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Infezioni respiratorie virali e microbiota: review italiana fa il punto della situazione

Il microbiota intestinale e quello delle vie aeree sembrano essere interconnessi. L’analisi e la profilazione dei batteri e dei virus che risiedono nel corpo umano potrebbe aiutare a diagnosticare diversi agenti patogeni e sviluppare interventi mirati. 
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Infezioni respiratorie virali e microbiota: review italiana fa il punto della situazione

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Stato dell’arte
Diversi studi dimostrano che il microbiota modula gli esiti delle infezioni, ma rimane da chiarire la sua relazione con la gravità e la progressione della malattia.

Cosa aggiunge questo studio
I ricercatori hanno esaminato la letteratura scientifica su microbiota respiratorio e intestinale nei pazienti con malattie respiratorie infettive e non, compreso il COVID-19. Inoltre, hanno analizzato il ruolo dei batteri e dei virus che risiedono nell’intestino umano e nel tratto respiratorio, nonché le loro interazioni e la correlazione con la gravità della malattia.

Conclusioni
L’analisi del microbioma e del viroma potrebbe favorire la diagnosi differenziale dei patogeni e lo sviluppo di interventi mirati. Sarà necessario individuare biomarcatori batterici delle infezioni respiratorie.

In letteratura si trovano evidenze sempre crescenti che suggeriscono in che modo il microbiota umano sia in grado di influenzare gli esiti delle infezioni. 

Di recente, un gruppo di ricercatori ha esaminato la letteratura scientifica sui cambiamenti nel microbiota respiratorio e intestinale che si verificano in diverse malattie respiratorie, incluso il COVID-19 e ha pubblicato i risultati in una review apparsa sulle pagine di Trends in Microbiology e coordinata da Andrea Iorio. In particolare hanno analizzato nell’uomo il ruolo dei microrganismi batterici e virali presenti nell’intestino e nel tratto respiratorio, nonché le loro interazioni e il collegamento alla gravità della malattia. 

L’analisi e la profilazione dei batteri e dei virus che risiedono nel corpo umano potrebbe infatti aiutare a diagnosticare diversi agenti patogeni (diagnosi differenziale) e sviluppare nuovi interventi mirati. 

Tuttavia, prima di poter studiare la relazione causale tra microbi e malattie, sarà necessario individuare biomarcatori batterici delle infezioni respiratorie.

Infezioni virali e microbiota

Attualmente, è noto che 320 specie virali classificate all’interno di 26 famiglie sono in grado di infettare gli esseri umani. Alcuni dei virus più abbondanti sono Anelloviridae, Bunyaviridae e Papillomaviridae, che costituiscono oltre il 40% di tutti i virus umani.

I principali batteri del tratto gastrointestinale umano includono Firmicutes e Bacteroidetes, che rappresentano il 90% dei batteri intestinali. 

La composizione delle comunità di batteri intestinali varia nello stesso individuo in base all’età, allo stile di vita e ad altri fattori. 

I batteri risiedono anche nella mucosa nasale, che risulta dominata da Propionibacterium, Staphylococcus, Bifidobacterium, Streptococcus e Moraxella, mentre il microbiota orale contiene principalmente Prevotella, Veillonella, Haemophilus, Fusobacterium e Neisseria.

È noto che virus e batteri che risiedono nel corpo umano interagiscono tra loro e con l’ospite: per esempio, la comunità di virus che vivono nell’intestino modella il sistema immunitario gastrointestinale, regolando l’infiammazione intestinale.

Tuttavia, per confrontare il microbiota di diversi individui in ampi studi, osservano gli autori, «è importante comprendere le relazioni di causa-effetto tra il microbiota e la fisiopatologia delle malattie, identificare differenze o “microbiome core” conservati di funzioni ecologiche e biochimiche nelle diverse fasi della vita e in condizioni differenti e valutare le correlazioni oltre l’associazione.

La profilazione del microbiota può diventare importante anche per rivelare i diversi meccanismi delle infezioni che sono alla base dell’insorgenza e della progressione delle malattie, compreso il COVID-19.

Microbiota respiratorio e microbiota intestinale

La composizione del microbiota respiratorio è stata studiata in diverse malattie polmonari croniche, ma rimane da chiarire la relazione tra il profilo del microbiota e la gravità e la progressione della malattia.

