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Modulare il microbiota intestinale per gestire la steatosi epatica non alcolica

La conoscenza dell'asse intestino-fegato può portare a strategie personalizzate basate sul microbiota per la gestione della NAFLD.
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Modulare il microbiota intestinale per gestire la steatosi epatica non alcolica

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Stato dell’arte
La steatosi epatica non alcolica (NAFLD) è una condizione metabolica caratterizzata da un eccessivo accumulo di grasso nel fegato di persone che bevono poco alcol o non ne bevono affatto. Questa patologia, che di solito si osserva negli individui obesi o sovrappeso, è un importante fattore di rischio per il tumore al fegato (epatocarcinoma). Sono sempre più solite le evidenze che suggeriscono un legame tra il microbiota intestinale e lo sviluppo della NAFLD.

Cosa aggiunge questo studio
I ricercatori hanno dimostrato come l’attuale conoscenza dell’asse intestino-fegato nella NAFLD possa portare allo sviluppo di approcci personalizzati basati sul microbiota per la gestione di questa condizione. I microbi intestinali potrebbero essere impiegati come biomarcatori per la diagnosi di NAFLD, come bersaglio per interventi terapeutici e come marker di risposta al trattamento.

Conclusioni
Comprendere le interazioni tra il microbiota e il suo ospite in caso di NAFLD potrebbe aiutare a prevenire e curare questa condizione.


La steatosi epatica non alcolica (NAFLD) è una condizione metabolica caratterizzata da un eccessivo accumulo di grasso nel fegato di persone che bevono poco alcol o non ne bevono affatto.

Questa patologia, che di solito si osserva negli individui obesi o sovrappeso, è un importante fattore di rischio per il tumore al fegato (epatocarcinoma).

Sono ormai numerose le evidenze di letteratura che suggeriscono un legame tra il microbiota intestinale e lo sviluppo della NAFLD.

Rohit Loomba della University of California, a San Diego, e i suoi colleghi hanno dimostrato come l’attuale conoscenza dell’asse intestino-fegato nella NAFLD possa portare allo sviluppo di approcci personalizzati basati sul microbiota per la gestione di questa patologia.

«La prospettiva di modulare il microbioma intestinale nella gestione della NAFLD, tra le altre comorbilità metaboliche associate, come l’obesità, il diabete e le malattie cardiovascolari, offre una strategia nuova ed entusiasmante per la prevenzione e/o la gestione di queste malattie», spiegano i ricercatori.

Biomarker intestinali per la diagnosi

La diagnosi di NAFLD viene solitamente eseguita attraverso una biopsia epatica, una procedura invasiva che comporta rischi quali sanguinamento, collasso dei polmoni e persino la morte.

Diversi studi hanno rivelato un’associazione tra alterazioni nella composizione del microbiota intestinale e la gravità della NAFLD, in particolare nelle persone con fibrosi avanzata, che a sua volta è risultata correlata a una diminuzione complessiva della diversità microbica e a un aumento delle specie Bacteroides ed Escherichia.

«Questi risultati suggeriscono che, potenzialmente, attraverso l’analisi di un campione fecale si potrebbe ottenere una valutazione non invasiva della fibrosi avanzata nella NAFLD, annullando la necessità di esami più invasivi come la biopsia epatica», spiegano i ricercatori.

Tuttavia, sono state evidenziate anche alcune limitazioni nell’uso del microbiota intestinale come biomarcatore per la diagnosi di NAFLD. Una serie di fattori, tra cui età, sesso e stile di vita, possono infatti modellare la composizione del microbiota intestinale.

Inoltre, potrebbe non esistere un’impronta microbica tipica solo di questa malattia; infatti, i ricercatori hanno osservato una sovrapposizione tra le firme del microbiota di diverse condizioni.

Infine, il microbiota intestinale può essere analizzato utilizzando diversi metodi, che possono ridurre la riproducibilità dei risultati tra diversi studi.

Modulare il microbiota: prospettiva interessante

Al momento non esiste una terapia farmacologica approvata dalla FDA per la NAFLD. «La prospettiva di manipolare il microbioma intestinale per la gestione della NAFLD offre una strategia entusiasmante e nuova per la prevenzione e/o la gestione di questa malattia», affermano i ricercatori. «Tuttavia, stabilire un nesso causale per le interazioni microbioma-ospite rimane una sfida».

