Analogamente al microbiota intestinale, maggiormente studiato e oggetto di innumerevoli pubblicazioni scientifiche, anche il microbiota orale sembrerebbe avere un ruolo importante nella messa a punto di nuove metodologie diagnostiche e/o di trattamento per particolari patologie, anche non strettamente correlate al tratto oro-faringeo.
Da ciò si deduce quindi come determinati batteri orali siano coinvolti nello sviluppo e nel decorso di diverse condizioni cliniche.
G. Jia e colleghi alla University of Shanghai for Science and Technology (Cina) hanno perciò condotto una revisione di letteratura, pubblicata di recente su British Dental Journal, con lo scopo di dare una visione quanto più completa possibile sulla composizione batterica generale e sui fattori che la influenzano, le potenzialità e sulla reale implicazione del microbiota orale in patologie sistemiche quali per esempio l’aterosclerosi.
Microbiota orale e fattori ambientali
Dieta
Il microbiota orale, nel dettaglio, può esser classificato in “microbiota del core”, al quale appartengono le specie comuni a tutti gli individui sani, e “microbiota variabile” composto invece da tutti quei batteri altamente differenti da soggetto a soggetto in quanto più sensibili a fattori esterni.
Tra i generi complessivamente più rappresentati, e quindi inclusi nel core, troviamo Streptococcus, Prevotella, Haemophilus, Rothia, Veillonellaceae, Neisseria, Fusobacterium e Porphyrin. Un microbiota orale ben bilanciato è inoltre fondamentale nel prevenire l’insorgenza di patologie del cavo orale, ma sono solo. Dieta, stile di vita, antibiotici e condizione sociale sono i fattori ambientali che più di ogni altri influenzano la sua composizione e funzionalità.
Zuccheri, grassi e vitamine sono tra i nutrienti a maggiore impatto in questo tipo di microbiota. In molti casi di carie infantili, provocate appunto da alimenti ricchi in zuccheri, è infatti stata riscontrata alta associazione con una marcata presenza di S. mutans e F. nucleatum mentre si è visto come grassi e vitamina C fungono da promotori di fusobacteria. Al fine di mantenere l’omeostasi batterica orale, le evidenze suggeriscono dunque di privilegiare fibre e prodotti caseari rispetto ad alimenti ricchi in grassi o zuccheri.
Fumo
Spesso non pensiamo a come anche le sigarette di per sé abbiano una loro carica batterica che viene trasferita al cavo orale appena ne entriamo in contatto e di come, alcuni di essi, Bacillus spp. e Clostridium spp. ad esempio, siano in grado di sopravvivere al processo di bruciatura del tabacco. Quindi, il fumo altera l’omeostasi del microbiota orale promuovendo non solo cambi di espressione delle specie commensali ma apportandovene di nuove dall’esterno. In aggiunta vanno considerati le alterazioni a più ampio spettro che vanno a incrementare processi come l’acidificazione della saliva, la diminuzione di ossigeno con il conseguente proliferare di batteri anaerobi, gli effetti normalmente dovuti agli antibiotici, l’aderenza mucosale e la risposta immunitaria dell’ospite nei confronti di infezioni locali. Di contro, batteri come Nesseira subflava e Corynebacterium sono ridotti nei fumatori.
Alcolici
L’assunzione di liquori ha dimostrato di incrementare la presenza di batteri Gram+ tra i quali S. mutans e, parallelamente, di inibire l’attività dei fusobacteria a causa di un aumento delle concentrazioni di acetaldeide tossica.
Impurità, contaminanti, prodotti della fermentazione e distillazione possono inoltre causare cambiamenti dell’ambiente orale compromettendo determinate specie batteriche. Un consumo regolare ma moderato di vino rosso non comporta invece alcuna alterazione in termini di stabilità e ricchezza della componente batterica orale.
Antibiotici
Azitromicina, amoxicillina, clindamicina e ciprofloxacina sono tra i farmaci antibiotici a maggior impatto nei confronti del microbiota orale registrando un complessivo e rapido decremento di actinobacteria a livello della gola. Sono stati inoltre registrati cambiamenti di funzionalità batterica. È importante tuttavia ricordare come in generale non solo la struttura chimica dell’antibiotico assunto vada a influenzare il microbiota ma anche la dose, la via di somministrazione, la durata dell’esposizione e il livello di resistenza sviluppato.
Condizione sociale
La conoscenza su come lo stato sociale possa incidere sul nostro microbiota è ancora carente. Alcuni studi tuttavia riportano come persone benestanti presentino maggiori livelli di Megasphaera micronuciformis, Veillonella atypical, Veillonella parvula, Rothia mucilaginosa, Prevotella histicola, Fusobacterium periodontium, Granulicatella adiacens e Tannerella forsythia mentre, al contrario, il microbiota orale di persone in condizioni meno agiate sia caratterizzato da Aggregatibacter segnis, Achromobacter xylosoxidans e Neisseria cluster II.