Il tratto respiratorio superiore, che comprende naso e bocca, è il principale punto d’ingresso per i patogeni

Il microbiota nasale di adulti sani è dominato da sei tipi di batteri, tra cui Staphylococcus, Moraxella e Haemophilus; si ritiene che l’alterazione di questa composizione sia un biomarcatore nella rinosinusite cronica. 

Allo stesso modo, l’asma grave sembra essere correlato a batteri come Firmicutes e Actinobacteria e un’alterazione della composizione microbica caratterizzata da alti livelli di proteobatteri è stata associata a un aumento dell’infiammazione e a una malattia più grave.

I neonati con bronchiectasie del tratto respiratorio inferiore – una condizione a lungo termine causata dal virus respiratorio sinciziale – presentano una maggiore abbondanza di Haemophilus influenzae, Streptococcus, Corynebacterium, Moraxella e Staphylococcus aureus

Alcuni studi hanno anche dimostrato che le infezioni respiratorie possono alterare il microbiota intestinale: per esempio, i topi con infezione da virus respiratorio sinciziale o da virus dell’influenza tendono ad avere livelli intestinali più elevati di Bacteroidetes e più bassi di Firmicutes.

Anche il microbiota polmonare può essere alterato da infezioni: specifici batteri sono comuni nelle vie aeree di pazienti con fibrosi cistica, fibrosi polmonare idiopatica e bronchiectasie. Inoltre, il profilo del microbiota intestinale dei bambini con fibrosi cistica è caratterizzato da alti livelli di Propionibacterium, Staphylococcus e Clostridiaceae e bassi livelli di Eggerthella, Eubacterium e Ruminococcus.

BPCO, infezioni e microbioma

Alcuni studi hanno analizzato le comunità di virus che vivono nelle vie aeree dei soggetti con malattie respiratorie. 

Negli adulti con broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), i virus prevalenti erano rinovirus, virus dell’influenza, coronavirus e virus parainfluenzali. 

Nei bambini con infezioni delle vie respiratorie acute ricorrenti, è risultato particolarmente abbondante un fago associato al Propionibacterium, mentre nei bambini con infezioni respiratorie acute gravi, i ricercatori hanno rilevato principalmente virus come Paramyxoviridae, Coronaviridae e Parvoviridae.

Le interazioni tra le comunità di virus e batteri che vivono nel tratto respiratorio possono influenzare lo sviluppo e la progressione delle malattie respiratorie

Questo succede perché i virus come il virus respiratorio sinciziale e il rhinovirus possono promuovere l’adesione dei batteri alle cellule che rivestono il tratto respiratorio, facilitando così la crescita e la persistenza di agenti patogeni tra cui H. influenzae, Streptococcus pneumoniae e Pseudomonas aeruginosa.

Anche il microbiota intestinale e quello delle vie aeree sembrano essere interconnessi: i cambiamenti nella composizione della comunità di virus presenti nell’intestino dei bambini con fibrosi cistica sono associati a un aumento dei fagi associati ai proteobatteri e a una diminuzione dei fagi associati a Faecalibacterium prausnitzii.

Microbiota intestinale e Covid-19

Ricerche recenti hanno dimostrato che Prevotella è abbondante nei campioni fecali delle persone con COVID-19, anche se non è ancora chiaro se l’aumento dei livelli di questo batterio preceda l’infezione o ne sia una conseguenza.

Livelli più elevati di Coprobacillus, Clostridium ramosum e Clostridium hathewayi sono stati collegati a una maggiore gravità di COVID-19, mentre livelli più elevati di F. prausnitzii a una ridotta gravità della malattia. Rispetto alle persone sane, i pazienti con COVID-19 hanno anche una minore diversità del microbiota intestinale e una maggiore abbondanza di agenti patogeni opportunistici, inclusi Rothia e Streptococco, che in alcuni casi sono stati associati a una maggiore suscettibilità alle infezioni polmonari batteriche secondarie.

Conclusioni

«Ulteriori studi sul microbioma umano potranno aiutarci alla comprensione dei fenotipi della malattia COVID-19, confermando la possibilità di traslare la microbiomica basata sui big data nella pratica diagnostica e clinica», concludono i ricercatori.

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