La percentuale di donne di ogni età ed etnia che soffre di vulvodinia oscilla dall’8,3 al 16 %. La difficoltà principale è insita nella diagnosi – infatti si procede per esclusione di altri disturbi – e nell’assenza di una terapia mirata.
Doreen A. Panzarella et al. dellaStony Brook University di New York, USA, hanno esplorato in uno studio, pubblicato su The Journal of Sexual Medicine, il possibile coinvolgimento batterico e fungino nello sviluppo della vestibolodinia.
Tra i due gruppi in studio non sono state riportate differenze significative, eccetto per la prevalenza di IL-8 nel gruppo con vestibolodinia associata, tra l’altro, alla sottoregolazione di altre citochine.
L’IL-8 è implicata in molti processi infiammatori ed è in grado di attivare cellule di varia origine come neutrofili, linfociti, granulociti, fibroblasti, cellule endoteliali ecc. Inoltre, l’aumento della percezione dolorosa nel tempo provoca la contrazione muscolare del pavimento pelvico e della muscolatura vaginale interessando non solo il sistema immunitario, ma anche quello muscolare, vascolare e nervoso.
Lo studio USA
Le partecipanti, di origine caucasica e con un’età media di 36 anni, sono state reclutate dall’ambulatorio di ostetricia e ginecologia della Stony Brook University da luglio 2012 ad aprile 2015.
L’idoneità allo studio è stata confermata per 29 casi, in seguito a un’analisi del DNA dei campioni purificati dei risciacqui vaginali e all’appropriatezza di specifici criteri, tra cui:
- storia pregressa di vulvodinia,
- negatività a infezioni fungine (Candida albicans, Neisseria gonorrhoeae e Chlamydia trachomatis) rilevata tramite PCR, e a vaginosi batteriche in accordo con gli Amsel’s criteria e i Nugent’s criteria,
- assenza di gravidanze,
- assenza di infiammazioni vaginali.
Per il gruppo di controllo, invece, sono state selezionate 26 donne asintomatiche che si sottoponevano regolarmente a screening e cure ginecologiche.
Risultati
L’analisi delle componenti principali (ACP) del 16S rRNA non ha mostrato grandi differenze tra il microbiota dei soggetti affetti e quello dei controlli.
Con riferimento ai singoli gruppi, la coorte con vestibolodinia risentiva di una perdita accentuata di biodiversità, parallela a una maggiore uniformità del microbiota dei controlli.
La vestibolodinia si caratterizza per la concentrazione di Lactobacillus gallinarum e Peptoniphilus anche se, in alcuni campioni – sia dei soggetti affetti sia dei controlli – sono stati trovati L. gallinarum, L. gasseri, L. iners e L. crispatus.
Entrambi i microbioti erano costituiti da batteri del genere Gardnerella, mentre la prevalenza di Prevotella, Bifidobacterium longum e Sneathia era esclusiva dei controlli.
È interessante notare che in un altro studio la presenza di Sneathia – fortemente legata alla secrezione di IL-8 – è stata ritenuta la causa principale delle vaginosi batteriche e del parto pretermine.
Infine i funghi, per lo più del genere Aspergillus, erano presenti solo nel 20% di entrambi i campioni.
Limiti della ricerca
Lo studio americano ha analizzato un campione di poche decine di donne, prevalentemente in premenopausa e caucasiche – pochissime in postmenopausa – e quindi non rappresentativo della popolazione a rischio. Infatti, le specie dominanti e i tipi di famiglie variano tra le donne e le etnie.
Per esempio, rispetto a quello di Panzarella et al., un altro studio ha evidenziato la predominanza di L. iners e L. gasseri solo nei controlli, che in questo caso erano asiatici.
Ma un paradosso che accomuna tutti gli studi, nonché l’ostacolo più importante, è che fino ad oggi nessun campione è stato raccolto dalla vulva – l’area interessata dalla vestibolodinia – precludendo la possibilità di confrontare i microbioti vaginale e vulvare.
Conclusioni
L’eziopatogenesi della vulvodinia resta ancora incerta. Nel disturbo, l’IL-8 resta la citochina principale, ma non è ancora possibile relazionarla a potenziali alterazioni del microbiota.
È perciò necessario, per la salute femminile prima e per il progresso scientifico poi, incrementare la ricerca in questo campo.