Ingegnerizzando opportunamente i batteri è possibile tracciarne la posizione grazie alla loro acquisita capacità di rispondere agli ultrasuoni. Questa nuova tecnica, una volta perfezionata, permetterà ai medici di monitorare con maggior precisione la colonizzazione batterica dei probiotici talvolta usati nel trattamento di infezioni o di patologie tumorali.
Ad annunciarlo per la prima volta è stato il gruppo di ricerca del California Institute of Technology coordinato da Raymond W. Bourdeau con uno studio da poco pubblicato sulla rivista Nature.
È ormai assodato come il microbioma intestinale sia attivamente coinvolto nella salute dell’uomo e di come l’ingegneria genetica, in continuo sviluppo, sia sempre più in grado di fornire terapie e tecniche diagnostiche basate su di esso.
Determinante per l’efficacia dei batteri, sia naturali sia ingegnerizzati, è tuttavia la loro posizione all’interno dell’ospite.
A oggi, sono disponibili diverse modalità per localizzare e indagare la funzionalità cellulare o di microorganismi (ad esempio la bioluminescenza) nonostante riportino ancora uno scarso livello nell’approfondimento delle analisi, richiedendo inoltre molto spesso l’uso di traccianti radioattivi e quindi potenzialmente tossici.
A questo proposito, i ricercatori americani hanno voluto esplorare attraverso test in vitro e in vivo una tecnica innovativa, meno invasiva e auspicabilmente più precisa di quelle correnti, basata cioè sugli ultrasuoni.
Batteri ingegnerizzati per il monitoraggio con ultrasuoni
Traendo ispirazione dai meccanismi di galleggiamento di alcuni batteri acquatici, Anaebaena flos-aquae e Bacillus megaterium, hanno introdotto all’interno del genoma di E. coli una combinazione di “geni ripetitori acustici” o ARGs (acoustic reporter genes) permettendo al batterio stesso di produrre nanostrutture proteiche dette “vescicole gassose”.
Queste particolari vescicole contenenti gas sono infatti in grado di alterare la propagazione delle onde sonore rendendosi in questo modo visibili agli ultrasuoni.
Per confermare la loro proprietà nel rispondere agli ultrasuoni è stata applicata una pressione tale da farle collassare, liberando quindi il gas.
Con un successivo test non è stata rilevata alcuna deformazione nelle onde sonore confermando come siano proprio queste vescicole a rendere visibile il batterio.
Come anticipato, successivamente ai test in vitro, condotti principalmente con lo scopo di testare un’eventuale alterazione nella crescita batterica in seguito all’inserimento dei geni ARG, tra l’altro non riscontrata, i ricercatori hanno indagato l’applicabilità e il valore aggiunto di questa nuova tecnica anche su modelli murini.
Tra tutti gli E. coli è stato dunque selezionato e ingegnerizzato con i ARGs l’E. coli Nissle 1917 (ECN), considerandone la fisiologica propensione alla colonizzazione del tratto intestinale dei mammiferi.
Per avere un effettivo riscontro della maggiore precisione della tecnica oggetto dello studio, ad alcuni modelli murini sono stati invece somministrati ECN esprimenti il marcatore bioluminescente lux. Nel dettaglio, in entrambi i modelli (ECN-arg1 e ECN-lux) sono stati introdotti i rispettivi ceppi a livello del colon, previa anestesia.
Quello che si è potuto notare è una marcata differenza degli esiti tra l’indagine a ultrasuoni e quella attraverso bioluminescenza.
Mentre la prima ha rilevato la precisa collocazione dei batteri nel colon a una concentrazione simil-terapeutica di 109 cellule per ml-1, fornendo inoltre immagini nitide, la bioluminescenza ha permesso di individuare sommariamente la colonizzazione batterica nella regione addominale.
Questo confronto ha dunque ben dimostrato come gli ultrasuoni, abbinati a un’adeguata ingegnerizzazione dei batteri, siano in grado di raggiungere i tessuti più profondi e in maniera non invasiva. I vantaggi dell’utilizzo delle vescicole gassose si osservano anche dopo il loro scoppio, controllabile a seconda della forza elastica e di resistenza alla pressione conferita a queste nanostrutture. Attraverso la liberazione del gas è possibile infatti avere una panoramica della zona circostante.
Tecnologie utili per studiare la colonizzazione batterica anche in oncologia
Vista l’importanza che il microbioma sta via via ottenendo anche nel campo dei trattamenti oncologici, i ricercatori hanno testato la tecnica ingegnerizzando il batterio S. typhimurium ELH1301 e inserendolo in locus tumorale su modelli murini.
I risultati ottenuti si sono dimostrati in linea con quelli per ECN-arg1 facendo perciò ipotizzare un futuro impiego degli ultrasuoni anche in questo settore.
Come tengono a sottolineare gli stessi autori, si tratta di un approccio ancora sperimentale e lontano dall’essere impiegato nell’uomo.
Tuttavia, i promettenti risultati aprono la strada a ulteriori ricerche che porteranno a una maggiore conoscenza del microbioma nonché allo sviluppo di ARGs dalle diverse proprietà acustiche e applicabili perciò a una vasta gamma di attività diagnostiche e di trattamento.