Stando ai risultati di uno studio della University of Pennsylvania – Philadelphia (USA), recentemente pubblicato dalla rivista Cell Host & Microbe, i soggetti affetti da Leishmaniosi presentano una marcata alterazione del microbiota cutaneo a livello delle lesioni con conseguente aggravamento dello stato infiammatorio che sta alla base della patologia.
I test finora condotti sia in modelli murini sia nell’uomo, hanno riportato risultati comparabili.
Ma la vera novità di questo studio è che la disbiosi del sito di infezione sembrerebbe trasmissibile, non soltanto alle aree cutanee adiacenti, ma ad altri individui entrati a stretto contatto con i modelli animali infetti.
Che cos’è la Leishmaniosi
La Leishmaniosi è una patologia infettiva presente in tutto il mondo e provocata da diversi tipi di protozoi del genere Leishmania trasmessi all’uomo attraverso la puntura delle femmine di ditteri ematofagi (i comuni pappataci). Può manifestarsi in forma cutanea ma anche mucocutanea o viscerale.
Per quanto riguarda la forma cutanea, l’infezione porta a infiammazione e, a uno stadio più avanzato i sintomi sono piaghe ulcerose localizzate o sparse e di diversa dimensione.
Se le difese immunitarie dell’individuo e la funzionalità della barriera e del microbiota cutaneo è normale, l’infezione si risolve spontaneamente in qualche settimana. Al momento non esistono vaccini o trattamenti farmacologici efficaci per trattare le forme più gravi in quanto, i meccanismi patologici della sua cronicizzazione, rimangono ancora del tutto da chiarire.
La diversità batterica riscontrata a livello delle lesioni cutanee da Leishmaniosi è significativamente ridotta rispetto ad altre zone del corpo.
Per determinarlo, Ciara Gimblet e i suoi colleghi della University of Pennsylvania di Philadelphia sono stati prelevati campioni cutanei dalle lesioni di 44 pazienti, in aree adiacenti e in altre zone del corpo.
Dalla loro analisi si è potuto notare come la diversità della composizione del microbiota cutaneo nella lesione e nell’area adiacente sia paragonabile tra di loro ma ridotta rispetto alla pelle sana, con prevalenza, in particolare, di Staphylococcus aureus e Streptococcus spp.
La predominanza di Staphylococcus aureus è stata inoltre associata a lesioni meno gravi rispetto a quelle caratterizzate dalla presenza di Streptococcus spp.
Risultati analoghi sono stati ottenuti anche dall’analisi di campioni prelevati da modelli murini.
L’alterazione del microbiota cutaneo provocata dalla Leishmaniosi si trasmette ad altri individui
I ricercatori dell’ateneo statunitense hanno scoperto inoltre, con un test condotto su modelli murini, che la risposta all’infezione è diversa nei soggetti con condizione cutanea normale rispetto a quelli con disbiosi.
Un primo gruppo è stato trattato con dinitrofluorobenzene (DFNB), un agente modificante la permeabilità epiteliale, dopo l’infezione con il protozoo S. xylosus mentre un secondo gruppo è stato trattato con DFNB in contemporanea alla trasmissione dell’agente infettivo. A un terzo gruppo, il controllo, infine non è stato applicato DFNB.
Nel primo e secondo gruppo si è registrato un aumento dei fattori immunitari, come IL, neutrofili e citochine, molto maggiore rispetto al gruppo di controllo. Questi parametri sono tuttavia rientrati nei livelli normali dopo la somministrazione di anticorpi.
Analoghi sono stati i risultati ottenuti ripetendo il test con Streptococcus spp. e L. major.
È stato osservato inoltre che l’alterazione del microbiota cutaneo provocata degli agenti infettivi della Leishmaniosi si trasmette anche alla pelle non infetta.
Questa osservazione, fatta sull’analisi dei campioni umani prelevati da diverse aree corporee, ha mosso la curiosità dei ricercatori che hanno voluto verificarla anche in modelli murini infettati a livello auricolare con L. major.
Anche in questo caso è stata confermata la trasmissibilità della disbiosi. Sia nell’orecchio infettato sia nel corrispettivo, presumibilmente sano, è stata rilevata infatti un’importante presenza di Staphylococcus nonostante, in quest’ultimo, non si fosse manifestata l’infezione.
Infine, sono stati tenuti a stretto contatto topi precedentemente infettati con L. major e topi sani confrontandoli con un gruppo di controllo, cioè altri topi sani allevati separatamente.
Dall’analisi dei campioni cutanei dopo 6 settimane di “convivenza” si è visto come la composizione batterica dei topi pre-infettati e di quelli entrati in contatto con loro fosse molto simile nonostante in questi ultimi non si fosse instaurata l’infiammazione, se non altro durante il periodo di osservazione.
Il microbiota cutaneo del gruppo di controllo si è dimostrato, al contrario, essere molto più ricco e diversificato.
Non è tuttavia ancora chiara la modalità di trasmissione che sta alla base di questo fenomeno.
Da questo studio si è potuto dunque affermare come il microbiota cutaneo sia implicato nell’eziologia, nello sviluppo, nella trasmissione e nella risoluzione di infezione da Leishmaniosi cutanea e di come una sua alterazione pre-esposizione influenzi negativamente il decorso della malattia.
Nonostante sia ancora poco definito il ruolo che il microbioma cutaneo gioca nella Leishmaniosi, sembra essere un importante target su cui puntare per la messa a punto di strategie terapeutiche efficaci nel prevenire, oltre che nel trattare, le forme più gravi e croniche della patologia.