patologie associate a uno stato di infiammazione, dalle malattie infiammatorie intestinali alla sindrome metabolica», affermano i ricercatori.
«Tuttavia, è possibile rilevare la presenza di microrganismi patogeni anche in individui apparentemente sani».
I ricercatori hanno ipotizzato che l’evoluzione all’interno dell’ospite, un fenomeno attraverso il quale i batteri intestinali si adattano ed evolvono, nel tempo possa rendere questi microbi dannosi.
Per testare questa ipotesi, un team di ricercatori guidato da Noah Palm della Yale University School of Medicine ha introdotto il patobionte Enterococcus gallinarum in topi germ-free.
Traslocazione batterica e leaky gut
Alcuni studi hanno dimostrato che E. gallinarum si trova in oltre il 6% dei microbioti intestinali umani e che la sua traslocazione ai linfonodi e al fegato potrebbe accelerare lo sviluppo di malattie autoimmuni.
Inoltre, E. gallinarum è stato rilevato anche in biopsie epatiche di persone con malattie autoimmuni.
I ricercatori hanno scoperto che nel tempo E. gallinarum si differenzia in due popolazioni distinte: una che si comporta come il ceppo ancestrale e un’altra che acquisisce la capacità di uscire dall’intestino e colonizzare il fegato.
Mutazioni nei geni walK e manX sono state rilevate nella popolazione batterica che si comporta come il ceppo ancestrale, mentre le mutazioni nei geni manY, lacE, ypdA e immR sono risultate più comuni nella popolazione batterica che trasloca nel fegato.
Alcuni di questi geni regolano ampi programmi trascrizionali che possono influenzare molteplici caratteristiche del comportamento batterico.
Enterococcus gallinarum “spegne” il sistema immunitario
Rispetto al ceppo ancestrale, la popolazione batterica che ha colonizzato il fegato dei topi è stata in grado di eludere temporaneamente il sistema immunitario.
Questi batteri sono infatti risultati maggiormente resistenti ai peptidi antimicrobici prodotti dall’ospite e alla fagocitosi dei macrofagi.
Ulteriori esperimenti hanno rivelato che questi batteri innescano uno stato infiammatorio e aggravano i sintomi delle patologie autoimmuni.
I ricercatori hanno osservato modelli simili di evoluzione divergente e aumento dell’evasione immunitaria in ceppi di Lactobacillus reuteri, anche in questo caso dopo averli introdotti in topi germ-free.
Tuttavia, dai dati ottenuti è emerso che Bacillus fragilis non è in grado di colonizzare il fegato dei topi.
Conclusioni
«I nostri risultati dimostrano che l’evoluzione all’interno dell’ospite di un patobionte intestinale può facilitare la traslocazione batterica, suggerendo quindi l’esistenza di una fonte microbica di stocasticità precedentemente non descritta nello sviluppo e nella progressione di diverse patologie correlate al microbiota», confermano i ricercatori.