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Nella metaproteomica la chiave per capire meglio il ruolo del microbioma

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Nella metaproteomica la chiave per capire meglio il ruolo del microbioma

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Gli studi sul microbioma intestinale sono ormai numerosi, ma sono stati del tutto esaustivi nel dare un quadro complessivo delle sue potenzialità e caratteristiche fisiologiche?

Un team italiano di ricercatori di Porto Conte Ricerche e dell’Università di Sassari ha da poco pubblicato su Microbiome il proprio lavoro di ricerca condotto su una coorte di 15 volontari sardi e in buona salute.

Per lo studio del loro microbioma intestinale sono stati prelevati campioni fecali e analizzati con tecniche di metagenomica e di metaproteomica oltre che di metatrascrittomica.

Sono stati ottenuti quindi dati relativi alla composizione del DNA (genomica), dell’RNA nucleotidico (trascrittomica) e dei rapporti di interazione tra proteine (proteomica). Ognuno di questi livelli biologici ha presentato delle variazioni tra individuo ed individuo.

In questo studio, Alessandro Tanca e colleghi del Porto Conte Ricerche di Alghero e dell’Università di Sassari, si sono concentrati principalmente sull’analisi metagenomica (MG) e metaproteomica (MP) a livello tassonomico e funzionale, sottolineando concordanze e differenze dei risultati ottenuti.

Metaproteomica, un’analisi “dinamica”

Ai fini dell’interpretazione e alla valutazione di qualità dei dati, è importante ricordare come il setting considerato da questi due tipi di analisi sia diverso; il genoma infatti è “statico” cioè costante, il corredo di proteine cambia anche in relazione agli stimoli esterni e al ciclo di vita della cellula.

Mentre i dati complessivi relativi alla struttura tassonomica dei campioni in esame sono risultati comparabili, è stata riscontrata una notevole divergenza tra il potenziale genetico e l’attività funzionale.

L’analisi metaproteomica ha infatti evidenziato una plasticità del microbioma intestinale maggiore rispetto a una più ridotta variabilità inter-individuale del profilo metagenomico.

È stato esaminato il contributo alla funzionalità del microbioma per ogni unità tassonomica presente oltre che il loro coinvolgimento nelle vie metaboliche fisiologiche.

Tra queste, la via metabolica dei carboidrati si è dimostrata avere un ruolo peculiare e tra i più rilevanti in termini di importanza. La sintesi di acido butirrico si è confermata, anche in questo studio, strettamente implicata nel mantenimento del buono stato di salute del microbioma intestinale.

A favorirne la sintesi è la presenza di batteri Firmicutes, Faecalibacterium spp. in particolare, e Bacteroides. La variabilità inter-individuale a livello di phylum si è però dimostrata elevata con un range di 6-78% per quello Firmicutes, di 21-88% per Bacteroides.

Altri tipi di generi quali Akkermansia, Prevotella e Bifidobacterium si sono dimostrati altrettanto variabili sia con analisi MG sia MP probabilmente in conseguenza a una variazione temporanea di dieta e/o fattori esterni.

Per quanto riguarda il profilo proteico, glutammato-deidrogenasi si è dimostrato l’enzima più funzionale come già riportato precedentemente dallo studio di Kolmeder et al.

Complessivamente questo studio ha fornito dettagli e informazioni tasso-specifiche riguardo alle funzioni e le vie metaboliche caratteristiche di un microbioma intestinale di soggetti sani.

Le differenze emerse tra le funzioni espresse e quelle potenziali suggeriscono di ponderare adeguatamente le conclusioni su analisi basate esclusivamente su indagini metagenomiche.

L’approccio proteomico potrebbe infatti un valido supporto per avere un quadro completo e veritiero sia di un microbioma intestinale sano sia con patologia.

Silvia Radrezza

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Silvia Radrezza
Laureata in Farmacia presso l’Univ. degli Studi di Ferrara, consegue un Master di 1° livello in Ricerca Clinica all’ Univ. degli Studi di Milano. Borsista all’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS dal 2017 al 2018, è ora post-doc presso Max Planck Institute of Molecular Cell Biology and Genetics a Dresda (Germania).

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