Si sente sempre più spesso parlare di fibre alimentari (prebiotici) come sostanze benefiche per la salute umana. Ma è sempre così? Non sembra.
Secondo un recente studio i benefici delle fibre alimentari variano da individuo a individuo, ma possono dipendere anche dal tipo specifico di fibra e variare parecchio a seconda della dose consumata.
I risultati, pubblicati su Cell Host & Microbe, confermano una stretta correlazione tra le fibre e il microbiota e suggeriscono che un consumo elevato di alcuni tipi di fibre può avere effetti dannosi sulla salute.
Fibre “personalizzate”?
«I nostri risultati dimostrano che gli effetti fisiologici, microbici e molecolari delle singole fibre differiscono sostanzialmente tra loro», afferma l’autore senior dello studio Michael Snyder, della Stanford School of Medicine.
«Inoltre, i nostri risultati dimostrano l’allettante prospettiva di utilizzare specifiche fibre, sulle quali agisce il microbioma, per favorire la salute e “guidare” la biologia dei sistemi in una direzione prevedibile e personalizzata».
Le fibre si trovano principalmente in verdure, frutta, cereali integrali e legumi.
Indigeribili dall’uomo, queste sostanze possono essere convertite in acidi grassi a catena corta dai batteri intestinali, e favorire in questo modo il mantenimento di un microbiota intestinale sano.
Precedenti studi hanno dimostrato che le diete ricche di fibre riducono il rischio di malattie cardiache abbassando i livelli di colesterolo, ma rimane da capire come i diversi tipi di fibra modulino il microbiota e, di conseguenza, la salute umana.
Per rispondere a questa domanda, Michael Snyder e i suoi colleghi hanno valutato gli effetti di diverse fibre alimentari su un gruppo di adulti.
Inulina Vs arabinoxilano
I ricercatori hanno reclutato 18 soggetti con un’età media di circa 57 anni. Quindi, hanno analizzato gli effetti dell’integrazione della dieta dei partecipanti con due fibre comuni: l’arabinoxilano, che si trova nei cereali integrali, e l’inulina a catena lunga, che si trova nelle cipolle, nella radice di cicoria e nel topinambur. L’inulina viene spesso aggiunta agli alimenti come fonte supplementare di fibre.
I partecipanti allo studio hanno consumato 10, 20 e 30 grammi di fibre al giorno rispettivamente durante la prima, la seconda e la terza settimana.
I ricercatori hanno raccolto campioni di sangue e feci, nonché dati clinici, dai partecipanti e hanno condotto un’ampia varietà di test per valutare gli effetti di ciascun tipo di fibra sulla loro salute e sul microbiota intestinale.
Rispetto al basale, il consumo di arabinoxilano ha alterato la composizione del microbiota intestinale e, a dosi elevate, è risultato correlato a livelli più bassi di lipoproteine a bassa densità (LDL).
Il consumo di arabinoxilano ha portato anche a un aumento degli acidi biliari, che probabilmente contribuiscono alla riduzione del colesterolo e che sono correlati a numerosi microbi: ad esempio, l’acido ursodesossicolico è associato al Bifidobacterium, che produce acidi grassi a catena corta ed è riconosciuto come un microbo intestinale “buono”.
Effetti variabili dei prebiotici
I risultati ottenuti hanno inoltre dimostrato che il consumo di inulina è associato a cambiamenti nella composizione del microbiota intestinale, ma non nei livelli di LDL.
Le persone che consumavano quotidianamente alte dosi di inulina hanno mostrato, rispetto al basale, un aumento dell’infiammazione e dei livelli di un enzima epatico associato a cattive condizioni di salute.
A dosi più basse, l’inulina è stata associata a un aumento dell’abbondanza di Bifidobacterium.
«Diversi alimenti ricchi di fibre sono in grado di ridurre i livelli di colesterolo; il nostro studio suggerisce che queste riduzioni possono essere indotte da singoli costituenti del mix di fibre presente negli alimenti vegetali non raffinati», afferma Michael Snyder.
Tuttavia, il consumo delle diverse fibre ha indotto risposte variabili nei partecipanti, alcuni dei quali hanno mostrato cambiamenti minimi o nulli nei livelli di colesterolo.
Conclusioni
«Nel complesso, questo studio fornisce dati utili per lo sviluppo di interventi personalizzati. I nostri risultati mostrano infatti che i benefici dipendono dal tipo di fibra, dalla dose e dalle caratteristiche dei singoli soggetti. In questo processo intervengono quindi un ampio ventaglio di fattori che dipendono dalle interazioni tra le fibre, il microbioma intestinale e l’ospite» conclude Michael Snyder.