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Una dieta povera di grassi migliora il microbiota e il profilo cardiometabolico

Una dieta scarsa in grassi, ma ricca in carboidrati, sembrerebbe avere effetti positivi sul microbiota intestinale. Lo dimostra uno studio pubblicato su BMJ.
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Una dieta povera di grassi migliora il microbiota e il profilo cardiometabolico

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Stato dell'arte
Obesità e disordini metabolici sono in aumento soprattutto a causa di un cambiamento nelle abitudini alimentari verso un regime sempre più ricco di grassi e scarso di carboidrati. Tutto ciò potrebbe influire sul microbiota intestinale
Cosa aggiunge questa ricerca
Lo studio valuta gli effetti di una dieta scarsa di grassi (20%) vs una a moderato apporto (30%) vs una ricca in grassi (40%) rispettivamente sul microbioma intestinale e sul profilo infiammatorio sierico di 217 volontari sani
Conclusioni
Una dieta ad alto contenuto di grassi ha conseguenza negative sui taxa batterici, sul profilo metabolomico fecale e quello infiammatorio. Di contro, un basso apporto di grassi porta benefici rispetto tutti questi parametri

In questo articolo

Seguire una dieta ricca in grassi favorisce lo sviluppo di obesità e disturbi cardiometabolici influenzando negativamente il microbioma intestinale, il profilo metabolico fecale e quello infiammatorio. Di contro, un regime alimentare scarso in grassi, ma ricco in carboidrati, sembrerebbe avere un effetto positivo in tutti questi parametri.

Lo dimostra lo studio coordinato da Yi Wan della Qingdao University cinese, recentemente pubblicato su Gut.

Inutile dire che obesità e disturbi cardiometabolici sono in largo aumento, spesso dovuti a uno scorretto stile di vita e di alimentazione basato su un largo consumo di cibi processati, confezionati e, in generale, ricchi di grassi. Che la dieta poi influenzi il microbioma intestinale è assodato.

Quello che manca da approfondire sono invece gli effetti nel medio-lungo termine di un cambio di dieta, da una “tradizionale” a una ad alto contenuto di grassi, nel microbioma  individui sani e di giovane età.

Per farlo, i ricercatori hanno suddiviso un totale di 217 volontari adulti sani in tre gruppi essenzialmente in base a un diverso rapporto di grassi/carboidrati ossia gruppo a basso contenuto (n=73, BC, 20% grassi e 66% carboidrati), a moderato (n=73, MC, 30% grassi e 56% carboidrati) e alto (n=71, AC, 40% grassi e 46% carboidrati) contenuto di grassi. Il valore proteico era pari al 14% in tutti i gruppi e le diete isocaloriche. I campioni fecali ed ematici sono stati raccolti all’inizio dello studio e al termine (6 mesi).

Effetti della dieta sul microbiota

Dai campioni fecali sono state analizzate le caratteristiche batteriche di ogni gruppo.

  • la ricchezza batterica non ha mostrato alterazioni significative in base alla dieta, di contro la diversità si è mostrata significativamente maggiore nel gruppo BC rispetto a quello AC
  • a livello di phylum sono emerse differenze marginali tra i gruppi al termine dello studio, nessuna al baseline. In particolare si è visto un aumento dell’abbondanza relativa di Bacteroidetes in MC e AC, un decremento di Firmicutes in AC
  • a livello di genere, il gruppo BC ha registrato incremento significativo di Blautia e Faecalibacterium, quest’ultimo diminuito invece in quello AC
  • al contrario di Faecalibacterium, i generi Alistipes e Bacteroides hanno mostrato un aumento di espressione in AC
  • cambiamenti dell’abbondanza relativa di Blautia hanno mostrato associazione negativa con i livelli sierici di colesterolo totale, LDL-C e non-HDL-C, tutti correlati positivamente con l’abbondanza relativa di Bacteroides
  • nessun cambiamento notevole in termini metabolici è stato registrato tra i gruppi. Tuttavia, un decremento consistente nell’attivazione della via di biosintesi dei polisaccaridi è stato registrato nel gruppo BC rispetto ai restanti
  • 29 pathways metabolici sono risultati responsivi alla dieta ad alto contenuto di grassi. Tra questi, la biosintesi di ormoni steroidei e lipopolisaccaridi, il metabolismo dell’acido arachidonico e la via lisosomiale hanno mostrato le maggiori alterazioni

Effetti della dieta sul profilo metabolomico fecale

Alle alterazioni di espressione e composizione batterica influenzate dalla dieta, si sommano differenze di funzionalità. Nel dettaglio:

  • il metabolismo degli amminoacidi è risultato significativamente alterato nel gruppo BC, quello degli acidi grassi a lunga catena invece in quello AC
  • la concentrazione fecale di acidi grassi a corta catena (SCFAs) è risultata notevolmente ridotta nel gruppo AC rispetto ai restanti due
  • tra i vari metaboliti, il p-cresolo e l’indolo hanno mostrato un decremento nel gruppo BC, l’acido 3-indolopropionico e l’acido butirrico invece un aumento
  • nel gruppo AC un decremento notevole è risultato per acido butirrico, acido valerico e acido etilmetilacetico, un aumento invece per indolo, acido palmitico, stearico, arachidonico e indoloacetico
  • le concentrazioni fecali di acido arachidonico (precursore di eicosanoidi e di vari mediatori lipidici coinvolti nell’infiammazione), incrementate nel gruppo AC, hanno mostrato correlazione positiva con cambiamenti plasmatici di prostaglandina E2, trombossano B2 e proteina C-reattiva
  • cambiamenti di espressione di Bacteroides sono risultati positivamente associati a variazioni dei livelli di acido palmitico, indolo e p-cresolo, quelli di Faecalibacterium con quelle di acido butirrico. L’abbondanza relativa di Ruminococcus ha invece presentato associazione negativa con le concentrazioni di p-cresolo

Effetti della dieta sul profilo infiammatorio

Da ultimo, i ricercatori hanno esaminato eventuali alterazioni di alcuni marcatori infiammatori sierici in base alla dieta.

  • la concentrazione plasmatica di proteina C-reattiva e di trombossano TXB2 hanno mostrato significativo incremento nel gruppo AC
  • di contro, prostaglandine E2 e leucotrieni B4 hanno registrato un decremento nel gruppo BC
  • nessuna differenza sostanziale nella concentrazione di citochine proinfiammatorie come IL-1beta, IL-6, IL-8 e TNF-alpha

In conclusione quindi, numerosi sono i cambiamenti associati a una specifica dieta sia in termini di espressione batterica e relativa funzionalità, sia di processo infiammatorio. Una dieta a ridotto apporto di grassi ha confermato i benefici preventivati contrariamente a quella ad alto contenuto di grassi, ma povera di carboidrati.

Questi risultati dovrebbero perciò essere tenuti in considerazione sia nella formulazione di linee guida in campo nutrizionale sia nella pianificazione dei pasti quotidiana al fine di favorire la nostra salute anche nel lungo termine.

Silvia Radrezza
Laureata in Farmacia presso l’Univ. degli Studi di Ferrara, consegue un Master di 1° livello in Ricerca Clinica all’ Univ. degli Studi di Milano. Borsista all’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS dal 2017 al 2018, è ora post-doc presso Max Planck Institute of Molecular Cell Biology and Genetics a Dresda (Germania).

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