L’epidemia di COVID-19 ha causato milioni di morti in tutto il mondo, ma non sono stati ancora identificati biomarcatori della progressione della malattia. Di recente uno studio ha suggerito che, durante l’infezione da SARS-CoV-2, alcuni batteri presenti nel microbiota delle vie aeree superiori possono essere associati alla progressione della malattia, fino all’intubazione.
I risultati, pubblicati su Scientific Reports, indicano in particolare che specifici gruppi batterici potrebbero causare uno stato di disbiosi che aumenta il rischio di esiti gravi della malattia.
Precedenti studi hanno dimostrato che le infezioni da SARS-CoV-2 possono avere manifestazioni cliniche variabili, da casi asintomatici a polmonite grave, fino a causare il decesso del paziente. Fattori come età, sesso e obesità sono associati alla gravità della malattia, ma non è ancora chiaro cosa determini l’esito dell’infezione da SARS-CoV-2 .
«Nel complesso, nonostante un gran numero di studi, la letteratura pubblicata sul COVID-19 ha dimostrato solo poche associazioni coerenti tra il microbioma rinofaringeo e la gravità, i sintomi o gli esiti della malattia», affermano gli autori dello studio. Per colmare questa lacuna di conoscenza, il team di ricercatori guidato da Massimo Bellato dell’Università di Padova ha analizzato il microbiota del tratto respiratorio superiore di 192 persone con infezione da SARS-CoV-2.
Microbiota delle vie aeree
I ricercatori hanno raggruppato i pazienti in base alla presenza di sintomi, alla gravità della polmonite e alla necessità di ossigenoterapia o intubazione. Il team ha poi valutato il microbiota delle vie aeree superiori dei pazienti in termini di diversità microbica e abbondanza differenziale.
I pazienti sintomatici hanno mostrato tra loro un’abbondanza simile di gruppi batterici, così come quelli senza sintomi.
Tuttavia, i ricercatori hanno scoperto che la diversità microbica non differiva neanche tra i due gruppi di pazienti.
«Nel loro insieme questi risultati dimostrano che, al momento della diagnosi, non ci sono indizi, in termini di composizione batterica complessiva, sul futuro sviluppo della malattia», affermano i ricercatori. «Sebbene non siano state rilevate differenze globali nella diversità batterica, ciò non esclude l’esistenza di un’abbondanza differenziale di taxa individuali in gruppi diversi»
Biomarcatori della malattia
Successivamente, i ricercatori hanno effettuato ulteriori esperimenti per identificare i microbi associati allo sviluppo di diversi sintomi, scoprendo che i batteri del genere Ornithinimicrobium erano più abbondanti nei pazienti che avevano sviluppato una polmonite grave o avevano bisogno di intubazione.
In particolare, Ornithinimicrobium pekingense, Jonquetella anthropi e una specie del genere Enterococcus erano più abbondanti nelle persone sottoposte a intubazione.
Precedenti ricerche hanno dimostrato che Ornithinimicrobium è tra i batteri dominanti negli aerosol dei pazienti affetti da COVID-19 e che è differenzialmente abbondante tra i controlli e i neonati che poi sviluppano infezioni del tratto respiratorio inferiore.
Jonquetella è stata invece associata a infezioni dei denti e alla malattia polmonare ostruttiva cronica. Enterococcus, in particolare E. faecalis, causa infine infezioni del flusso sanguigno in pazienti critici con COVID-19.
Conclusioni
I risultati suggeriscono che alcuni batteri del microbiota del tratto respiratorio superiore potrebbero essere utilizzati come biomarcatori dei sintomi della malattia, ma sono necessari ulteriori studi per confermare questa ipotesi.
«È necessario un benchmark completo dei metodi di inferenza di network per verificare quali siano lo strumento e la pipeline migliori per massimizzare l’affidabilità dell’analisi», concludono i ricercatori.