Un gruppo di ricercatori dell’Università dell’Illinois ha dimostrato che il butirrato, un composto importante per la buona salute dell’intestino e prodotto dai batteri che lo popolano, sembra in grado di ritardare la progressione della sclerosi laterale amiotrofica (SLA) in topi geneticamente modificati.
La SLA è una malattia neurodegenerativa in grado di provocare la morte dei neuroni che controllano il movimento. Nei pazienti che ne soffrono si osserva una progressiva perdita della capacità di muoversi, parlare, deglutire e, in fase terminale, anche di utilizzare i muscoli deputati alla respirazione.
Secondo quanto riportato sulla rivista Clinical Therapeutics, il modello murino di SLA utilizzato dai ricercatori è caratterizzato da una maggiore permeabilità intestinale e da un’alterata composizione del microbioma, con una netta riduzione dei batteri che producono butirrato.
Dal momento che le modificazioni a livello intestinale sembrano insorgere nei topi prima dei sintomi tipici della SLA, gli studiosi hanno ipotizzato che, come già dimostrato per altre malattie neurologiche, l’omeostasi intestinale e la composizione del microbiota possano svolgere un ruolo anche nello sviluppo di questa patologia.
I ricercatori hanno quindi deciso di somministrare a un gruppo di topi transgenici sodio butirrato sciolto in acqua per un periodo di due mesi e mezzo: i dati ottenuti indicano che, rispetto al gruppo di controllo, i roditori trattati hanno mostrato uno dei primi sintomi della SLA, ovvero la perdita di peso, con un ritardo di 40 giorni. Inoltre, la somministrazione di butirrato è risultata associata a una maggiore sopravvivenza (in media 38 giorni in più rispetto ai topi non trattati).
Gli studiosi hanno potuto rilevare anche alcuni effetti a livello intestinale, come la riduzione della permeabilità intestinale e la correzione della disbiosi. In particolare, nei topi trattati è stato osservato l’aumento sia dei batteri in grado di produrre butirrato (Butyrivibrio fibrisolvens), sia di quella popolazione di Firmicutes che risulta meno rappresentata nel modello murino di SLA.
«L’intestino e il cervello sono collegati, quindi non siamo sorpresi che la salute del primo impatti sulla funzionalità del secondo» ha dichiarato Jun Sun, coordinatrice dello studio.
I ricercatori, sulla base dei risultati ottenuti nei topi, ipotizzano che l’alterazione del microbioma e la perdita dell’omeostasi intestinale siano associati alla patofisiologia della SLA. Inoltre, l’efficacia del butirrato nel ristabilire l’equilibrio intestinale e nel ritardare la progressione della malattia suggerisce la possibilità di individuare in questo composto una nuova opportunità terapeutica.
A tal proposito, Jun Sun sottolinea che «attualmente è disponibile un unico farmaco per il trattamento della SLA, che è in grado di aumentare la sopravvivenza dei pazienti solo di pochi mesi». E aggiunge: «Il butirrato è già disponibile sul mercato come supplemento e i risultati preliminari ottenuti nei topi sono molto promettenti: ecco perché riteniamo necessario condurre nuovi studi per verificare i suoi effetti nei pazienti affetti da SLA».