Studi recenti suggeriscono che a influenzare il declino cognitivo dovuto all’avanzare dell’età non siano solo le modificazioni fisiologiche che avvengono nel cervello con l’invecchiamento. Una recente review, pubblicata sulla rivista Gut Microbiome, ha fatto il punto della situazione su quanto sappiamo, ad oggi, del collegamento tra i cambiamenti del microbiota intestinale che si verificano con l’età e l’invecchiamento del cervello.
Il ruolo del microbiota intestinale nelle funzioni neurologiche dell’ospite
I cambiamenti fisiologici che si verificano durante l’invecchiamento possono contribuire a un progressivo declino della salute del cervello, compreso il declino delle capacità cognitive, osservabili anche in diverse malattie neurodegenerative, come il deterioramento cognitivo lieve (MCI), il morbo di Alzheimer (AD), il morbo di Parkinson (PD) e la sclerosi multipla (SM), caratterizzate anche da un peggioramento della qualità della vita dei pazienti.
In particolare, così come il cervello, anche le funzioni gastrointestinali risentono dell’invecchiamento, che può causare l’indebolimento della funzione della barriera intestinale, l’alterazione dei livelli dei neurotrasmettitori e dell’immunità nell’intestino. Questi cambiamenti culminano in variazioni del microbiota intestinale, che possono a loro volta influenzare l’invecchiamento cerebrale.
Infatti, grazie a molteplici studi, è ormai noto che il microbiota intestinale sia in grado di influenzare la barriera emato-encefalica, la neurochimica e le funzioni cellulari del cervello, oltre che la neuroplasticità. È stato anche dimostrato, in modelli preclinici, che il microbiota intestinale è in grado di modulare le funzioni cognitive durante l’invecchiamento e il fenomeno della neurodegenerazione. Nell’insieme, quindi, il microbiota intestinale gioca un ruolo cruciale nel sostenere le funzioni neurologiche dell’ospite.
Come cambia il microbiota con l’età
Mentre la composizione del microbiota intestinale è generalmente considerata relativamente stabile durante la giovinezza, a partire dalla mezza età iniziano a verificarsi degli squilibri nella comunità microbica. Gli effetti dell’invecchiamento sulla diversità del microbiota intestinale sono di diversi tipi, forse a causa di fattori come le condizioni di salute e la dieta. Ad esempio, alcuni studi che hanno analizzato il microbiota di pazienti anziani accuditi nelle case di cura hanno mostrato una riduzione complessiva della diversità del microbiota fecale, che si associava anche al peggioramento dello stato di salute generale dell’individuo. Al contrario, studi condotti sugli individui centenari hanno permesso di rilevare che questi presentano una diversità nelle popolazioni microbiche che compongono il microbiota fecale notevolmente aumentata.
Microbiota e malattie neurodegenerative: cosa ci aspetta in futuro
Comprendere le relazioni che legano il microbiota intestinale e l’invecchiamento cerebrale potrà consentire di identificare nuove terapie per il mantenimento della salute del cervello. Sebbene questo campo di ricerca sia ancora tutto da sviluppare e i dati ottenuti siano basati prevalentemente su studi preclinici, è stato osservato che l’uso di probiotici e gli interventi dietetici che modificano il microbiota intestinale possono migliorare gli aspetti cognitivi nelle persone anziane. Inoltre, studi clinici sul trapianto di microbiota fecale (FMT, fecal microbiota transplant) hanno ottenuto risultati promettenti riguardo il miglioramento dei sintomi delle malattie neurodegenerative, tra cui PD, AD e SM, dando nuova speranza alle migliaia di persone che convivono con queste malattie e che, attualmente, dispongono di opzioni terapeutiche limitate. Si tratta, quindi, di un campo in rapida espansione e saranno necessari studi clinici su larga scala per caratterizzare meglio il potenziale del microbiota intestinale come target di trattamento per le malattie neurodegenerative.