Studi recenti hanno dimostrato che il microbiota intestinale può influenzare la migrazione, la funzione e la differenziazione di diverse popolazioni di cellule immunitarie.

Ciò suggerisce che il reclutamento associato ai microbi di alcune di queste cellule immunitarie nell’intestino e nel fegato potrebbe essere potenzialmente utilizzato come terapia per la NAFLD.

Le strategie più comuni per alterare la composizione del microbiota includono l’uso di antimicrobici, di microrganismi viventi come i probiotici e di prebiotici, fibre alimentari indigeribili che stimolano la crescita dei microbi.

Una recente analisi di 21 studi clinici ha dimostrato che l’uso di probiotici è associato al miglioramento di specifici marcatori di infiammazione epatica.

Trapianto di microbiota e fagi

Un altro approccio per modulare il microbiota è il trapianto di microbiota fecale (FMT), che è ampiamente utilizzato per trattare i pazienti con infezioni intestinali causate dal batterio Clostridioides difficile che non hanno risposto ad altri trattamenti.

Finora sono stati condotti studi sul trapianto fecale in individui obesi con sindrome metabolica ma senza una chiara diagnosi di NAFLD. I ricercatori avvertono però che questa procedura può essere associato a rischi per il ricevente, compreso il trapianto di microbi patogeni.

È stato anche analizzato l’uso dei batteriofagi (ovvero virus che infettano solo i batteri) come strategia per modulare il microbiota: questo approccio si è mostrato promettente in un modello murino di epatite alcolica.

«Tuttavia, la terapia fagica per colpire il microbiota intestinale nelle malattie del fegato non è stata studiata al di fuori dei modelli murini ed è quindi necessaria un’ulteriore valutazione non solo della sua efficacia, ma anche della sua sicurezza clinica nell’uomo» sottolineano i ricercatori.

Modulazione del metabolismo microbico

Diversi studi dimostrano che il microbiota intestinale contribuisce alla malattia attraverso l’azione di alcuni metaboliti, composti bioattivi sintetizzati dal metabolismo microbico del cibo o molecole derivate dall’ospite come gli acidi biliari.

Gli approcci per modulare il metabolismo microbico includono la somministrazione di molecole che inibiscono alcuni enzimi batterici o batteri geneticamente modificati in modo da svolgere funzioni specifiche.

Due studi recenti hanno dimostrato che piccole molecole di derivazione microbica potrebbero avere implicazioni nel trattamento della NAFLD, ma non sono ancora stati condotti studi nell’uomo.

Un terzo studio ha dimostrato che l’eliminazione di un singolo gene batterico da un ceppo di Bacteroides ha modulato il pool di acidi biliari dei topi, portando a un aumento  del peso e dei livelli di lipidi: ciò suggerisce un legame tra il microbiota intestinale e il metabolismo degli acidi biliari in questa malattia metabolica.

Poiché la dieta contribuisce allo sviluppo della NAFLD e poiché le interazioni dieta-microbiota possono influenzare la progressione delle malattie metaboliche, l’ottimizzazione della dieta dovrebbe essere una priorità nella gestione della NAFLD.

Diversi studi hanno rivelato per esempio un’associazione tra consumo di zuccheri semplici e NAFLD; inoltre, diete ricche di proteine ​​animali o vegetali hanno dimostrato di ridurre l’infiammazione del fegato nelle persone con NAFLD.

Sebbene una strategia “one size” per la gestione delle malattie metaboliche possa essere inadeguata, secondo i ricercatori ci sono prove crescenti del potenziale di approcci dietetici personalizzati.

Infine, numerosi studi hanno dimostrato che le risposte individuali ai farmaci variano a seconda della composizione del microbiota intestinale. Ma non è chiaro se il microbiota intestinale possa servire da marker della risposta ai farmaci contro la NAFLD.

«Una più ampia comprensione del metabolismo microbico potrebbe portare alla selezione personalizzata di questi farmaci», concludono i ricercatori.

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