Il microbiota intestinale, soprattutto in età neonatale, è fondamentale per lo sviluppo e la maturazione del sistema immunitario, metabolico e cognitivo. È importante quindi assicurare il suo equilibrio nei primi anni di vita.
La ricerca in questo ambito, negli ultimi anni, ha iniziato a chiarire l’importanza di un corretto sviluppo del microbiota intestinale, a partire dalla nascita e durante i primi mille giorni di vita. Elemento essenziale, stando alle attuali conoscenze, per poter garantire un benessere duraturo lungo tutto l’arco dell’esistenza.
Così si sviluppa il microbiota intestinale
Quando e come inizia la colonizzazione batterica dell’intestino? Quali sono i fattori che possono alterarla e con quali conseguenze? Come si può intervenire? Sono tanti e diversi, gli aspetti da considerare.
Il processo di colonizzazione è altamente sensibile, ma tutt’altro che casuale. Fino a qualche anno fa si pensava che alla nascita i neonati fossero praticamente sterili e che soltanto dopo alcune ore i primi batteri iniziassero a presentarsi [1]. Oggi ci sono diverse evidenze che dimostrano invece come la colonizzazione avvenga già nel periodo fetale e che in larga misura dipenda dal microbiota intestinale della madre [2].
Tra i fattori che maggiormente intervengono nella modulazione del microbiota neonatale troviamo la modalità di nascita, la durata della gestazione, la dieta e lo stile di vita della madre durante la gravidanza, l’ambiente in cui il bambino cresce e l’eventuale somministrazione di farmaci.
Tra tutti questi fattori, tuttavia, sappiamo con certezza che, nei neonati a termine, la modalità di parto rappresenta il driver più importante per la composizione iniziale del microbiota intestinale
Parto cesareo Vs parto naturale
Nell’ultimo ventennio i parti cesarei, d’elezione o d’emergenza, sono cresciuti di oltre il 30% [3]. Da un lato, questa metodica ha indubbiamente salvato numerose vite, dall’altro ha certamente comportato un’alterazione del profilo microbico intestinale dei neonati.
I bambini nati da cesareo infatti mostrano un microbiota alterato rispetto a quelli nati da parto naturale, dal momento che viene a mancare, in parte o in toto, la trasmissione batterica da parte della madre durante il passaggio nel canale vaginale.
Dopo il cesareo, inoltre, viene somministrata una profilassi antibiotica alla madre, allo scopo di evitare infezioni postoperatorie, anche questa procedura ha un impatto diretto, mediato dall’allattamento, sul microbiota intestinale.
Durante il passaggio nel canale vaginale, il nascituro viene a contatto principalmente con Lactobacilli, Prevotella e Bifidobacteria [4].
Di contro, l’esposizione batterica durante un parto cesareo è di natura ambientale più che materna, andando a favorire una prima colonizzazione più simile a quella del microbiota cutaneo, con una maggiore espressione di Staphyloccocus, Enterococcus, Clostridium etc [5].
È stato osservato, in questi casi, un ritardo nella colonizzazione di Lactobacillus, Bifidobacterium e Bacteroides, con una conseguente riduzione di linfociti Th1 o citochine Bacteroides dipendenti durante i primi due anni di vita.
In relazione al sistema immunitario, dati epidemiologici confermano poi come siano più frequenti casi di asma, dermatiti atopiche, diabete di tipo 1 e allergie a cibi nei bambini nati con cesareo a distanza di anni [6]. A queste si aggiunge un maggior rischio di obesità e ipertensione in giovani adulti [7].
Non solo. Un parto naturale sembrerebbe assicurare una maggiore ricchezza e diversità batterica con una buona sovrapposizione al profilo materno. Più abbondanti in questi ultimi sono, ad esempio, i phyla Actinobacteria e Bacteroides con Bifidobacterium e Bacteroides tra i generi più alterati se compariamo le due modalità di nascita. Di contro i Firmicutes, principalmente rappresentati da Clostridium e Lactobacillus, risultano maggiormente presenti nei bambini nati con parto cesareo [8].
Da non sottovalutare poi il fatto che dopo un parto cesareo è generalmente più corto il periodo di allattamento, riducendo così anche la trasmissiome batterica attraverso il latte.
Parto cesareo e microbioma del neonato: come intervenire?
Avendo presente l’importanza di una buona composizione batterica intestinale, intervenire durante la gravidanza e/o nel neonato nei primi anni di vita sembra quindi una strategia vincente.
Come fare? Anche in questo ambito, la somministrazione di probiotici e prebiotici mirati e opportunamente selezionati sta diventando sempre in uso.
I probiotici più usati nell’uomo, in età pediatrica, appartengono ai generi Lactobacillus o Bifidobacterium in singola formulazione o in combinazione. Tra i più studiati e somministrati in età pediatrica troviamo Bifidobacterium lactis HN019, Bifidobacterium breve M-16V e Lactobacillus rhamnosus HN001.
Questi ceppi infatti hanno non solo dimostrato di esser sicuri anche per i più piccoli, in quanto sono normalmente presenti come flora commensale, ma anche di avere un positivo impatto sulla maturazione del sistema immunitario innato e adattativo con una riduzione delle allergie in età scolare/adulta. Inoltre, favoriscono il mantenimento di una corretta funzionalità della barriera intestinale [9,10].
Il supplemento di Bifidobacterium breve se associato a galatto/frutto-oligosaccaridi ha poi dimostrato un effetto potenziato nel contrastare il ritardo della colonizzazione di Bifidobacterium in nati con cesareo simulando il processo nei nati naturalmente [10].
Probiotici e/o prebiotici anche in gravidanza? L. rhamnosus GG introdotto durante la gestazione, soprattutto durante l’ultimo trimestre, ha dimostrato effetti positivi nella futura colonizzazione batterica del neonato [11].
Da non sottovalutare l’allattamento al seno: è fisiologicamente ricco di probiotici (oltre 200 specie appartenenti a 50 generi), prebiotici, oligosaccaridi in particolare, e fattori antimicrobici (lisozimi, lattoferrine ecc.).
Nonostante in questi anni siano in parte introdotti nelle preparazioni in formula per venire incontro alle necessità nutrizionali del neonato nelle varie fasi di crescita, resta ancora da dimostrare se il loro effetto sia lo stesso di quelli naturalmente presenti nel latte materno [12,13].
Dopo l’allattamento, il periodo di svezzamento è altrettanto importante per favorire una differenziazione delle specie colonizzanti. Anche in questa fase della vita può essere opportuno prevedere interventi nutrizionali per venire incontro alla disbiosi che i nati con cesareo e/o allattati in formula [10].
Seppur ancor in fase sperimentale troviamo anche “la semina vaginale”, una pratica che consiste nell’esporre il neonato al microbiota vaginale della madre con un’applicazione esterna in modo da favorirne una colonizzazione simil-naturale [3].
Infine, un ambiente di crescita non cosi’ “sterile” come quello a cui siamo sempre più abituati, il contatto con animali, altre persone al di fuori del nucleo familiare ha dimostrato di portare vantaggi nella salute del nuovo nato andando a rafforzare il suo sistema immunitario esponendolo a una maggiore diversità batterica.
Contenuto realizzato con il contributo incondizionato di Ofmom SynterAct.
Riferimenti
- John Penders, et al., Factors Influencing the Composition of the Intestinal Microbiota in Early Infancy, Pediatrics 2006;118;511 DOI: 10.1542/peds.2005-2824
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