Secondo una ricerca della Chongqing Medical University (Cina) pubblicata sulla rivista Behavioural Brain Research, il microbiota intestinale è in grado di influenzare l’espressione, a livello dell’ippocampo, dell’RNA messaggero e dei microRNA.
Che cervello e intestino fossero collegati è stato già dimostrato da numerosi studi, che hanno portato “alla ribalta” il cosiddetto asse cervello-intestino, attraverso il quale il microbioma intestinale influisce sulla funzionalità cerebrale e sullo sviluppo di alcune patologie psichiatriche, come per esempio la depressione.
A suscitare l’interesse di molti ricercatori sono stati, negli ultimi anni, anche i microRNA, piccole molecole di RNA che, pur non codificando per alcuna proteina, svolgono un ruolo fondamentale nell’ambito dell’espressione genica.
I microRNA, attraverso il riconoscimento di specifiche sequenze di RNA messaggero, sono infatti in grado di regolarne negativamente l’espressione, impedendo il processo di traduzione. In tal modo queste molecole agiscono su numerosi processi biologici e, di conseguenza, sulla patogenesi di molte malattie, anche neuropsichiatriche.
Gli studiosi della Chongqing Medical University, in Cina, hanno quindi deciso di valutare se l’espressione dei microRNA fosse in grado di mediare l’azione del microbioma intestinale sul sistema nervoso centrale.
A questo scopo, i ricercatori hanno utilizzato topi germ-free (GF), ovvero completamente privi al loro interno di qualunque microrganismo, e topi SPF (dall’inglese specific pathogen-free), i cui tessuti sono invece popolati solo da microrganismi “amici”, e non da patogeni.
I due gruppi di roditori sono stati sottoposti a una serie di test comportamentali, che hanno dimostrato come l’assenza di microrganismi nei topi GF sia associata a una riduzione di comportamenti di tipo ansioso e a una variazione dei livelli di sette microRNA e 139 RNA messaggeri espressi a livello dell’ippocampo.
I ricercatori hanno poi spostato i topi GF dal loro ambiente “sterile” in gabbie contenenti materiale fecale dei topi SPF, il cui microbioma intestinale ha quindi colonizzato gli animali germ-free.
Dopo aver ripetuto sia i test comportamentali, sia l’analisi dei livelli dei due tipi di RNA, i ricercatori hanno concluso che la colonizzazione dell’intestino (e quindi la presenza di un microbioma intestinale) ha riportato alla normalità i livelli di espressione sia dei microRNA, sia degli RNA messaggeri, ma non ha sortito alcun effetto a livello comportamentale.
Inoltre, un’analisi di gene ontology ha dimostrato che i sette microRNA individuati sono coinvolti principalmente in processi metabolici e che il pathway maggiormente alterato è quello che determina l’orientamento assonale, un fenomeno essenziale per il corretto funzionamento del sistema nervoso centrale. Questo risultato spiegherebbe quindi, almeno in parte, perché la maggior parte dei pazienti con una patologia del sistema nervoso centrale sia affetta da disbiosi.
Sulla base dei risultati ottenuti, gli autori dello studio hanno quindi ipotizzato che il microbioma intestinale è in grado di influenzare l’espressione genica nell’ippocampo, e quindi, potenzialmente, anche di influire sulla funzionalità di questa porzione di cervello.