Viaggiare all’estero, anche verso Paesi lontani con minori risorse o meno sviluppati, non sembra influenzare significativamente la composizione complessiva del microbiota fecale-intestinale nonostante si siano notate alcune variazioni transitorie nell’espressione di determinati ceppi.
È quanto conclude lo studio di Christian Kampmann e colleghi della Uppsala University (Svezia) pubblicato su Travel Medicine and Infectious Disease.
Fattori che modificano il microbiota
È ormai noto come il microbiota sia non solo altamente intervariabile, ma anche influenzato da numerosi fattori propri dell’ospite e/o esterni.
Dieta, ambiente, genere sono solo alcuni. È ragionevole supporre quindi che viaggi all’estero con conseguenti variazioni di abitudini alimentari e stili di vita possa alterarne il profilo. Ma è proprio così?
Lo hanno verificato i ricercatori svedesi confrontando il microbiota fecale pre e post viaggio (1-12 settimane verso destinazioni tropicali) di 47 soggetti sani.
Confrontando quindi il profilo generale nel pre e post viaggio si è visto come:
- la composizione generale non sia alterata significativamente anche considerando i tre timepoints di prelievo nel post viaggio
- l’infezione con C. jejuni o Salmonella enterica (n=12 soggetti) non ha influenzato il profilo batterico rispetto ai non infetti
Passando poi all’abbondanza relativa, solo due taxa hanno mostrato una variazione significativa, ma transitoria appena rientrati dal viaggio ossia Enterobacteriaceae e Christensenellaceae:
- per la famiglia Enterobacteriaceae, a tre giorni dal rientro si è registrata un’abbondanza 10 volte superiori dei livelli prima della partenza. Al giorno 13, tuttavia, si è registrato un considerevole declino per ritornare ai livelli di base dopo 9 settimane. Risultati simili per gli infetti e non infetti
- Christensenellaceae ha invece registrato un andamento opposto, con forte decremento appena dopo il rientro e un successivo aumento fino a livelli pre partenza già al giorno 13.
Conclusioni
Secondo quanto emerge da questa indagine, compiere viaggi all’estero, anche se fatto verso Paesi meno sviluppati, non sembra alterare la composizione complessiva del microbiota.
Appena dopo il rientro sono state riscontrate, in alcuni casi, differenze di espressione legate a determinati ceppi. Tuttavia, dopo nove settimane si osserva un ritorno a valori fisiologici.