I batteri intestinali si nutrono grazie all’adesione alle particelle di cibo, ma si sa ancora poco su come avviene questo legame. Di recente, un’analisi condotta su oltre 160 ceppi di Bacteroides e Parabacteroides ha rivelato diverse proprietà leganti che dipendono dal ceppo batterico e dalle particelle di cibo.
I risultati, pubblicati su Cell Reports, potrebbero aiutare a definire la diversità funzionale in relazione a fattori tra cui dieta e stato di salute. Inoltre, i dati ottenuti potrebbero avere anche implicazioni diagnostiche e terapeutiche.
Per sviluppare un approccio che metta in luce le differenze nell’adesione di diversi microbi intestinali, Jeffrey Gordon della Washington University School of Medicine e i suoi colleghi hanno generato particelle di cibo artificiali composte da microsfere magnetiche, ciascuna delle quali era stata rivestita con un diverso polisaccaride o un diverso glicano, tra cui polisaccaridi derivati dalle alghe, glicani derivati dai mammiferi e fibre isolate da frutta, verdura, cereali e legumi. Quindi, i ricercatori hanno utilizzato queste microsfere per selezionare 163 ceppi di Bacteroides e Parabacteroides derivati dall’intestino umano.
Batteri diversi “preferiscono” polisaccaridi diversi
Dei ceppi di Bacteroides e Parabacteroides esaminati, 60 hanno mostrato un legame specifico a uno o più tipi di microsfere rivestite di glicani. Sei ceppi appartenenti alle specie Bacteroides thetaiotaomicron e B. fragilis si sono legati a tutti i tipi di beads, comprese quelle di controllo non rivestite con glicani.
Questo screening ha rivelato differenze tra i diversi ceppi batterici: per esempio, il ceppo di B. salyersiae VPI-2828 si lega principalmente a uno specifico fruttano, il levano, al contrario di B. salyersiae 23369. Diversi ceppi di B. thetaiotaomicron hanno aderito al galattano o alla mucina mentre ceppi di B. ovatus si sono legati alle fibre del baccello dell’avena, al galattano e allo xiloglucano.
Per confermare i loro risultati, i ricercatori hanno raccolto dati di sequenziamento e imaging. I risultati di queste analisi aggiuntive hanno confermato la specificità del legame, sia a livello del microrganismo che del glicano. Ciò suggerisce che l’approccio di screening basato sulle microsfere può essere applicato a comunità contenenti diversi microbi.
Possibili ambiti di applicazione delle microsfere
Rispetto agli esperimenti in vitro, in vivo potrebbero esserci più fattori che modulano l’adesione dei batteri nell’intestino. Per questo motivo, i ricercatori hanno condotto alcuni esperimenti sui topi per confermare le caratteristiche di adesione specifiche ai glicani osservate nei loro saggi.
La somministrazione di microsfere ricoperte di glicani ai topi ha confermato per lo più la specificità del legame ai glicani.
Tuttavia, rispetto a quanto osservato in vitro, nell’intestino dei topi i ricercatori hanno osservato aggregati di diverse microsfere rivestite di galattano con cellule batteriche circondate da altre microsfere. Ciò suggerisce che i batteri si aggregano con singole particelle nell’intestino.
L’approccio basato sulle microsfere potrebbe essere utilizzato in diversi ambiti, inclusa la selezione di ceppi le cui capacità di legame sono minimamente influenzate dalla disponibilità di nutrienti, dal pH e dalla fase di crescita.
«Le microsfere rivestite di glicani potrebbero essere sfruttate anche per promuovere intenzionalmente la competizione tra i microbi che aderiscono allo stesso carboidrato», aggiungono i ricercatori.
Inoltre, i saggi basati sulle microsfere potrebbero generare modelli di legame ai glicani che potrebbero fungere da biomarcatori per prevedere il rischio di alterazioni del microbiota intestinale o per quantificare il recupero da tali alterazioni, comprese quelle innescate da antibiotici o malattie diarroiche.