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Artrite: agire sul microbioma intestinale per ridurre il dolore

Nell'osteoartrite, il microbiota intestinale sembrerebbe impattare su dolore e infiammazione. A dirlo è uno studio su Nature Communications.
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Artrite: agire sul microbioma intestinale per ridurre il dolore

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Stato dell'arte
L’osteoartrite è la più comune forma di artrite. Dati preliminari suggeriscono come la composizione del microbiota intestinale possa influenzare il dolore articolare e lo stato infiammatorio associato.
Cosa aggiunge questa ricerca
Scopo dello studio è stato confrontare il microbiota fecale di oltre 1.400 soggetti con diversi gradi di osteoartrite e sintomi correlati.
Conclusioni
La presenza di Streptococcus spp. ha mostrato correlazione significativa e positiva con dolore e infiammazione alle ginocchia, supportando la possibilità che il microbiota intestinale possa essere utilizzato come target terapeutico.

In questo articolo

In pazienti con osteoartrite, un’elevata presenza fecale di Streptococcus spp. sembrerebbe essere associata a livelli maggiori di dolore e infiammazione alle articolazioni delle ginocchia. L’associazione rimane significativa anche se corretta per fattori confondenti (obesità, età, sesso, terapie farmacologiche in atto ecc.), suggerendo quindi che il microbiota intestinale possa essere utilizzato come possibile target terapeutico per la gestione clinica di questa patologia degenerativa.

Questi i risultati dello studio di Cindy G. Boer e colleghi della University Medical Center (Rotterdam, Olanda), di recente pubblicato su Nature Communications.

Tra le forme di patologia articolare degenerativa, l’osteoartrite è forse la più comune. Il dolore diffuso e l’infiammazione locale e sistemica sono i tratti distintivi, seppur non specifici. Tra le cause, quella meccanica e la predisposizione genetica sono le più probabili, nonostante il microbiota intestinale stia dimostrando un ruolo importante  in questa patologia.

Dati preliminari dimostrano infatti che una composizione batterica alterata risulta correlata a stati clinici caratteristici della malattia. Per approfondire questo aspetto, i ricercatori hanno analizzato e confrontato campioni di microbiota fecale di 1.427 pazienti con diversi gradi di osteoartrite già inclusi nel “Rotterdam Study”. Di seguito i principali risultati.

Dall’analisi dei campioni raccolti si è visto che:

  • 596 sono le tassonomie singole identificate
  • a livello di phylum, Firmicutes (77,8%) e Bacteroidetes (12,5%) sono i più comuni seguiti a distanza da Protebacteria (4,9%) e Actinobacteria (4,1%)
  • alpha e beta-diversity non hanno dimostrato associazioni significative con il grado di dolore alle ginocchia espresso con il punteggio WOMAC (Western Ontario and Mc Master University)
  • di contro, l’abbondanza di 4 specie batteriche, tutte appartenenti a Streptococcus spp., è risultata positivamente e significativamente associata con il livello di dolore, anche dopo la correzione per età, sesso, BMI, etnia, fumo, abitudine all’alcol e terapie farmacologiche in corso (inibitori di pompa protonica e antinfiammatori non steroidei).

Come ulteriore conferma, le analisi sono state replicate in campioni di microbiota fecale prelevato da altri 867 pazienti appartenenti a una coorte indipendente tedesca. Anche in questo caso, i risultati hanno dimostrato una forte correlazione positiva tra l’elevata abbondanza di Streptococcus spp. e il dolore alle ginocchia.

Il mediatore di tale associazione sembrerebbe essere il processo infiammatorio, considerando i livelli di versamento dall’articolazione tibiofemorale e patellofemorale di entrambe le ginocchia dei pazienti inclusi. A un maggior dolore corrisponde infatti anche a un maggior versamento.

In conclusione, questo studio supporta la possibilità di basare sul microbiota intestinale nuove strategie terapeutiche per la gestione del dolore osteoarticolare. Per spiegare i meccanismi di questa associazione saranno tuttavia necessari ulteriori approfondimenti.

Silvia Radrezza
Laureata in Farmacia presso l’Univ. degli Studi di Ferrara, consegue un Master di 1° livello in Ricerca Clinica all’ Univ. degli Studi di Milano. Borsista all’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS dal 2017 al 2018, è ora post-doc presso Max Planck Institute of Molecular Cell Biology and Genetics a Dresda (Germania).

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