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Prematuri: scoperti metaboliti batterici intestinali che prevengono l’enterocolite necrotizzante

Il probiotico Bifidobacterium lungum spp. infantis potrebbe contrastare l'enterocolite necrotizzante nei bambini prematuri. Ecco perché.
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Prematuri: scoperti metaboliti batterici intestinali che prevengono l’enterocolite necrotizzante

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Stato dell'arte
L’enterocolite necrotizzante è uno dei principali problemi di salute tra i neonati molto prematuri. L’allattamento al seno e i probiotici sembrerebbero avere un effetto protettivo, nonostante il meccanismo d’azione rimanga da approfondire.
Cosa aggiunge questa ricerca
Scopo dello studio è stato stabilire il meccanismo di protezione fornito dal latte materno e dai probiotici in vitro e in vivo su campioni prelevati da nati prematuri e modelli animali con enterocolite necrotizzante.
Conclusioni
L’efficacia protettiva è da ricondurre alla presenza dell’acido 3-indol-lattico, metabolita del triptofano con attività antinfiammatoria e prodotto da Bifidobacterium lungum spp. infantis, ceppo presente nel latte materno.

In questo articolo

La molecola chiave dell’effetto protettivo di latte materno e probiotici per contrastare l’enterocolite necrotizzante in bambini molto prematuri sembrerebbe essere l’acido 3-indol-lattico (ILA), un metabolita del triptofano ad attività antiinfiammatoria, secreto dal ceppo Bifidobacterium lungum spp. infantis

Un suo supplemento esterno potrebbe dunque rappresentare una strategia di prevenzione efficace e sicura.

Lo dimostra lo studio di Di Meng e colleghi dell’Harvard Medical School (Boston, USA), di recente pubblicazione su Pediatric Research.

Enterocolite necrotizzante nei nati pretermine

Nei neonati molto prematuri, l’enterocolite necrotizzante è una problematica diffusa. Si tratta di una grave infiammazione intestinale in parte causata da un’eccessiva risposta alla colonizzazione batterica.

Nonostante ciò, proprio la somministrazione di determinati probiotici, oltre che l’allattamento materno, sembrerebbero avere effetti positivi per ridurne la gravità, oltre che l’incidenza.

Fra tutti, Bifidobacterium lungum spp. infantis, ceppo ampiamente presente nel latte materno, ha dimostrato i maggiori benefici. Il meccanismo con cui questo avviene rimane però ancora poco chiaro.

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Lo studio USA sul Bifidobacterium lungum spp. infantis

A tal proposito, i ricercatori americani hanno esaminato le secrezioni di Bifidobacterium lungum spp. infantis in vitro (cellule H4, enterociti umani) e in vivo. Di seguito le principali evidenze ottenute mediante molteplici saggi e tecniche analitiche:

  • il secreto prodotto da Bifidobacterium lungum spp. infantis ha indotto un significativo abbassamento dei livelli di IL-8 e quindi dell’infiammazione in vitro
  • nessun effetto citotossico è stato registrato dal secreto in vitro
  • mediante spettrometria di massa ad alta risoluzione, tra i metaboliti del secreto,  l’acido 3-indol-lattico (ILA) è risultato il più espresso
  • l’incubazione in vitro di ILA prima dell’esposizione all’agente pro-infiammatorio IL1-beta ha ridotto l’entità del conseguente processo infiammatorio (IL-8) rispetto ai controlli non trattati. Nessun effetto citotossico è stato osservato
  • l’azione antinfiammatoria di ILA risulta attivata dall’espressione di TLR-4 e mediata da AHR (recettore degli idrocarburi arilici)
  • in vivo, l’esposizione a ILA ha comportato nell’intestino immaturo di modelli con enterocolite necrotizzate una significativa riduzione dell’infiammazione rispetto ai controlli e a enterociti di modelli adulti.

Conclusioni

Riassumendo, dunque, l’acido 3-indol-lattico, metabolita in genere abbondante nel latte materno e prodotto da Bifidobacterium lungum spp. infantis, sembrerebbe mediarne l’attività antinfiammatoria a livello degli enterociti intestinali di bambini prematuri, riducendo la trascrizione di IL-8. Tale attività viene persa con la maturazione intestinale.

Nonostante siano necessari ulteriori approfondimenti, l’attività, nonché la sicurezza, qui dimostrata da ILA suggeriscono una possibile strategia preventiva basata su una sua somministrazione.

Silvia Radrezza
Laureata in Farmacia presso l’Univ. degli Studi di Ferrara, consegue un Master di 1° livello in Ricerca Clinica all’ Univ. degli Studi di Milano. Borsista all’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS dal 2017 al 2018, è ora post-doc presso Max Planck Institute of Molecular Cell Biology and Genetics a Dresda (Germania).

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