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Colonizzazione batterica dell’utero: esiste davvero un microbioma prenatale?

Ci sarebbe una colonizzazione batterica coinvolta nello sviluppo immunitario del neonato. A fare il punto è un commentario su Nature Microbiome.
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Colonizzazione batterica dell’utero: esiste davvero un microbioma prenatale?

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Stato dell'arte
La colonizzazione batterica inizia ancora prima della nascita. La recente scoperta della non-sterilità dell’ambiente uterino associata alla difficoltà di prelevare campioni, rende questo campo di ricerca estremamente innovativo.
Cosa aggiunge questa ricerca
Scopo dello studio è stato quello di riassumere le evidenze disponibili riguardo il microbioma durante il periodo fetale e le sue implicazioni nella salute del nascituro.
Conclusioni
La colonizzazione batterica inizia nel periodo fetale nonostante siano pochi e scarsi i ceppi presenti. Da ciò potrebbe comunque dipendere lo sviluppo immunitario del nascituro. Ulteriori ricerche sono tuttavia necessarie.

In questo articolo

L’analisi del contenuto intestinale nel periodo intrauterino sembrerebbe dimostrare una colonizzazione batterica che, seppur limitata, potrebbe essere coinvolta nello sviluppo immunitario del nascituro. Gli interrogativi a riguardo sono però ancora molti.

A far brevemente il punto della situazione sono Maria C. Collado (National Research Council, Valencia, Spagna) e Nicola Segata (Università di Trento, Italia) in un commentario pubblicato in questi giorni su Nature Microbiome.

Il microbioma nell’utero

Nello stabilire una corretta interazione tra microbioma e ospite, il periodo neonatale è fondamentale soprattutto per quanto riguarda lo sviluppo del sistema immunitario.

Nonostante siano molti gli studi focalizzati sulle caratteristiche e i meccanismi della colonizzazione batterica durante e poco dopo la nascita, poco si sa di ciò che avviene durante il periodo intrauterino considerando soprattutto la difficoltà nella raccolta e nell’analisi dei campioni senza compromettere la salute del nascituro.

Rackaityte et al., pioniere in questo campo, analizzando il contenuto intestinale di feti poco prima della nascita ha trovato DNA batterico in 40 su 50 campioni.

Tre sono i profili batterici identificati dominati rispettivamente da Micrococcus (n=9), Lactobacillus (n=6) o da Lactobacillus e Micrococcaceae come Bacteroides, Bifidobacterium e Prevotella (n=25).

Un ruolo nel sistema immunitario?

I differenti profili batterici sono poi stati correlati ad altrettanto diversi pattern immunitari, linfociti T in particolare. Confrontando poi questi campioni con quelli prelevati subito dopo la nascita (meconio) è stato possibile identificare e isolare Micrococcus luteus come ceppo particolarmente espresso nei primi ma scarso nei secondi.

Tra le azioni ipotizzate sulla base di test in vitro quella di sostegno immunitario. Mimando le condizioni intrauterine infatti, i ricercatori hanno dimostrato come M. luteus sia in grado di proliferare e persistere all’interno dei fagociti.

Gli effetti a medio-lungo termine di una eventuale colonizzazione durante il periodo fetale, rimangono tuttavia da capire considerando soprattutto come in alcuni casi l’influenza immunitaria del microbioma avvenga anche in assenza di un vero e proprio insediamento batterico.

A ciò si aggiunge la mancanza di informazioni riguardo la persistenza dei ceppi batterici colonizzanti durante il periodo intrauterino, la loro esatta funzione, come e quando l’intestino del nascituro gestisce la loro presenza.

L’implicazione biologica della colonizzazione batterica intrauterina riserva dunque ancora molte domande in attesa di una risposta.

Silvia Radrezza
Laureata in Farmacia presso l’Univ. degli Studi di Ferrara, consegue un Master di 1° livello in Ricerca Clinica all’ Univ. degli Studi di Milano. Borsista all’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS dal 2017 al 2018, è ora post-doc presso Max Planck Institute of Molecular Cell Biology and Genetics a Dresda (Germania).

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