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Scoperti batteri intestinali che impediscono ai topi di diventare obesi

In uno studio pubblicato su Science è stata identificata una classe di batteri intestinali che impedisce di diventare obesi. Ecco perché.
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Stato dell'arte
Quasi 2 miliardi di persone in tutto il mondo sono obese e a rischio di sviluppare disturbi metabolici, come il diabete di tipo 2. Diversi studi si sono concentrati sul ruolo del sistema immunitario nelle malattie metaboliche e hanno suggerito che il microbiota intestinale, che si ritiene regoli il metabolismo, sia alterato nelle persone obese.
Cosa aggiunge questa ricerca
I ricercatori hanno identificato una classe di batteri intestinali (Clostridia) che impedisce ai topi di diventare obesi, suggerendo come questi stessi microbi possano controllare il peso nell’uomo in modo simile. I batteri di questa classe sono risultati abbondanti nell’intestino di topi sani; al contrario, sono presenti in scarse quantità in topi immunocompromessi anziani. Anche se nutriti con una dieta sana, questi animali sono diventati obesi; il peso è rimasto invece nella norma in caso di trattamento con Clostridia.
Conclusioni
I risultati mostrano che l’obesità osservata nei topi immunocompromessi è causata dall’incapacità del sistema immunitario di riconoscere i batteri. Comprendere la relazione esistente tra batteri intestinali, obesità e sistema immunitario potrebbe aiutare a prevenire e curare l’obesità e i disordini metabolici.

In questo articolo

Charisse Petersen dell’Università dello Utah e i suoi colleghi hanno identificato una classe di batteri intestinali (Clostridia) che impedisce ai topi di diventare obesi. Lo studio, pubblicato su Science, dimostra come cellule immunitarie specializzate possano influenzare la composizione del microbiota intestinale e in particolare la presenza di batteri che promuovono o riducono l’assorbimento dei grassi, proteggendo così dall’obesità e dalle condizioni metaboliche associate.

Oggi, quasi 2 miliardi di persone in tutto il mondo sono obese e rischiano di sviluppare disturbi metabolici, come il diabete di tipo 2. Diversi studi si sono concentrati sul ruolo del sistema immunitario nelle malattie metaboliche e hanno suggerito che il microbiota intestinale, che si ritiene regoli il metabolismo, sia alterato nelle persone obese.

Per valutare il legame tra obesità e sistema immunitario, i ricercatori hanno esaminato topi immunocompromessi.

Topi obesi

I risultati ottenuti dai ricercatori indicano che i topi immunocompromessi non sono in grado di sviluppare un tipo di cellule immunitarie specializzate e di produrre nell’intestino un anticorpo specifico chiamato immunoglobulina (IgA). La mancanza di IgA intestinale non consente ai topi di controllare efficacemente la composizione del microbiota intestinale, rendendo l’intestino un ambiente ostile per i batteri della classe Clostridia.

Anche se nutriti con una dieta sana, i topi immunocompromessi sono diventati obesi e hanno sviluppato molte delle condizioni metaboliche correlate all’obesità tipiche dell’uomo.

Un piccolo aiuto dai batteri

I ricercatori hanno scoperto che i batteri della classe Clostridia impediscono l’aumento di peso bloccando la capacità dell’intestino di assorbire i grassi. Rispetto a topi germ-free (quindi privi di qualsiasi microrganismo), i topi che presentavano nell’intestino solo Clostridia erano più magri. I roditori avevano anche livelli più bassi di CD36, un gene che regola l’assorbimento degli acidi grassi. Inoltre, le molecole secrete da Clostridia sono state in grado di ridurre i livelli di CD36 in vitro.

In conclusione, i ricercatori sostengono la necessità di isolare queste molecole batteriche e testarne il funzionamento. Comprendere la relazione che lega batteri intestinali, obesità e sistema immunitario potrebbe infatti aiutare a prevenire e curare l’obesità e i disordini metabolici.

Traduzione dall’inglese a cura della redazione

Giorgia Guglielmi
Giorgia Guglielmi è una science writer freelance residente a Basilea, in Svizzera. Ha conseguito il dottorato in Biologia all’European Molecular Biology Laboratory e il Master in Science Writing al MIT.

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