L’analisi del contenuto intestinale nel periodo intrauterino sembrerebbe dimostrare una colonizzazione batterica che, seppur limitata, potrebbe essere coinvolta nello sviluppo immunitario del nascituro. Gli interrogativi a riguardo sono però ancora molti.
A far brevemente il punto della situazione sono Maria C. Collado (National Research Council, Valencia, Spagna) e Nicola Segata (Università di Trento, Italia) in un commentario pubblicato in questi giorni su Nature Microbiome.
Il microbioma nell’utero
Nello stabilire una corretta interazione tra microbioma e ospite, il periodo neonatale è fondamentale soprattutto per quanto riguarda lo sviluppo del sistema immunitario.
Nonostante siano molti gli studi focalizzati sulle caratteristiche e i meccanismi della colonizzazione batterica durante e poco dopo la nascita, poco si sa di ciò che avviene durante il periodo intrauterino considerando soprattutto la difficoltà nella raccolta e nell’analisi dei campioni senza compromettere la salute del nascituro.
Rackaityte et al., pioniere in questo campo, analizzando il contenuto intestinale di feti poco prima della nascita ha trovato DNA batterico in 40 su 50 campioni.
Tre sono i profili batterici identificati dominati rispettivamente da Micrococcus (n=9), Lactobacillus (n=6) o da Lactobacillus e Micrococcaceae come Bacteroides, Bifidobacterium e Prevotella (n=25).
Un ruolo nel sistema immunitario?
I differenti profili batterici sono poi stati correlati ad altrettanto diversi pattern immunitari, linfociti T in particolare. Confrontando poi questi campioni con quelli prelevati subito dopo la nascita (meconio) è stato possibile identificare e isolare Micrococcus luteus come ceppo particolarmente espresso nei primi ma scarso nei secondi.
Tra le azioni ipotizzate sulla base di test in vitro quella di sostegno immunitario. Mimando le condizioni intrauterine infatti, i ricercatori hanno dimostrato come M. luteus sia in grado di proliferare e persistere all’interno dei fagociti.
Gli effetti a medio-lungo termine di una eventuale colonizzazione durante il periodo fetale, rimangono tuttavia da capire considerando soprattutto come in alcuni casi l’influenza immunitaria del microbioma avvenga anche in assenza di un vero e proprio insediamento batterico.
A ciò si aggiunge la mancanza di informazioni riguardo la persistenza dei ceppi batterici colonizzanti durante il periodo intrauterino, la loro esatta funzione, come e quando l’intestino del nascituro gestisce la loro presenza.
L’implicazione biologica della colonizzazione batterica intrauterina riserva dunque ancora molte domande in attesa di una risposta.