Il microbiota intestinale è stato associato nell’uomo a una miriade di condizioni di salute; di recente, un gruppo di ricercatori ha identificato “firme” microbiche che potrebbero indicare chi ha maggiori probabilità di invecchiare in modo sano.
I risultati, pubblicati su Nature Metabolism, suggeriscono che i cambiamenti del microbiota in età avanzata potrebbero non solo rappresentare dei marker di un invecchiamento sano, ma potrebbero anche contribuire a mantenere un buono stato di salute man mano che passano gli anni.
Diversi studi hanno individuato alterazioni del microbiota intestinale associate all’età, ma rimane da chiarire quale sia il momento in cui iniziano a comparire questi cambiamenti e se possano influenzare la salute e la sopravvivenza a lungo termine.
Per valutare se i batteri intestinali possano svolgere un ruolo nell’invecchiamento, un gruppo di ricercatori, guidati da Eric Orwoll della Oregon Health and Science University e Sean Gibbons e Nathan Price dell’Institute for Systems Biology, ha analizzato il microbiota intestinale e i dati clinici sulle condizioni di salute di oltre 9.000 persone tra i 18 e i 101 anni. Per circa 900 individui di età compresa tra 78 e 98, i ricercatori hanno anche monitorato lo stato di salute generali e il tasso di sopravvivenza.
Bacteroides fondamentali per la salute
Nel corso dell’invecchiamento i ricercatori hanno osservato un costante calo dei livelli di batteri come Bacteroides, che si trovano comunemente nell’intestino umano. Questi cambiamenti sono iniziati tra la mezza età e la tarda età adulta. Tuttavia, negli individui meno sani, questi microbi hanno continuato a essere presenti per tutta la vita.
Il microbiota degli individui sani ha mostrato infatti una firma di “unicità”, il che significa che è diventato sempre più “specifico” per ogni individuo, o sempre più divergente da quello di altri individui, man mano che l’età avanza.
Nonostante ciò, i microbi intestinali identificati nei diversi individui svolgono funzioni metaboliche simili. Tra i metaboliti microbici individuati nel sangue degli anziani in buona salute, i ricercatori hanno identificato un derivato dal triptofano, denominato indolo, che è risultato in grado di prolungare la durata della vita nei topi.
Un altro metabolita chiamato fenil-acetil-glutammina, noto per essere presente a livelli elevati nel sangue dei centenari, è stato trovato anche nel sangue di anziani sani.
Nell’intestino il segreto della longevità?
Dopo aver identificato le diverse firme microbiche associate a un invecchiamento in buona salute, i ricercatori hanno scoperto che queste firme potrebbero prevedere la sopravvivenza in un gruppo di individui di età compresa tra 78 e 98 anni.
«È interessante notare che questa “firma” sembra iniziare intorno ai 40-50 anni e che risulta associato a una chiara firma metabolomica del sangue. Questi cambiamenti del microbioma potrebbero non solo rappresentare dei marker di un invecchiamento sano, ma potrebbero anche contribuire direttamente a mantenere un buono stato di salute man mano che passano gli anni», afferma l’autore principale dello studio Tomasz Wilmanski.
Sebbene siano necessari ulteriori studi per confermare il legame tra la firma di e l’invecchiamento in buona salute, i dati ottenuti confermano quanto già osservato in altri studi, ovvero che una riduzione dei microbi del “core” e un aumento dell’unicità sono associati a un buono stato di salute.
Conclusioni
Identificare le caratteristiche del microbiota che possono favorire la longevità e un invecchiamento in buona salute potrebbe quindi aiutare a invecchiare meglio. Nathan Price sottolinea inoltre che «questo è un lavoro entusiasmante che pensiamo avrà importanti implicazioni cliniche per il monitoraggio e la modifica della salute del microbioma intestinale per tutto il corso della vita».