Uno studio canadese, condotto dalla McMaster University di Hamilton e pubblicato su Gastroenterology, rivela i benefici di uno specifico probiotico a livello cerebrale: il Bifidobacterium longum NCC3001 sarebbe utile non soltanto contro la sindrome dell’intestino irritabile (IBS), ma ridurrebbe anche i sintomi di ansia e depressione.
Lo studio, il primo del suo genere su questo argomento, porta nuove prove a sostegno dell’ipotesi che microbiota intestinale e cervello siano in stretta correlazione.
La ricerca, uno studio randomizzato in doppio cieco, ha coinvolto 44 pazienti adulti affetti da IBS e da forme lievi o moderate di ansia o depressione. I pazienti sono stati seguiti per dieci settimane e divisi in due gruppi: metà dei partecipanti ha ricevuto una dose giornaliera di Bifidobacterium longum, la restante metà ha ricevuto un placebo.
Alla sesta settimana di studio, il 64% dei pazienti che assumevano il probiotico ha riportato punteggi più bassi sulla scala HADS (Hospital Anxiety and Depression Scale): nel gruppo di controllo, soltanto il 32% dei pazienti ha registrato miglioramenti paragonabili.
Tali progressi sono stati confermati anche attraverso risonanza magnetica funzionale, con la quale si è potuto associare l’abbassamento dello score a specifiche alterazioni in aree cerebrali associate al controllo dell’umore.
Questi risultati, secondo uno dei coordinatori dello studio, il gastroenterologo Premysl Bercik «aprono nuove strade non solo al trattamento dei pazienti con sindromi intestinali, ma anche quelli colpiti da patologie psichiatriche primarie».
La sindrome da intestino irritabile, nello specifico, è una malattia non del tutto inquadrata a livello patologico e fisiologico: secondo alcune stime riguarda l’11% della popolazione ed è caratterizzata da dolori addominali, diarrea e costipazione. Tali sintomi sono spesso associati a forme croniche di ansia e depressione.
I risultati, che andranno confermati in futuro da studi condotti su scala più ampia, restano tuttavia interessanti soprattutto nell’ottica di una comprensione più capillare dei meccanismi attraverso cui i segnali che arrivano dal microbioma intestinale possono raggiungere il sistema nervoso.