Uno studio pubblicato di recente sulla rivista Journal of Allergy and Clinical Immunology ha dimostrato che, fin dalla primissima infanzia, la colonizzazione della cute da parte di ceppi commensali di Staphylococcus potrebbe ridurre il rischio di dermatite atopica.
Si è arrivati a questa conclusione grazie alla collaborazione fra il National Institutes of Health di Bethesda (USA) e alcuni centri di ricerca irlandesi.
I ricercatori hanno analizzato il microbioma cutaneo di 50 bambini mediante il sequenziamento dell’RNA ribosomiale 16S ottenuto da tamponi effettuati 48 ore dopo la nascita, a 2 e a 6 mesi di vita su quattro diverse zone del corpo che vengono frequentemente colpite dalla dermatite (guance, naso, fossa antecubitale e fossa poplitea).
Hanno poi identificato 10 bambini che al compimento del primo anno d’età avevano sviluppato dermatite atopica: dal confronto con i dati ottenuti su altrettanti bambini sani è risultato che nei due gruppi, già a 2 mesi di vita, sono rilevabili a livello della fossa antecubitale differenze statisticamente significative nella composizione del microbioma cutaneo.
A destare maggiore interesse è stata la scarsa presenza nei bambini destinati a soffrire di dermatite atopica di ceppi commensali di Staphylococcus, che sono risultati invece più abbondanti nei bambini sani.
Gli autori dello studio ipotizzano quindi un ruolo protettivo di questi microrganismi, che potrebbero scongiurare lo sviluppo della dermatite.
I risultati ottenuti sembrano andare di pari passo con un recente studio condotto nei topi, secondo il quale a livello cutaneo la tolleranza antigene-specifica nei confronti di microrganismi commensali sembra dipendere da una loro colonizzazione della pelle durante il periodo neonatale.
Gli esperti sottolineano però la necessità di confermare questi risultati con studi più ampi, per valutare se la colonizzazione di ceppi commensali di Staphylococcus sia in grado di modulare l’immunità a livello della pelle e per chiarire se e come la composizione del microbioma cutaneo possa effettivamente influenzare lo sviluppo della dermatite atopica.