Quest’ultimo gruppo inoltre sembrerebbe disporre anche di una minore biodiversità. La principale spiegazione di questi differenti profili batterici sarebbe da ricondurre alle diverse scelte alimentari e abitudini, anche igieniche, dettate da risorse economiche non comparabili.
Gravidanza
Donne in gravidanza, durante i primi mesi, mostrano una maggiore espressione di P. gingivalis e Aggregatibacter actinomycetemcomitans nel solco gengivale mentre Candida è più frequente nell’ultimo trimestre.
Di contro, nel periodo post-parto la conta batterica va a ridursi considerevolmente coinvolgendo nel dettaglio Capnocytophaga ochracea, Capnocytophaga sputigena, Eubacterium saburreum, Fusobacterium nucleatum naviforme, Fusobacterium nucleatum polymorphum, Leptotrichia buccalis, Parvimonas micra, P. intermedia, Prevotella melaninogenica, S. aureus, S. anginosus, S. intermedius, S. mutans, S. oralis, S. sanguinis, Selenomonas noxia e Veillonella parvula.
Microbiota orale e patologie sistemiche
Come anticipato, un numero sempre più crescente di evidenze suggerisce come determinate infezioni batteriche comportino svariate patologie, anche sistemiche e, apparentemente, non correlate al microbioma orale.
Tra le condizioni cliniche considerate dal lavoro di revisione troviamo ad esempio il tumore esofageo, aterosclerosi o patologie cardiache in generale.
Il tumore esofageo rappresenta l’ottavo tumore più diffuso al mondo nonché la sesta causa di morte. Recenti studi hanno mostrato come la presenza di specifici batteri orali possa incrementare il rischio di una sua insorgenza.
A tal proposito, Porphyromonas gingivalis è risultato espresso nel 61% dei tessuti cancerosi mentre solo nel 12% dei tessuti adiacenti. Nessuna sua presenza è stata invece rilevata nelle mucose orofaringee di individui sani.
Nell’ambito delle patologie cardiovascolari invece, specie del microbiota orale quali S. mutans, P. gingivalis, e Gemella haemolysans rivestono un ruolo importante. S. mutans ha dimostrato infatti di contribuire attivamente allo sviluppo di aterosclerosi alterando la funzionalità delle cellule epiteliali, uno dei primi indicatori di patologia, oltre che a rappresentare uno dei principali agenti responsabili di carie dentali.
P. gingivalis ha poi riscontrato alta responsività durante le prime fasi di un’infezione orale promuovendo la produzione di citochine infiammatorie in seguito a compromissione tissutale.
Mediatori quali TNF-α, IL-1β, IL-6, and PGE2, riversandosi nel torrente circolatorio, colpiscono a loro volta le cellule della placca ateromatosa con conseguente amplificazione e aggravamento della condizione di aterosclerosi.
Particolari specie appartenenti al microbiota orale sono risultate inoltre associate allo sviluppo di patologie coronariche arteriose (CAD) ovvero Campylobacter rectus, P. gingivalis, Porphyromonas endodontalis, P. intermedia e Prevotella nigrescens, non presenti in altre condizioni cliniche non-cardiache. L’espressione di A. actinomycetemcomitans a livello subgengivale, normalmente associato a parodontiti, ha inoltre dimostrato di raddoppiare il rischio di CAD. Ulteriori studi focalizzati su questo ambito di ricerca saranno perciò utili nell’avanzare le conoscenze per alternative terapeutiche mirate.
Limitazioni nell’analisi dei dati
Nonostante l’ampia disponibilità di dati relativi al microbiota orale, forniti principalmente dal database “Human Oral Microbiome”, la scarsa standardizzazione degli strumenti bioinformatici e delle metodologie di analisi impiegate oltre che l’ampia variabilità delle comunità batteriche considerate, limitano in alcuni casi la validità e la trasferibilità dei risultati ottenuti. Gli stessi autori suggeriscono dunque di sviluppare uno strumento di analisi adattabile a diverse piattaforme, di combinare dati genetici, metabolomici e clinici dei batteri e dell’ospite stesso.
In conclusione, le principali evidenze emerse da questa revisione sono:
- il microbiota orale è attivamente coinvolto nella salute complessiva dell’ospite, sia a livello oro-faringeo che sistemico;
- fattori endogeni ed esogeni ne compromettono l’omeostasi traducendosi in svariati quadri patologici ;
- considerando l’ampio coinvolgimento, un monitoraggio attento del microbiota orale può risultare utile nella messa a punto di modelli preventivi di intervento basati su una diagnosi non invasiva e maggiormente personalizzata.