I batteri che vivono nell’intestino svolgono un ruolo in varie patologie, tra cui l’obesità, le malattie cardiache e il cancro, che sono state a lungo considerate non comunicabili e quindi non trasferibili da un individuo all’altro. Ora una teoria suggerisce che queste condizioni potrebbero diffondersi da persona a persona attraverso il microbiota intestinale.
Se si dimostrasse corretta, questa teoria «riscriverà l’intero libro sulla salute pubblica», afferma il coordinatore della ricerca Brett Finlay, della University of British Columbia a Vancouver.
Patologie come cancro, malattie cardiache e obesità causano oltre il 70% dei decessi in tutto il mondo. Queste malattie sono definite “non comunicabili” perché sono causate dallo stile di vita e da fattori genetici e ambientali, anziché da microrganismi – come i batteri – che possono essere trasmessi da un individuo all’altro.
Tuttavia, gli studiosi hanno osservato che le persone con malattie non comunicabili tendono ad avere un microbiota intestinale alterato rispetto agli individui sani. E quando i microbi intestinali di pazienti con patologie cardiache e diabete vengono trapiantati in topi sani, i roditori sviluppano le stesse malattie. Inoltre, gli individui che vivono nella stessa casa hanno un microbiota più simile tra loro rispetto a persone che vivono in ambienti diversi. «Mettendo insieme queste osservazioni, si può ipotizzare che molte malattie considerate tradizionalmente non comunicabili, potrebbero in realtà essere trasmesse da un individuo all’altro» afferma Brett Finlay.
Unire i punti
Il microbiota intestinale aiuta la digestione, rafforza il sistema immunitario ed è modellato da diversi fattori, tra cui dieta, esercizio fisico e ambiente. I batteri intestinali sono trasferibili all’interno della famiglia e tra conoscenti e le analisi del microbiota possono rivelare chi è sposato con chi.
Alcuni studi hanno dimostrato che se il microbiota intestinale di topi sani viene sostituito con quello di roditori obesi, è probabile che i topi sani lo diventino a loro volta. E quando a modelli murini di obesità, malattie cardiache e Alzheimer vengono somministrati microbi intestinali da topi sani, le rispettive patologie tendono a progredire a un ritmo più lento.
Altri studi hanno suggerito che l’obesità è trasmissibile anche nell’uomo: il rischio di questa patologia diventa alto nel caso si abbia un amico obeso e, più precisamente, aumenta del 40% in caso si abbia un fratello obeso.
Un’ipotesi rivoluzionaria
L’obesità è il più importante fattore di rischio per il diabete di tipo 2. I ricercatori hanno quindi ipotizzato che anche questa patologia possa essere trasmessa attraverso il microbiota. Infatti, i coniugi di persone con diabete hanno maggiori probabilità di sviluppare questa malattia rispetto ai coniugi di persone sane.
Anche le malattie infiammatorie intestinali (IBD) sono associate a un microbiota intestinale alterato. I batteri intestinali di persone o topi con IBD possono essere trasferiti ad animali sani insieme ai sintomi di questa patologia. E i coniugi di pazienti con IBD tendono ad avere una composizione del microbiota alterata, ma tra loro simile.
Sebbene intrigante, la teoria secondo cui le malattie non comunicabili potrebbero essere trasmesse da persona a persona attraverso il microbiota intestinale deve ancora essere dimostrata. In particolare, rimangono ancora sconosciuti i meccanismi coinvolti. «Non sappiamo in quali casi la trasmissione diventi più probabile o se possano essere trasmessi anche esiti positivi”, afferma Maria Gloria Dominguez-Bello della Rutgers University nel New Jersey, coautrice dello studio. «Abbiamo bisogno di ulteriori studi per comprendere la trasmissione microbica e i suoi effetti», aggiunge la ricercatrice.
Se l’ipotesi formulata dai ricercatori fosse confermata, potrebbero essere sviluppati trattamenti basati su dieta, probiotici e trapianto di microbiota intestinale.
«Ci auguriamo che, a partire da questo studio, vengano avviate ulteriori ricerche sui meccanismi e sull’entità della trasmissione», afferma Brett Finlay. «Incoraggiamo quindi i ricercatori che studiano qualsiasi malattia a valutare il possibile effetto del microbiota».
Traduzione dall’inglese a cura della redazione